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Giornata della Memoria: 3 film da non perdere in classe

in Arte, Musica e Spettacolo by
3 consigli cinematografici per affrontare in classe la Giornata della Memoria

Come ogni anno, il 27 gennaio celebriamo la Giornata della Memoria.

A volte, soprattutto a scuola, si usano film e filmati per parlarne coi bambini e con le bambine e con i ragazzi e con le ragazze. A volte, purtroppo, si usano incautamente.

Il tema è delicatissimo è trattarlo con una scelta filmografica sbagliata rischia di essere persino controproducente. Un esempio solo, fra i molti.

Proiettare Schindler’s List (Usa, 1993) importantissimo e anche durissimo film di Steven Spielberg, senza un’adeguata preparazione sul linguaggio cinematografico e sull’impatto emotivo di certe sequenze può causare, è successo, che nel momento in cui l’ufficiale nazista si mette a fare il tiro a segno dalla terrazza di casa sua usando come bersagli i prigionieri del campo di concentramento, scoppino applausi inneggianti alla (orrenda) mira del militare.

È necessario, quindi, essere molto attenti, informati, rigorosi e preparati.

Mi limiterò quindi a tre indicazioni filmografiche, fra le molte possibili,  precedute da un semplice ma fondamentale consiglio: non facciamo vedere ai nostri figli e ai nostri alunni nessun film che noi non abbiamo visto e sul quale non abbiamo a lungo riflettuto in precedenza.

Per le classi terze e quarte della scuola primaria

Un brevissimo ma efficacissimo corto di animazione: Shoah di Giuliano Parodi, che trovate qui sotto:

Dura 3 minuti e 8 secondi, ma ha una forza narrativa e un impatto visivo che non possono lasciare indifferenti.

(Conosco, anche qui casi rari ma che vanno segnalati, maestre che l’hanno fatto vedere a bambini e bambine di seconda e, una volta finita la visione, hanno esclamato: “Bene, la Giornata della Memoria l’abbiamo fatta. Adesso passiamo a matematica!”. Ecco, questo è un esempio perfetto di cosa NON bisogna fare).

Per le quinte della primaria e la prima e seconda della secondaria di primo grado

Non riesco a trovar di meglio che il fondamentale Il grande dittatore (Usa, 1940) di Charlie Chaplin, ora disponibile in una versione in dvd magnificamente restaurata dalla Cineteca di Bologna.

Per la terza della secondaria di primo grado e anche per le prime classi della secondaria di secondo grado

Un film davvero molto bello è Una volta nella vita (Francia, 2014) di Marie-Castille Mention-Schaar. Il film ricostruisce la vera storia di una classe di liceo della periferia di Parigi alla quale una bravissima insegnante assegna la sfida di partecipare ad un concorso nazionale sulla memoria della Shoah.

In qualsiasi caso e qualsiasi titolo si scelga, è essenziale che la presenza dell’adulto, insegnante o genitore, aiuti a riflettere meglio su una memoria.

Perché la memoria non può essere semplice ottemperanza didattica, ma che deve radicarsi nell’animo più profondo dei bambini e dei giovani.

Le foto-illustrate: il passato che torna a vivere

in Arte, Musica e Spettacolo/Attività di classe by
Marianna Balducci ci racconta come attraverso le foto-illustrate possiamo riscoprire e far rivivere il passato.

Se fino ad ora le indagini foto-illustrate ci hanno portato alla scoperta del mondo per esercitarci a cambiare il nostro modo di guardarlo, adesso è il momento di recuperare una delle missioni più intime e personali della fotografia: la capacità di farsi depositaria della memoria.

Che si tratti di quello che ormai forse è il già un po’ antiquato album di foto di famiglia, che sia il più capiente hard disk su cui conserviamo file su file, che sia anche solo la memoria del nostro cellulare, questo flusso sempre più abbondante di frammenti di vita passata ci circonda e ci accompagna.

Il come sia cambiato il nostro modo di conservare la memoria fotografica del passato con l’avvento delle nuove tecnologie è un lungo e complesso discorso che potrebbe diventare uno spunto anche per lavorare con i più piccoli, ma qui partiremo da un interrogativo più semplice: come possiamo utilizzare questi reperti fotografici del passato (che ci possono riguardare più o meno direttamente) per raccontare delle storie?

Le tracce che ho sperimentato sono tante. Oggi vi parlo di quella che è approdata sui libri e che riguarda il recupero delle storie di famiglia, affrontato però in due modalità visive differenti che tengono conto dei vincoli imposti dal materiale ritrovato.

