accoglienza

L’accoglienza: pratiche di inclusione

in Approcci Educativi by

L’accoglienza di un nuovo alunno in classe: come comportarsi in un momento così delicato per il nuovo arrivo e per gli equilibri del gruppo.

Abbiamo già avuto modo, in precedenza, di affrontare l’argomento dell’accoglienza in classe (trovi qui un articolo a riguardo). Del resto, accade piuttosto spesso che, durante l’anno, arrivi un nuovo elemento all’interno della classe. Un ragazzo o una ragazza proveniente da un’altra città, o persino regione o stato, verso il/la quale è opportuno attuare una serie di pratiche di accoglienza volte ad integrarlo/a al meglio nel gruppo, e nel minor tempo possibile.

Scopriamole insieme a Marcella Papeschi, insegnante nella scuola primaria e secondaria, con competenze nell’approccio ai disturbi dell’apprendimento e nella didattica musicale. Con all’attivo varie pubblicazioni di libri di narrativa e testi scolastici in diversi ambiti disciplinari, attualmente scrive racconti per bambini con strategie per la facilitazione della lettura e della comprensione del testo.

Il nuovo arrivo

Quando un nuovo alunno entra in una classe già formata e avviata, noi insegnanti dovremmo predisporre un’accoglienza che lo faccia sentire, fin dal primo momento, a suo agio.

Non abbiamo notizie su quel bambino  o su quella bambina, sappiamo però che non è un’esperienza indifferente inserirsi ad anno iniziato in una nuova realtà scolastica, dopo averne lasciata una conosciuta e sicura.

Abbiamo chiamato questo alunno/a Battista, nome sia maschile che femminile, prendendolo in prestito della simpatica sorella di Cosimo Piovasco, il Barone Rampante di Rondò e abbiamo immaginato che faccia ingresso in una classe seconda del primo ciclo di studi.

Prepariamo l’accoglienza

Iniziamo subito da un problema pratico: dove possiamo far sedere Battista?  

Sembra un quesito banale, ma in realtà, nei ricordi di molti di noi, la posizione che occupavamo in classe nei primi giorni di scuola è ancora  presente nella memoria.

Probabilmente tale postazione risulterà provvisoria, perché ci riserveremo di capire col tempo in quale situazione Battista potrà essere a suo agio; al momento, per non sbagliare,  riserviamogli una posizione centrale ma non troppo, meglio se laterale, magari  confinante con la parete, dalla  quale Battista potrà  rivolgere uno sguardo d’insieme sulla classe proteggendosi almeno parzialmente, dagli sguardi altrui.

Non è infatti certo che il nuovo arrivato possa desiderare una posizione di primo piano: alcuni bambini amano inserirsi gradualmente nelle nuove realtà, ed è proprio a loro che dobbiamo prestare maggiore attenzione, evitando di forzarli e di farli sentire inadeguati alle nostre richieste. Chiediamo poi ai nostri alunni se qualcuno avrebbe piacere di sedersi vicino al nuovo ospite. Spieghiamo che il volontario dovrà aiutare Battista  a orientarsi nell’organizzazione scolastica, condividendo nei primi giorni libri o altri materiali  e segnalando eventuali problemi all’insegnante.

Battista entra in classe

Battista  probabilmente entrerà  accompagnato da un commesso o da un applicato. Andiamogli incontro  e conduciamolo al banco dopo avergli chiesto il nome ed esserci presentati.

Lasciamogli  il tempo di orientarsi senza puntargli il cannocchiale addosso; eviteremo  il suo imbarazzo inserendolo subito nel vivo della classe, spieghiamogli l’attività che in quel momento si sta eseguendo e provvedendo a fornirgli, fin da subito, il materiale necessario.

Battista entra in classe – illustrazione di Marcella Papeschi

Primi passi

Nel primo momento libero, o durante l’intervallo, sarebbe importante richiamare Battista in disparte e iniziare la conoscenza. 

Se intuiamo che si tratta di un bambino riservato, riduciamo al minimo le domande.

Possiamo chiedergli: Come stai? Ti piace questa classe? Com’era la tua? Come si chiamavano le tue maestre? domande generiche che possono aiutarlo a rompere il ghiaccio. Presentiamoci poi con la nostra area disciplinare e introduciamo anche gli insegnanti che in quel momento non sono presenti.

