La riflessione di Ivan Sciapeconi, maestro e autore di sussidiari, in un’Italia nella quale una persona su dieci in casa non ha nemmeno un libro (fonte dati: Istat).
Non so come dire… questa è un’autodenuncia. Potrei starmene zitto, perché non è che la colpa uno se la porta scritta in fronte, ma ho deciso lo stesso di uscire allo scoperto. Lo ammetto, sono un autore di libri di testo.
sono un autore di libri di testo
Oltre a fare il maestro, voglio dire, oltre a tante altre cosucce che magari mi hanno anche assicurato la simpatia dei colleghi, sono anche uno che scrive i sussidiari. Ecco, mi sono tolto un peso che avevo sul groppone almeno da marzo scorso. Infatti, intorno a marzo, giorno più, giorno meno, i rappresentanti delle case editrici portano i libri di testo nelle scuole, cioè accatastano qualche quintale di carta in un’aula e, in genere, in mezzo a quel quintale di carta c’è qualcosa che ho scritto io.
Dovresti essere contento, potresti dire, e sì, sono contento. A me i libri di scuola piacciono. Mi piace il loro profumo, mi piace pensare che a settembre i bambini li sfoglieranno con la curiosità dei cagnolini davanti alla scodella. Non so tu, ma io la ricordo ancora, la curiosità di quando ho aperto i miei libri da bambino. E non è che son passati pochi anni. Ecco, a me piacciono i libri di testo, ma qualche volta penso di essere l’unico. Sì perché – quelli che fanno scuola lo sanno – c’è un momento particolare nel quale tutti dicono cosa pensano dei libri di testo. Verso maggio, per la precisione, i maestri di scuola si ritrovano in una riunione che si chiama interclasse e dicono pubblicamente: “Noi abbiamo scelto questo libro perché…”
Quindi, per arrivare a decidere il libro per la propria classe, prima commenti del tipo: i libri sono tutti uguali; ma quanto pesano questi libri; questo non va bene punto e basta; questo non va bene perché è il libro dello scorso anno. Che poi, questa cosa del libro dello scorso anno non l’ho mai capita. Non è che i geografi hanno scoperto un nuovo continente, lo scorso anno. Non è che la Crusca abbia sdoganato definitivamente il “qual’è”. Magari, quando capita, ne riparliamo…
E, allora, non c’è da stupirsi se poi un poveraccio di autore tiene la testa sotto la linea di fuoco. Te l’immagini, alla macchinetta del caffè? Infilo una monetina e, per fare quattro chiacchiere, tiro fuori: “Ah! Ti fanno orrore i libri di testo? Interessante, perché per scriverne uno io ci metto due anni, studio, approfondisco…” Sembra che vuoi far discussione, sembra.
E allora, ecco qua. Metà settembre si avvicina e stiamo per tornare tutti in classe. Gli insegnanti scoveranno ogni tipo di difetto ai libri scelti pochi mesi prima (argomenti assenti, argomenti troppo presenti, esercizi difficili, esercizi troppo facili…); i bambini sfoglieranno i libri nuovi, con la curiosità dei cagnolini davanti alla scodella. E, in mezzo, quelli come me che hanno letto le statistiche dell’Istat. Le statistiche dell’Istat dicono che, nel 2017, il 58% degli italiani ha letto zero libri. Zero. Un italiano su dieci ha zero libri in casa. Zero. Solo un italiano su tre ha più di cento libri in casa, e cento libri non sono certo questa gran libreria.
Un italiano su dieci ha zero libri in casa
Ecco, quando ho letto queste cifre, quando ho letto le statistiche dell’Istat, ho ripensato ai bambini – curiosissimi – che sfogliano il loro libro di testo per la prima volta. Il libro di testo è l’unico libro che entra nelle case della maggior parte degli italiani e quando arriva nelle mani di un bambino la vedi, quella speciale epifania. Poi, certo, lo devo ancora leggere un libro di testo che spacca, il libro di testo che cambia la scuola… ma per quello ci sono gli insegnanti.