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Programmi di carattere storico: perché piacciono?

in Arte, Musica e Spettacolo/Storia e Filosofia by
Alessandro Barbero ma non solo: il boom della divulgazione dei programmi di carattere storico

Grazie anche alla presenza di una rete specialistica come Rai Storia, la divulgazione dei programmi di carattere storico sembra avere avuto negli ultimi anni un riscontro sempre maggiore, portando alla ribalta mediatica alcuni presentatori, primo fra tutti lo storico del Medioevo Alessandro Barbero, assurto a  vera e propria icona pop.

Sul web il suo nome è tra i più gettonati, e per dare un’idea del livello di popolarità raggiunto dal medievista, basterà citare la pagina Facebook a lui dedicata: Alessandro Barbero noi ti siamo vassalli. Titolo simpatico, e assai eloquente! Per chi non conoscesse ancora l’illustre storico, ecco una proposta di libri da lui scritti.

Occorre in primo luogo rendere merito a tali programmi di carattere storico, capaci – anche e soprattutto attraverso l’ausilio delle immagini e dei filmati – di restituire agli eventi e ai periodi storici quella concretezza e quella realtà che tanto spesso sfuggono a chi si avvicina alla Storia, finendo poi per allontanarsi e non appassionarsi; questo, proprio a causa di quel limite di astrazione che caratterizza i testi e le spiegazioni degli stessi insegnanti nelle aule di scuola: parole, solo parole, dietro le quali non è sempre facile intravedere la realtà di uomini e tempi lontani ed immedesimarsi in essi.

Le immagini, dunque, ma non solo: conta, eccome, anche la capacità di appassionare che viene trasmessa da molti dei nostri divulgatori, ognuno dei quali si caratterizza peraltro per un proprio stile.

Da quello più enfatico di Barbero (enfasi che non dispiace, visto che nasconde a fatica la passione per la Storia!), a quello più cattedratico del nostro storico forse più famoso, Franco Cardini (ma anche il suo è un cattedratico positivo, sempre arricchito da un approccio umano e coinvolgente, mai pedante o professorale), a quello affabile e colloquiale – al tempo stesso avvincente – di Cristoforo Gorno, che con le sue Cronache dal Rinascimento  riesce a far toccare con mano il fascino e la meraviglia di quel periodo storico così ricco e misterioso.

Interesse per la divulgazione storica, e di questo non si può che essere soddisfatti: ma quali ne sono le cause?

Una, forse, risiede in quel certo livello di coinvolgimento che appare intrinseco alla Storia, specie quella contemporanea, nella passione (anche politica) che la riflessione sugli eventi più recenti porta spesso con sé (si pensi al tema del Fascismo o delle guerre mondiali), suscitando dibattiti e contrapposizioni talvolta anche molto accesi e non solo tra specialisti o appassionati: quante volte tra amici si è discusso non solo di sport ma anche di Storia, e spesso dividendoci anche di più rispetto al calcio? Quante volte, per citare un esempio non facile, si è ascoltata la lamentela di persone del Sud contro il Nord conquistatore, che avrebbe asservito ai propri interessi politici ed economici il Meridione d’Italia, fino a determinarne l’attuale, gravosa condizione? E quante altre si è dovuto ribattere al famoso ”Si stava meglio quando si stava peggio” di nostalgica memoria?

La Storia scalda, provoca discussioni e quindi interesse e forse questo accade perché – nonostante l’odierno appiattimento su un presente atemporale votato solo alle leggi della produzione e del consumo – affiora  più o meno consapevolmente la percezione che il passato sia un ponte col presente, un passato che va dunque indagato e chiarito per avere ragione dell’oggi: a questa esigenza i nostri programmi sembrano rispondere in maniera efficace, e con ampio merito risultano seguiti, tanto da far scaturire reazioni veementi di fronte all’ipotesi di chiusura del canale tematico per eccellenza, Rai Storia appunto, ventilata mesi or sono.

I dubbi e le ombre, quelli non mancano mai: un primo interrogativo riguarda quell’eccesso di spettacolarizzazione che talvolta si avverte e che rischia di far perdere la dimensione umana alla rappresentazione degli eventi e delle persone, a volte un po’ troppo somiglianti ad un grande film hollywoodiano, ad una narrazione che trascura il dolore e la fatica degli uomini di cui spesso le vicende storiche sono intrise e che talvolta la sua riproduzione mediatica rischia di opacizzare.

