La seconda attività foto-illustrata è dedicata ad un grande fotografo: Elliot Erwitt
In molte occasioni la fotografia si è rivelata, per me, un dispositivo inventa-storie sorprendente. Ci sono scatti che contengono infinite narrazioni in potenza, alcune piste palesi e altre da indagare sguardo dopo sguardo.
Attraverso la combinazione di foto e disegni non solo spero di suggerire nuovi approcci con i quali esplorare la realtà che abbiamo a portata di mano, ma mi auguro anche che si crei un ponte verso la fotografia stessa, che incoraggi sempre più a frequentarne autori e progetti, per esercitare la nostra familiarità con le immagini o anche solo per il puro piacere di saperne di più.
Eccomi quindi a inaugurare un nuovo piccolo percorso qui su Occhiovolante: uno scatto di un grande fotografo o fotografa (del passato o dei giorni nostri) e un’attività foto-illustrata alla quale approdare, per iniziare la nostra personale collezione e metterci all’opera espandendo i confini del gioco.
La foto.
Confesso: sono un topolino di città, di quelli che appena li porti in campagna, nonostante la fascinazione sincera e un barlume di istinto selvatico ancora in circolo, si sentono subito a disagio, in disordine, a volte persino un po’ in pericolo.
Sono cresciuta in mezzo a regole sfacciatamente umane, codici da acquisire per dimostrare di “sapersi comportare”.
Però… però arriva, prima o poi, quel momento in cui quell’ordine si rivela più precario di quanto sembrasse e per fortuna un po’ di imprevedibilità trova il modo di manifestarsi. In fondo, le storie si accendono proprio quando qualcosa interrompe il ritmo del rassicurante quotidiano.
Bu! E facciamo un salto, ma stavolta non come quello delle modelle di Munkàcsi di cui vi parlavo nello scorso articolo: stavolta è quel buontempone di Elliott Erwitt (Parigi, 26 luglio 1928) che si è messo ad abbaiare così dal nulla e ci ha fatto scomporre, a noi e a quel buffo cagnolino che la signora che ci cammina accanto sta portando a passeggio (sì, ha fatto un salto pure lei).
Faceva così Erwitt, lo dice lui stesso, sperando di generare le condizioni di uno scatto riuscito in cui il protagonista animale si possa prendere la scena, sparigliando per un attimo la compostezza a cui lo ha indotto la padrona.
“I cani sono come gli umani, solo con più capelli” dice il nostro Erwitt
Fotografo statunitense (dopo una parte di infanzia passata a Milano, la famiglia emigra negli USA) specializzato soprattutto nella fotografia pubblicitaria e documentaria, con qualche esperienza anche in campo cinematografico.
Forse ha ragione: i nostri amici a quattro zampe ci somigliano molto più di quanto pensiamo, ma qualcosa loro, a differenza nostra, non l’hanno dimenticata.
Gli scatti di Erwitt sono pieni di ironia, non solo quella che ci fa ridere sfociando nella vera e propria comicità, ma anche quella sottile e straniante che si genera da un accostamento inconsueto che può lasciar spazio a più interpretazioni.
Degli animali di città apprezza ovviamente il fatto che, pur vivendo adattandosi a noi, si trasformano spesso nel nostro contraltare spettinato, nel riflesso inconsapevole di quello che noi facciamo di tutto per contenere e arginare.
“Le fotografie più riuscite hanno un’ironia gentile che insinua uno o più dubbi” dice in un’intervista e, infatti, i suoi scatti a volte sono anche destabilizzanti e malinconici. Ma oggi restiamo sulla pista tracciata dalle zampe e vediamo quanto lontano ci può condurre.
Adesso tocca a voi.
Se gli animali piacciono tanto a Elliott Erwitt perché sono liberi dalle inibizioni e imprevedibili, proviamo anche noi a piacergli (e magari piacerci?) un po’ di più trasformandoci in uno di loro.
La sfida foto-illustrata di oggi prevede di risvegliare istinti e forme animalesche tra cappotti, vestiti e stivaletti trasformando i soggetti dei nostri scatti in bestiole di città.
Chissà cosa ordinerebbe un carlino se lo incontrassimo seduto al tavolo del bar… e poi quel gabbiano sta davvero benissimo con quel cappello… eh ma come è in forma oggi, signora gatta!
Partendo da foto che raffigurano persone ambientate in città, disegnate al posto delle loro teste delle fisionomie animalesche e inventate nuovi personaggi capaci di rendere decisamente sorprendente la nostra passeggiata.
Si parte quindi in modalità “street photography”
Ovvero macchina fotografica alla mano, a zonzo durante la giornata con gli occhi bene attenti, cercate di catturare un soggetto non troppo lontano da voi altrimenti sarà difficile poi cambiargli i connotati.
Trovate quindi la giusta misura perché si veda sia la persona sia un po’ dello spazio circostante: qualcuno che telefona su una panchina, una persona in bicicletta ferma a guardare l’orologio, qualcun altro che sta passeggiando indossando un look particolare… nessuno deve essere in posa, ma colto in un momento il più possibile spontaneo.
Potete trasformare anche voi stessi nei soggetti delle vostre fotografie e farvi foto a vicenda.
Una volta scelti gli scatti, stampateli della dimensione desiderata e iniziate a fare ricerca: per trasformare i protagonisti in animali, bisognerà scegliere quali animali e il web, i libri, i documentari saranno ovviamente le fonti con cui riempirsi gli occhi (e le pagine del blocco schizzi) di appunti per cogliere dettagli e raccogliere le idee.
Quando avrete fatto alcune prove e trovato la testa animalesca adatta al vostro soggetto, sarete pronti a disegnare per davvero. Potete intervenire direttamente sulla fotografia (pennarelli acrilici, rapidograph e matite possono essere i vostri alleati): divertitevi a incastrare perfettamente la testa tra i vari accessori (cappelli, scollature, maniche,…), decidete se tenere i capelli (di solito l’effetto è molto buffo!) o coprire con altri elementi. Braccia e gambe possono restare umane per amplificare l’effetto straniante della vostra opera.
Corredate il vostro reportage bestiale con delle didascalie che lascino la storia un po’ in sospeso. Potete ispirarvi a dettagli che sono finiti nell’inquadratura o aggiungere degli indizi voi contaminando anche l’ambiente (ma, attenzione, che sia solo un dettaglio).
Potete iniziare così, per esempio: “Ho visto un gabbiano con un gran bel cappello, lo sguardo interdetto, chissà poi perché…”