Sarebbe importante, in questa fase, una prima comunicazione con la famiglia.

Potrebbero essere gradite ai genitori alcune righe  sul diario in cui  chiediamo  un colloquio, con la richiesta, in quell’occasione, di farci avere i quaderni delle diverse discipline per orientarci sul livello del bambino e sulle sue caratteristiche scolastiche.

Circle time

La disposizione in cerchio,  per terra o sulle sedie, è ottimale per facilitare la conoscenza tra compagni. In questa situazione ognuno è importante come gli altri  Noi insegnanti rivestiremo un ruolo di coordinamento e occuperemo una postazione a fianco dei bambini.

Possiamo lanciare uno stimolo di discussione non troppo impegnativa che permetta a chi lo desidera, di prendere facilmente la parola: sarebbe importante che ogni alunno, prima di parlare, dicesse  il suo nome.

Ecco alcune idee per iniziare la nostra chiacchierata:

  • Raccontiamo  un’esperienza  che abbiamo fatto quest’estate e che c’è piaciuta tantissimo.
  • Riferiamo un episodio che è successo in classe, divertente, strano o particolare.
  • Parliamo di un animale  domestico che conosciamo o perché abita con noi o perché lo abbiamo incontrato qualche volta.
  • Parliamo dei nostri gusti delimitando un campo: possiamo affrontare l’argomento del cibo specificando quello ci piace di più e quello che ci piace di meno, oppure parliamo dei giochi che amiamo  fare quando siamo a casa, con o senza fratelli e sorelle.

Non insistiamo se Battista in questa occasione resterà in silenzio; ci stupiremo in seguito nel verificare che ricorderà i nomi dei compagni e che sceglierà da subito i suoi preferiti.

Vi racconto una storia

Un’altra attività utile a sbloccare la conoscenza tra compagni è quella di proporre una storia strutturata secondo la canonica forma.

Protagonista > desiderio > ostacolo > raggiungimento del desiderio


Possiamo iniziare il racconto e interromperlo dopo la presentazione dei protagonisti chiedendo ai bambini di continuare esplicitando il desiderio, oppure chiedendo di creare gli ostacoli, o di inserirsi più avanti con la risoluzione della storia. Potremmo far narrare oralmente la vicenda a chi si dimostri desideroso di intervenire, senza forzare gli interventi.

In seguito la classe potrà tornare ai banchi e illustrare con un disegno la propria storia o quella inventata da un compagno.

Queste esposte finora sono solo briciole d’accoglienza e inclusione, ne possono esistere tante altre, migliori e più efficaci, ma è solo per sottolineare che l’ingresso di un nuovo alunno è  un evento importante che in qualche modo va accolto e riconosciuto.

Battista sicuramente, inserendosi nel gruppo, creerà nuovi equilibri e per questo motivo l’evento va accompagnato e non lasciato ai margini: il fiume classe sperimenterà con lui un nuovo corso.


Foto di copertina by CDC on Unsplash


In partenza la 5° edizione di Didacta!

in Scuola by

Dedicata alla pedagogista Maria Montessori, venerdì 20 maggio ha il via la 5° edizione della Fiera Didacta Italia. Centinaia di eventi formativi e una vasta area espositiva per le aziende che lavorano nel mondo della scuola e della formazione.

Didacta, l’evento nazionale sull’innovazione della scuola, il più atteso da docenti, dirigenti scolastici, educatori e professionisti in generale del settore, è ai nastri di partenza!

La più grande fiera per la formazione dei docenti si terrà dal 20 al 22 maggio, nella splendida cornice della Fortezza da Basso, a Firenze (ma nasce in Germania, come abbiamo scritto QUI!).

Come si legge dal sito ufficiale della manifestazione, Didacta ha:

l’obiettivo di favorire il dibattito sul mondo dell’istruzione tra gli enti, le associazioni e gli imprenditori, per creare un luogo di incontro tra le scuole e le aziende del settore.

