Letture obbligate e decurtamento del bonus docente se non usato per acquisto di libri. Davvero è questa la scuola che vogliamo?
L’ottavo punto della lettera al Ministro di Galli della Loggia fa oggetto dell’obbligo la scuola tutta: Obbligo per tutti gli istituti scolastici di organizzare e tenere aperta ogni giorno per l’intero pomeriggio una biblioteca e cineteca con regolari cicli di proiezioni, utilizzando, se necessario, anche studenti di buona volontà. L’adempimento di tale obbligo deve rientrare tra gli elementi basilari di valutazione della qualità degli istituti stessi. Ai fondi necessari si può provvedere almeno parzialmente dimezzando l’assegnazione di 500 euro agli insegnanti che utilizzano tale somma non per acquistare libri. Il motto della scuola diventi : «Il buon cinema e la lettura della pagina scritta innanzi tutto!».
Il commento all’ottavo punto del decalogo per una scuola del cambiamento come la immagina Galli della Loggia non può che iniziare con il richiamo testuale ad uno dei maestri dei nostri tempi, che ben conosce l’animo e la mente dei ragazzi, per averli a lungo frequentati da insegnante, per averli saputi guardare con attenzione e per la buona memoria che, merce rara, lo tiene ben appigliato alla sua storia di giovane studente; requisiti che trapelano poco dalle parole dell’opinionista. Pennac dedica al rapporto con libri e lettura una delle sue opere più autentiche, pedagogiche, preziose: Come un Romanzo (ed.Feltrinelli, 1992)
Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo amare…il verbo sognare…/
Passaggi come questo vanno appesi nelle scuole, ripetuti nei Collegi Docenti, appesi nelle stanze dentro cui si chiudono gli adolescenti di ogni luogo. Quando si parla di lettura questo deve essere il primo punto: “Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo amare…il verbo sognare…”. Non si possono obbligare le persone a leggere, ci dice Daniel Pennac, non si può non soltanto perché leggere non è obbligatorio ma anche perché, con la costrizione, si ottiene l’effetto contrario.
I dieci diritti del lettore che Pennac elenca nel testo sono la declinazione di quell’asserto:
1. Il diritto di non leggere
[…] la maggior parte dei lettori si concede quotidianamente il diritto di non leggere […] Tra un buon libro e un brutto telefilm, il secondo ha, più spesso di quanto vorremmo confessare, la meglio sul primo. Inoltre, non leggiamo sempre. I nostri periodi di lettura si alternano sovente ad alcuni digiuni durante i quali la sola vista di un libro risveglia in noi i miasmi dell’indigestione[…]
2. Il diritto di saltare le pagine
Ho saltato delle pagine […]. E tutti i ragazzi dovrebbero fare altrettanto. In questo modo potrebbero buttarsi prestissimo su tutte le meraviglie ritenute inaccessibili per la loro età.[…] Un grave pericolo li minaccia se non decidono da soli quel che è alla loro portata saltando le pagine che vogliono: altri lo faranno al posto loro.
3. Il diritto di non finire il libro
Ci sono mille ragioni per abbandonare un romanzo prima della fine: la sensazione del già letto, una storia che non ci prende, il nostro totale dissenso rispetto alle tesi dell’autore, uno stile che ci fa venire la pelle d’oca […] Inutile enumerare le 995 altre ragioni, fra le quali si debbono tuttavia annoverare la carie dentale, le angherie del capoufficio o un terremoto del cuore che ci paralizza la mente.
4. Il diritto di rileggere
“Ancora, ancora”, diceva il bambino che eravamo un tempo. Le nostre riletture di adulti nascono dallo stesso desiderio: incantarci di una permanenza e trovarla ogni volta così ricca di nuovi incanti.
5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa
[…] Ci sono “buoni” e “cattivi” romanzi, molto spesso sono i secondi che incontriamo per primi sulla nostra strada e, parola mia, quando toccò a me, ricordo di averli trovati “belli un casino”. Ma sono stato fortunato: nessuno mi ha preso in giro… qualcuno ha solo lascito sul mio passaggio qualche “buon” romanzo guardandosi bene dal proibirmi gli altri.
6. Il diritto del bovarismo
E’ questo, a grandi linee, il “bovarismo”, la soddisfazione immediata ed esclusiva delle nostre sensazioni: l’immaginazione che si dilata, i nervi che vibrano, il cuore che si accende, l’adrenalina che sprizza, l’identificazione che diventa totale e il cervello che prende (momentaneamente) le lucciole del quotidiano per le lanterne dell’universo romanzesco… E’ il nostro primo stato di lettori.
7. Il diritto di leggere ovunque
Qualunque luogo è buono per chi ami la lettura…
8. Il diritto di spizzicare
E’ la libertà che ci concediamo di prendere un volume a caso della nostra biblioteca, di aprirlo, dove capita e di immergercisi un istante, proprio perché solo di quell’istante disponiamo.