Da un punto di vista tecnico, si possono utilizzare fotocopie o stampe delle fotografie che decideremo di recuperare. Per arginare l’ansia di intervenire direttamente sulla foto, possiamo fornire fogli di carta da lucido (trasparente e un po’ opaca, adatta ad accogliere sia la matita che i rapidograph). La carta da lucido sovrapposta alla foto permetterà di sperimentare più modi di riempire lo spazio disegnabile proprio come se stessimo trattando un livello di Photoshop, ma analogico! Successivamente si potrà decidere se disegnare sulla foto con acrilici, gessetti o chine oppure optare per il collage (magari mantenendo la stessa carta da lucido).

Partiamo, quindi, dalla nostra storia che può essere la storia della nostra famiglia, ma anche della nostra città. Mi sono ritrovata a fare i conti con entrambe quando ho lavorato prima a “J anvud dla Marianna” (in dialetto riminese, “I nipoti della Marianna”, la mia bisnonna) e poi a “La bambina dal nastro rosso” (scritto da Stella Nosella, nipote della protagonista). Nel primo caso le foto provenivano dal mio archivio familiare privato, nel secondo invece ho lavorato sulle foto d’epoca della città di Portogruaro dove è ambientata la storia.

Si potrà quindi decidere di partire chiedendo a ciascun bambino di ripercorrere il passato della sua famiglia portando a scuola alcune foto che siano legate a un ricordo, anche non vissuto direttamente e solo riportato: quel bisnonno dall’aspetto distinto che carattere aveva? Ci sono aneddoti su di lui? Qual era il suo mestiere? Oppure: quella casa di campagna davanti alla quale posano tante persone dove si trova e chi ci viveva?

Trovare foto non in posa non sarà facile, ma consiglio di scandagliare album e archivi (fotografici ma anche mentali), lasciando che le storie ricomincino a circolare libere e spontanee (una cosa che, per esempio, a casa mia è sempre accaduta, specialmente nei momenti di condivisione come i pasti).

Si potrà altrimenti optare per un lavoro collettivo che apra lo sguardo sulla storia della propria città, cercandone tracce sui libri. In questo caso, con le insegnanti, si potranno attivare contatti con la biblioteca e l’archivio storico cittadini per richiedere l’accesso al repertorio fotografico di alcune epoche precise. Nel caso de “La bambina dal nastro rosso” la scelta ricadeva su un periodo critico: è infatti il Natale 1944 il periodo in cui si svolge la storia di Antonia (una bambina di 8 anni) che si ritrova a fare i conti con la guerra, la deportazione, la sua città che cambia.

Mentre nel primo caso gli archivi di famiglia ci regaleranno probabilmente molti volti attorno ai quali ridisegnare le storie da rievocare (come nel caso della mia bisnonna Marianna che si è rimboccata le maniche e ha trasformato una modesta osteria in un trionfo di sapori e accoglienza), in questo secondo caso un archivio collettivo pubblico avrà bisogno di “attori” per consentire alla storia di rivelarsi. Ecco perché Antonia è disegnata e si muove attraverso la città (seguendo i fatti narrati) permettendosi anche qualche licenza fantastica: Antonia non è “solo” una bambina, ma è anche una gigantesca eroina pronta a difendere la sua casa da tutto e tutti.

Lavorare sulle foto che ci ricordano qualcosa o qualcuno ci permette di trasferire su carta un processo che la nostra memoria compie istintivamente: riempire gli spazi vuoti delle immagini con il racconto, completare le storie incomplete e, laddove i pezzi del puzzle sono irrecuperabili, ricorrere all’immaginazione. La memoria è potente, la memoria è preziosa. Ridisegnare la memoria vuol dire permetterle di manifestarsi e riabituarci a tenerla in circolo, come un filo che ci lega e ci collega, come il prezioso nastro rosso di una bimba che diventa il pretesto per conservare la storia di una città intera.

Crediti immagine di copertina da ” J anvùd dla Marianna. Una vetrina sul Borgo San Giuliano”, di Roberto Balducci, illustrazioni di Marianna Balducci, Panozzo editore.

Crediti immagine centrale: a sinistra tratta da “J anvud dla Marianna. Una vetrina sul Borgo San Giuliano”, di Roberto Balducci, illustrazioni di Marianna Balducci, Panozzo editore. A destra tratta da “La bambina dal nastro rosso”, di Stella Nosella, illustrazioni di Marianna Balducci, L’Orto della Cultura edizioni.

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