Sabina Minuto, insegnante di lettere all’IPSIA di Savona, ha creato un laboratorio di letteratura e teatro sociale in classe. Ed è stato un successo. Ecco il suo racconto.
Quando ho deciso l’argomento per il laboratorio di letteratura e teatro sociale che avrei voluto realizzare quest’anno in classe, da tempo avevo in testa la parola “memoria”. Nella mia terza B meccanici dell’istituto IPSIA di Savona, cerco sempre di legare la vita alla lettura e alla letteratura. Non trovo altro modo per farli appassionare a ciò che appassiona tanto me. Le parole. Le parole dette e scritte costruiscono un mondo, il mondo, anche a 17 o 18 anni. Così ho preso quella parola e ho deciso di lavorarci su.
Secondo l’approccio del Writing Reading Workshop (WRW) con cui io lavoro ormai da tempo, mi sono proposta di iniziare con l’immersione nel tema. Il WRW è una metodologia che si occupa di insegnare lettura e scrittura in modo laboratoriale mettendo al centro l’alunno e lavorando sulle competenze, in questo caso il laboratorio di teatro sociale con Sara Moretti di T21 è stato molto utile.
Ho scritto allora che l’apprendimento, ormai è noto, avviene solo in situazioni dotate di significato. La scuola spesso non lo è. “E’ un luogo non luogo” come direbbe Augé, una specie di terra di nessuno, con qualche regola incomprensibile. Un obbligo: i ragazzi ci vengono , ma non ci “stanno”.
i ragazzi ci vengono , ma non ci “stanno”
Il laboratorio di teatro sociale e scrittura secondo il metodo Writing Workshop “Origini” parte da questo: dal recupero di un senso dell’apprendimento che passa prima attraverso il recupero del proprio senso, nel qui e ora e nella costruzione di una visione del sé degna di essere guardata, disegnata, tradotta in gesti o parole, insomma narrata. Si tratta della didattica dell’essere unita a quella del fare.
Si “sta” insieme ai ragazzi migranti e si crea in un percorso comune di integrazione semplicemente essendo gruppo. Abbiamo deciso poi di continuare il percorso con la scrittura autobiografica in poesia. La dignità del testo scritto rende dignità alla vita e alle esperienze di tutti noi. Le parole di dentro escono fuori. E vivono sulla carta. Quante facce ha la memoria? Di quale memoria intendo parlare? Cosa è la memoria del corpo? Si può incrementare o cancellare la memoria?
Quante facce ha la memoria?
Tutte queste domande ci hanno portato con un grande brain storming a recuperare per primo il sapere nascosto dei ragazzi e ad indagarlo. Ognuno viene a scuola con un suo bagaglio di cultura e deve poter metterla in atto e utilizzarla.
Il passo successivo è stata “l’esperienza” quella per antonomasia. Una mattina abbiamo organizzato il nostro laboratorio sensoriale. Bendati, i ragazzi hanno usato i sensi ( esclusa la vista) per tastare, ascoltare odorare, assaggiare e riconoscere oggetti ed elementi vari da cui l’aula è stata invasa: muschio, foglie secche, acqua di mare, biscotti, camomilla, pepe, lombrichi, rosmarino, vetri, sassi, sabbia, zucchero , sale e tante altre cose del genere. Un miracolo. Sembravano bambini in un parco giochi. Alla fine ognuno ha annotato sul taccuino cosa aveva riconosciuto e cosa gli era piaciuto.
Sembravano bambini in un parco giochi
Su questo abbiamo svolto subito un quick write. Cos’è? Un veloce esercizio di scrittura di cinque minuti che ha lo scopo di migliorare la fluency e di imparare a buttare giù idee senza paura del foglio bianco. I ricordi sono affiorati spontanei. Il muschio parlava dei Natali passati, i biscotti della sorella piccola, la sabbia di una sera d’estate.
A quel punto si trattava di farli scrivere ancora e in maniera più strutturata e di farli leggere.
Sempre secondo l’approccio del WRW ho proposto prima un albo illustrato di Viorel Boldis, ”Il fazzoletto bianco” . Il tema del ritorno è molto legato a quello della memoria nell’albo. Ai ragazzi è piaciuto. Attivare due canali percettivi aiuta a calarsi nel testo a fare previsioni e a porsi molte domande. Se io mi allontanassi cosa ricorderei della mia vita? E i miei genitori? Abbiamo in comune la stessa memoria?
Poi ho indagato con loro il correlativo oggettivo che già era nell’albo : il fazzoletto bianco: in un attimo siamo arrivati, anzi ritornati a Montale di cui abbiamo letto “Non recidere forbice” e “Cigola la carrucola” .
Non ho spiegato troppo nè la vita nè la poetica. Non uso sempre un approccio storiografico. Preferisco far amare i testi per quelli che sono senza troppe sovrastrutture. Ho solo messo in risalto il suo essere non un poeta laureato ma “tecnico” e autodidatta. I ragazzi hanno percepito il senso pieno dei due testi. Lo strazio e l’amore per la vita, nonostante tutto.
Così abbiamo fatto un ricalco della prima poesia. Ognuno ha ritrovato il ricordo di quel giorno in laboratorio ed elaborato un suo correlativo oggettivo personale.
Infine abbiamo letto “L’ultima sigaretta” dalla Coscienza di Zeno di Italo Svevo. Lo hanno sentito vicino e ne hanno apprezzato alcune parti. Non tutte, ma ad esempio quella di quando il protagonista all’ospedale fuma proprio perché glielo hanno vietato, li ha fatti riflettere. Quante connessioni con la loro vita!
Come ultima “fatica” ho deciso di provare a farli scrivere di memoria, ma da lettori, prendendo i testi letti e parlandone. Ho fornito loro prima un graphic organizer da riempire per essere guidati. Poi un format di lavoro che hanno utilizzato alcuni anche in modo molto personale. La parte che prediligono quando scriviamo è la creazione del titolo, che viene sempre per ultimo come una ciliegina sulla torta. Elia ha titolato “La memoria fa testo” che ho infatti scelto anche come titolo di questo pezzo. Copiare é lecito e salutare se fa crescere e insegna. Come dico sempre ai miei studenti.
Vedi inoltre
https://professionalintutto.jimdo.com/