E questa 5° edizione non poteva che essere dedicata a Maria Montessori, una delle personalità più importanti a livello mondiale nel campo dell’educazione dell’infanzia. Il suo metodo educativo è considerato uno dei principali esperimenti di “scuola nuova” adottato in molti paesi del mondo.

La quinta edizione

Come quelle passate, anche la quinta edizione di Didacta si sviluppa in 2 livelli:

  • quello dell’area espositiva, che chiama in causa tutta la filiera delle aziende che lavorano nel mondo della scuola e della formazione;
  • quello degli eventi (oltre 250!), con convegni e seminari che vanno dall’area tecnologica a quella scientifica e umanistica.
Clicca QUI per scoprire l’intero programma di questa edizione di Didacta, e QUI per acquistare il tuo biglietto d’ingresso!

Librì a Didacta!

Anche quest’anno Librì – Progetti Educativi sarà presente con un proprio stand a Didacta, e più precisamente il numero A 59 all’interno del padiglione Spadolini. Qui, nelle 3 giornate della fiera, saranno organizzati vari interventi dedicati a temi come l’inclusione, l’accoglienza, la ricerca, l’alimentazione, la finanza, l’educazione civica e molto altro!

Scopri QUI tutti gli interventi previsti e… vieni a trovarci!

Foto di copertina by raiscuola.rai.it

Libro inclusivo: braille e non solo. Concludiamo l’intervista a Fabio Fornasari

in Bisogni Educativi Speciali/Letture in classe by

Quando si parla di libri inclusivi, non si parla solo di linguaggio braille: ecco la seconda e ultima parte dell’intervista a Fabio Fornasari, dedicata al tema del libro inclusivo.

No, un libro inclusivo non è solo un libro che riporta il linguaggio braille. Ne abbiamo iniziato a parlare in questo articolo, in compagnia di Fabio Fornasari, architetto e museologo italiano. Riprendiamo la piacevole intervista.

Che tipo di pensiero c’è dietro il suo progetto “Ninna nanna per una pecorella”? Qual era l’obiettivo?

Ninna Nanna non è solo una storia bellissima, molto importante proprio in questi giorni di cronache di guerra, ma è la storia che meglio mi permette di spiegare l’importanza di questo progetto. Libri tattili dedicati al cieco ce ne sono, lo sappiamo. Il lavoro della Federazione ProCiechi è importante perché attivano la dimensione immaginativa, avvicinano la bambina e alla bambina alla curiosità tattile. Come dice Paola Gamberini, responsabile dello SCE, il Servizio di Consulenza Educativa dell’Istituto dei Ciechi Cavazza:

toccare non è un’abitudine, ma ci si deve abituare a toccare. Le mani, per diventare intelligenti, devono essere educate ad un’esplorazione ordinata, finalizzata, intenzionale.

Ma con Ninna Nanna per una pecorella abbiamo voluto mostrare una seconda questione: il bisogno di condividere gli stessi immaginari. Non basta fare toccare ma serve fare entrare negli immaginari, condividere i mondi e i personaggi che vengono creati dagli autori e dagli artisti, dagli illustratori. Fare entrare nelle variazioni delle emozioni che gli albi illustrati propongono. L’albo Ninna Nanna apre su una tavola che ha due colline e una stella luminosa in cielo. È l’ultima immagine disegnata del Piccolo Principe, la storia di Saint-Exupéry. Il libro che apre con il narratore nel deserto al quale viene chiesto di disegnare una pecora.

“Ninna Nanna per una pecorella” non solo è importante per parlare di una storia di amicizia e di vero amore, una storia di accoglienza. È importante perché presenta una variazione sul tema dell’amore e dell’accoglienza. Frequentare queste  variazioni sono importanti per comprendere la complessità delle emozioni.

In merito a questo progetto, ha spiegato che è nata l’idea di affiancare alle traduzioni in braille un teatrino. Può dirci qualcosa di più a riguardo?

In passato ho fatto altri libri che condividevano il braille e i disegni a rilievo sulla medesima pagina. Già con il volume per Giunti-progetti educativi di Roberto Marchesini “I nostri amici animali” mi ero dedicato alla traduzione tattile. Sulla stessa pagina due codici non si ricalcano con precisione: lasciano lo spazio dell’incontro e del racconto che può nascere tra bambino vedente e non vedente. L’impianto tattile è differente perché usa una lettura differente. Genera uno spazio di incontro e di conoscenza consapevole.