Un’altra domanda, forse più provocatoria, riguarda la onniscienza che alcuni divulgatori sembrano sottintendere, un dubbio che viene allorquando notiamo lo stesso storico presentare un giorno una puntata su Giovanna d’Arco e un altro una ricostruzione della battaglia di Stalingrado: si può essere così specialisti di tutto? Forse no, ma resta solo una domanda all’interno di un quadro nel quale le luci, per una volta, hanno la meglio sulle ombre.

Pensare con gli occhi | il cinema a scuola

in Arte, Musica e Spettacolo by
Carlo Ridolfi ci parla di cinema, tv, serie, supporti digitali, linguaggi e contenuti: conoscerli, per capire ed educare.

Immaginiamo uno zio e una nipote che tra loro abbiano una certa differenza di età. Il primo lo chiameremo Giovanni. Nato nel 1982, quindi ha 39 anni. La seconda la chiameremo Marta. Nata nel 2007, ha 12 anni. Quando Giovanni aveva l’età di Marta, quindi nel 1994, la sua condizione di spettatore di racconti per immagini in movimento e suoni era la seguente.

In casa c’erano tre apparecchi televisivi: uno in sala, uno in cucina, uno in camera dei genitori. Due di questi erano collegati a video-lettori, con i quali Giovanni poteva vedere le molte cassette VHS di film registrati dalla tv che c’erano in casa. Nello studio del babbo c’era un personal computer collegato a internet con un modem esterno. La connessione telefonica era quella con il doppino di rame, con una trasmissione di dati assai lenta. Per Natale Giovanni ricevette un Super Nintendo, con il quale diventò ben presto un campioncino di Super Mario World e The Legend of Zelda. Giovanni e i suoi genitori andavano al cinema in sala circa una volta al mese.

Qual è la situazione di Marta? In casa ci sono due televisori: una smart tv molto grande in sala, con Sky Q (e quindi anche la possibilità di vedere sullo schermo del televisore sia YouTube che Netflix) e un apparecchio collegato col digitale terrestre in cucina.

Entrambi sono collegati ad un video-lettore con il quale Marta può vedere film in dvd o in blue-ray. Sia nello studio del papà che in quello della mamma ci sono dei personal computer.

La connessione Internet è in fibra ottica. Mamma e babbo di Marta hanno uno smartphone, che ogni tanto Marta utilizza. All’età di dieci anni Marta ha ricevuto per il suo compleanno un tablet con connessione wi-fi. Per Natale Marta riceverà in regalo un abbonamento a Google Stadia e il relativo controller, con i quali, avvalendosi dell’offerta di giochi in streaming, potrà sfidare il cugino Antonio, che abita sullo stesso pianerottolo. Marta e i suoi genitori vanno al cinema in sala ogni tre mesi circa.

Sono passati 65 anni dal 3 gennaio 1954, quando la Rai cominciò le trasmissioni su scala nazionale con un solo canale in bianco e nero.

Sembrano passate sessantacinque ere. Il mondo è completamente cambiato e, di conseguenza, ha subito trasformazioni e complicazioni non da poco anche il compito educativo di genitori, insegnanti e quanti abbiano da incontrare generazioni sempre più connesse a dispositivi digitali.

L’offerta di contenuti a disposizione è pressoché infinita e non è certo facile districarsi in un oceano sconfinato di film, serie, video, spot pubblicitari, fulminee incursioni a disegni animati o con riprese dal vero in Instagram o Tik Tok.

L’atteggiamento degli educatori può oscillare tra la vertigine e il disorientamento, la resa incondizionata o l’accettazione supina. Talvolta, ma si tratta di minoranze, si arriva al rifiuto totale di qualsiasi utilizzo di supporti e linguaggi considerati dannosi e pericolosi.

Io credo sia prendere atto almeno di un paio di dati di fatto evidenti.

Il primo è che qualsiasi ragazzino dell’età di Marta (e anche di età inferiori) ne sa in materia molto di più e in maniera molto più approfondita della stragrande maggioranza degli educatori.

Il secondo, conseguente, è che o gli educatori si rendono disponibili ad una alfabetizzazione e a un aggiornamento costanti in merito a supporti, linguaggi e contenuti, oppure la forbice comunicativa tra generazioni sarà sempre più aperta, fino alla totale mancanza di intendimento reciproco.

Sarà proprio il caso di riparlarne.

La BBC punta alla tv olografica, dalla fantascienza alla realtà

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La BBC ha creato una tv olografica sperimentale. Un dispositivo che futuristico, degno della più classica fantascienza, trasformato in realtà.

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