Quando l’idea accende la lampadina, va messa in mostra
Marianna Balducci ci invita a liberare la fantasia (e creare una mostra o un libro di classe) partendo dall’icona del colpo di genio, la lampadina!
“Un’idea, un concetto, un’idea finché resta un’idea è soltanto un’astrazione. Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione” cantava Giorgio Gaber. La percezione che abbiamo del modo in cui nascono le idee spesso è fuorviante: si tende a pensare che l’idea sia una sorta di illuminazione fulminea, di lampo nel buio, senza concentrarsi mai abbastanza sul serbatoio di energia necessario per accenderla. È vero, l’idea si manifesta a volte sotto forma di repentina e sorprendente epifania e ci dà una scarica di adrenalina grazie alla sua capacità risolutiva di un problema che ci affligge o alla rivelazione di una cosa che prima non c’era.
Ma se ci fermiamo a questo passaggio, che non è che l’ultimo stadio di un processo molto più articolato, finiremo anche col pensare che i creativi siano paragonabili a degli stregoni dai poteri paranormali e che la loro giornata consista nella passiva attesa di un qualche segnale straordinario, in arrivo da un momento all’altro. Se il mio lavoro fosse fatto solo di questo, sarebbe davvero terribile: non solo per la noia sconfinata tra un’idea e l’altra, ma soprattutto per la frustrazione nata dal constatare che tutto ciò che imparo, accumulo, assimilo, non serve poi a un granché davanti a questa sorta di divina illuminazione che non posso controllare.
Bruno Munari invece nel suo libro “Fantasia” prova a mettere un po’ d’ordine e a cambiare prospettiva, presentandoci la creatività come uno strumento più che una scienza infusa e quindi, in quanto tale, sensibile a miglioramenti, esercizi, potenzialmente alla portata di tutti. Anche l’immaginazione è uno strumento strategico e le idee somigliano molto più a dei progetti che a dei temporali. Questo non vuol dire sacrificare la freschezza del guizzo creativo, ma vuol dire piuttosto rendersi conto che quel guizzo, se è partito, è frutto delle connessioni innescate (più o meno consapevolmente) tra tutte le informazioni che nel tempo abbiamo archiviato. Più elementi abbiamo nel nostro archivio e più i collegamenti diventeranno interessanti (e le idee “geniali”!), allo stesso modo per cui se ho visto tante immagini o rappresentazioni di una cosa (fosse anche solo il sole o un albero, per riprendere ancora una volta un esempio munariano) poi la saprò disegnare meglio e in modo meno stereotipato.
Ma allora cosa sono davvero le idee? Come sono fatte? Come funzionano? A cosa servono? Dato che siamo partiti dall’esigenza di restituire maggior concretezza all’astratto, prendiamo quella che è diventata l’icona per eccellenza dell’idea (mutuata anche dal linguaggio del fumetto): la lampadina. Prendiamola veramente, fotografiamola, materializziamo questa idea da accendere davanti agli occhi dei nostri studenti pensanti e sfidiamoli a creare, tutti insieme, una sorta di libretto delle istruzioni che ne sveli i segreti.
Iniziamo un brain storming collettivo partendo proprio da quelle domande. Proviamo a raccogliere le suggestioni alla lavagna, magari già cercando di organizzarle per categorie: da una parte le risposte più riconducibili alla descrizione di un’idea (geniale, sorprendente, improvvisa, bella,…), dall’altra quelle inerenti il suo funzionamento proprio come se fosse una macchina (serve a… risolvere un problema, inventare una cosa nuova, diventare famosi,…). In questa fase non esistono stimoli sbagliati, lasciamo che escano anche le risposte più politicamente scorrette (che magari diventeranno spunto di riflessione in seguito). Le domande poste alla classe potranno costituire un primo criterio di organizzazione dei contenuti, ma dal brain storming potrebbero emergere anche nuove piste. Diamoci un tempo limitato, lasciamo sedimentare la cascata libera di contributi per un pochino, godendo anche del divertimento di questa fase più libera di raccolta. Verrà poi il momento di selezionare collettivamente le risposte che più ci convincono per costruire, pagina dopo pagina, questo libretto d’istruzioni pensato per spiegare a chi non lo sa che cosa vuol dire avere un’idea: descrizione delle caratteristiche (magari degli ingredienti!), modalità di funzionamento, circostanze di applicazione,… potrebbero essere questi i capitoli da illustrare. Dividiamo quindi i compiti assegnando a ciascuno la foto di una lampadina vuota da riempire con un disegno che racconti uno dei concetti emersi. Otterremo una compilation di immagini che, pur partendo dalla stessa base (la lampadina fotografata), rivela approcci (concettuali e grafici) molto diversi. Forse qualcuno trasformerà la lampadina nel viso di un personaggio (l’inventore!), altri lavoreranno al suo interno, altri ancora nello spazio vuoto attorno. Il disegno metterà in scena i concetti emersi e la nostra galleria di lampadine sarà una luminosa cordata di pensieri (da rilegare in un libro di classe, da esporre in una piccola mostra collettiva). Le idee sono patrimonio di tutti, le belle idee sono il premio di chi persevera nell’osservazione attiva e profonda del mondo. E i disegni, come dice Bruno Bozzetto (ricordando proprio un bambino che ha incontrato), non sono che idee con intorno una linea.