Nel 2019, nell’occasione di “Boom Crescere nei libri”, abbiamo ospitato nell’atelier del Museo Tolomeo la signora Mitsuko Iwata della Biblioteca Furerai. È stata l’occasione per mettere a confronto la nostra esperienza di laboratorio e di traduzione del libro con la loro lunga e importante esperienza.

Mitsuko Iwata è non vedente, madre. Il suo obiettivo è offrire al genitore cieco uno strumento per poter leggere al bambino il libro illustrato, per garantire al genitore che non vede la possibilità di leggere con il figlio una storia, condividerla e crescerci insieme al suo interno. Questa relazione è importante per la Biblioteca Furerai, al pari della storia letta.

Nel tempo con l’atelier Tolomeo avevamo tradotto diversi libri pensati per offrire al bambino una dimensione immersiva, tridimensionale e multisensoriale. Oggetti dove fare leggere con le mani, prendere, spostare, mettere.

Oggetti da comprendere e da disporre sul tavolo, da mettere in azione con le mani.

Il libro diventa una scatola che contiene una narrazione che esce dal libro, si spazializza e si fa materica. Il libro si mette in gioco, diventa il libro-in-gioco.

La storia può essere riletta e riscritta attraverso il teatrino: “beh, se la pecora non ha paura della lupa allora è la lupa che ha paura della pecora”. Il bambino prende il la figurina della lupa, le fa voltare le spalle alla pecora e la fa correre lontano, fuori dal teatrino.

Non è un Kamishibai, non c’è il narratore in fronte allo spettatore. Sono tutti dentro lo spazio della lettura: il genitore legge con le dita, il bambino che ancora non usa alcun alfabeto, alcun codice, sperimenta con la mano, con le mani, con il corpo la narrazione. La solidifica attraverso l’esplorazione e l’esercizio del proprio corpo.

L’obiettivo finale è arricchire di possibilità immaginative. Dare la possibilità di comprendere e immaginare, di emozionarsi. Come dice ancora Paola Gamberini:

per chi non vede le mani sono una meravigliosa porta sul mondo. Toccare è una forma di appropriazione attiva, contatto diretto con la cosa senza bisogno, almeno immediatamente, dell’intervento interpretante della parola. L’approccio tattile trasmette la percezione confortante della permanenza e non evanescenza degli oggetti. Si entra così in contatto con la consistenza e resistenza dell’oggetto, che ci modifica a ci mette in gioco.

Per questo motivo è importante fare un teatro, fare teatro, farsi attori del teatrino in relazione con l’albo (e anche noi ne avevamo parlato qui!)

Lei è anche direttore scientifico del Museo Tolomeo, che ha fondato con Lucilla Boschi nel 2014 nell’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza. Cosa trova il visitatore, quando varca la soglia del museo?

Una Wunderkammer, un atelier e una stanza multisensoriale.

La Wunderkammer è il primo spazio per la città, il gabinetto delle curiosità dove scoprire cosa è accaduto da quando Louis Braille ha creato il codice che porta il proprio nome. È la stanza dove conoscere una storia di 140 anni di costruzione di opportunità di autonomia, uno spazio dove si accumulano cose che sono state usate nell’istituto.

L’atelier Tolomeo è dove mettere in gioco le conoscenze, le pratiche nella relazione di gruppo: laboratori con più persone, classi. È il luogo di una osservazione partecipata e relazionale. È anche il tavolo anatomico che smonta la complessità per ricomporla in una chiave più comprensibile anche per la percezione aptica.

La stanza multisensoriale è lo spazio in continua trasformazione che prende l’impronta di chi l’attraversa. Uno spazio “responsive” che lavora con la pluridisabilità, sulla relazione del bambino e della bambina nella relazione con la famiglia. Uno spazio in continua trasformazione.

Fonte foto di copertina qui

Quanto è difficile l’accoglienza nella scuola primaria?

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accoglienza scuola
Un momento importante che rimarrà impresso nella memoria di ogni bambino, nel primo giorno di scuola è decisiva l’accoglienza per l’approccio alla scuola

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