Sabina Minuto ci illustra come la valutazione degli studenti può trasformarsi in un importante momento di crescita.
Siamo al momento dell’anno in cui riempiamo i nostri registri on line di voti, proposte di voti, numeri. Siamo chiamati a espletare un momento difficile ma insito nel nostro lavoro: la valutazione. Scrivo qui qualche appunto su ciò che ho imparato in tanti anni di pratica del WRW.
La valutazione deve essere prima di tutto auto valutazione. Diversamente, non forniremo mai agli studenti strumenti per crescere. Dunque il primo passo è elaborare con loro una griglia o una rubrica di valutazione condivisa. E ogni percorso ha la sua, perché gli obiettivi da raggiungere non sono sempre gli stessi.
È faticoso, ma necessario. I ragazzi hanno diritto di sapere su cosa saranno valutati e in base a che cosa, prima di lavorare in laboratorio, e non solo dopo, a lavoro consegnato. Spesso le griglie sono appiccicate ai loro quaderni/taccuini e le riguardiamo anche prima della consegna finale. Cioè facciamo un lavoro di meta cognizione tramite una check list che fornisco io in fotocopia al momento della revisione testuale.
Un altro elemento che insegna la meta cognizione sul processo è il process paper, cioè la biografia del pezzo che viene consegnato perché l’insegnante lo valuti. Lo studente è guidato con domande apposite a raccontare come ha avuto luce quel testo, le difficoltà incontrate, quelle che sono a suo giudizio le parti migliori. È un approccio tipico della valutazione interpretativo narrativa, che mira a rendere consapevoli gli studenti ma anche i docenti di un processo di apprendimento.
La valutazione deve essere poi una valutazione di percorso, non una semplice media ottenuta da una somma di numeri. Sono anni che la pedagogia sottolinea questo elemento fondamentale, che del resto è pure presente nella legislazione ministeriale.
Tuttavia spesso è abbastanza scontato che questo non succeda. Chiunque ha esperienza di scuola lo sa benissimo. Spesso la valutazione avviene per semplice somma di numeri e divisione per numero delle prove. Forse questo aveva senso anni fa, in una scuola diversa, ma oggi non credo si possa valutare solo così. I numeri hanno certo un valore, ma dovrebbero corrispondere alle tappe di un percorso e di un progetto pensati per lo studente.
La valutazione dovrebbe dunque essere formativa e aiutare lo studente ad avere un’idea, prima di tutto, del “punto a cui si trova” e poi aiutarlo a progettare il suo ulteriore percorso. Non è come un’unica fotografia istantanea. Ma dovrebbe, a mio avviso, essere più simile a una successione di fotografie, uno scatto multiplo, su cui provare a ragionare con l’alunno stesso.
“La valutazione deve nutrire”, secondo i maestri del WRW. E deve anche premiare chi ha provato a mettersi in gioco e a correre rischi.
Nel mio laboratorio, proprio per dare importanza anche al percorso svolto dai ragazzi, valuto due volte a quadrimestre il laboratorio stesso. Condividiamo una griglia che tenga conto degli atteggiamenti e delle caratteristiche che denotano un buon “stare” nella nostra comunità di lettori e scrittori. In questo modo, possiamo equilibrare il rendimento delle prestazioni con la cura e il perseguimento di obiettivi di carattere diverso, più legati alla partecipazione e all’impegno.
La valutazione è sempre un momento importante del lavoro del docente, forse il più difficile. Credo che si debba provare a rifletterci in modo serio e cominciare anche a riconsiderare l’idea che, in fondo, i voti non sono indispensabili. Per insegnare (il che non è per forza legato al dover valutare in questo modo) potremmo benissimo farne a meno.
Crediti fotografia copertina: Thomas Galvez