[…] Quando non si ha né il tempo né i mezzi per concedersi una settimana a Venezia, perché negarsi il diritto di passarvi cinque minuti?
9. Il diritto di leggere a voce alta
L’uomo che legge a viva voce si espone completamente. Se non sa che cosa legge, è ignorante nelle parole, è qualcosa di penoso, e lo si capisce. Se si rifiuta di abitare la sua lettura, le parole rimangono lettera morta, e si sente. Se riempie il testo della sua presenza, l’autore si ritrae, è un numero da circo e si vede. L’uomo che legge a viva voce si espone completamente agli occhi che lo ascoltano. Se legge veramente, se ci mette il suo sapere dominando il piacere, se la lettura è un atto di simpatia per l’uditorio come per il testo ed il suo autore, se egli riesce a far sentire la necessità di scrivere risvegliando i nostri più oscuri bisogni di capire, allora i libri si spalancano e in essi, dietro a lui, si riversa la folla di coloro che si credevano esclusi dalla lettura.
10. Il diritto di tacere
L’uomo costruisce case perché è vivo, ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire. […] Le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere. E nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa intimità
E con questo potremmo anche mettere il punto a questo contributo estendendo senza difficoltà alla visione dei film le medesime considerazioni. Tuttavia ci sono altri aspetti della proposta di Galli della Loggia che mi pare meritino attenzione. Si parla dei 500 euro che i docenti hanno a disposizione per la formazione (suppongo che di quelli stia parlando perché l’opinionista pare non saperne molto e il riferimento è espresso in modo generico) e propone di dimezzarli ai docenti che non dovessero utilizzarli per l’acquisto di libri. Disarmante.
Quella cifra, su cui si può esprimere più di una perplessità per le condizioni di utilizzo, nasce per agevolare la formazione dei docenti attraverso diversi canali, in primis l’accesso a corsi di aggiornamento spesso costosissimi ma necessari per qualunque professionista dell’educazione e dell’istruzione che voglia confrontarsi, arricchire il proprio bagaglio e offrire ai propri alunni percorsi coerenti con i loro bisogni di imparare e di comprendere il mondo. Se quindi un docente spendesse i suoi 500 euro interamente in corsi di formazione e non in acquisto di libri dovrebbe vedere il suo bonus decurtato? O se li usasse per vedere mostre e partecipare a convegni?
Voglio sperare che la proposta nasca solo da scarsa conoscenza della funzione di questo piccolo portafoglio da poco a disposizione dei docenti. E invito i colleghi a frequentare le biblioteche comunali, spesso abitate da personale appassionato e competente. Quasi sempre il prestito è gratuito.
Un’ultima parola infine sulle liste dei libri graditi a cui qui non si fa (per fortuna o per dimenticanza, non lo sapremo mai) cenno. Vorrei proporre al Ministro, rispetto al tema qui affrontato, di fare una guerra spietata a tutti coloro che sui libri sono tornati a compilare liste dei testi accettabili e quelli non graditi. Se davvero crediamo, e lo crediamo, che un libro scelto liberamente e attraversato con la stessa libertà, secondo quanto ci dice Pennac, sia un viaggio straordinario e l’occasione di aggiungere pezzi al pensiero ed alla conoscenza, allora credo che i contenuti non possano essere selezionati o peggio banditi per motivi ideologici, che testi come Piccolo uovo (basti questo per tutti) debbano poter essere presenti nelle biblioteche scolastiche che qui vengono prefigurate e che nessuno possa chiedere ad una maestra di eliminarlo, né possa peraltro imporne l’acquisto.
Ci sono film, libri ed albi illustrati che affrontano i temi più sensibili del nostro tempo, la loro circolazione nelle scuole è principio primo di un’educazione democratica che, anche se il nostro opinionista dissente, ha nelle aule scolastiche la sua prima palestra fuori dalla famiglia.
Tutti gli articoli pubblicati di Sonia Coluccelli sui dieci punti della lettera di Galli della Loggia:
1 – a partir dalla pedana per parlar di democrazia
2 – tutti in piedi l’illusoria idea di obbligare al rispetto
3 – autogestioni: pretesti per non studiare o momenti formativi?
4 – fuori le famiglie dalla scuola? L’equivoco del genitore cliente
5 – riunioni e consigli, tra burocrazia e confronti necessari
6- Il mito delle scuole giapponesi, tra pulizie e responsabilità
7- Una scuola senza smarthone, falso vituosismo
8- Letture di ordinanza o diritti del lettore (e del docente)?
9- E se non parlassimo di gita, ma di viaggio?
10- Il nome della scuola: semplice lustro o scelta consapevole?