Continuiamo ad apprendere anche da adulti

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Apprendimento e formazione rimangono un elemento fondamentale per tutta la vita, ma ci sono vari modi di apprendere. Mariangela Giusti per Luoghi Interculturali

Mi è capitato di recente d’incontrare diversi gruppi di insegnanti durante una docenza in un Master organizzato dal Miur.
I gruppi di apprendimento erano costituiti da docenti con svariati anni d’insegnamento alle spalle. Un elemento costante e ricorrente era la loro difficoltà a rimettersi in gioco, come se gli anni d’insegnamento pregressi rappresentassero già un patrimonio di conoscenze più che sufficiente per svolgere il ruolo docente.

In realtà sappiamo che non è così: l’apprendimento e la formazione continua sono necessari. Non a caso, dopo le prime ore di lezione, molti  di loro si rendevano conto della necessità e dell’utilità del Master; altri invece proseguivano con atteggiamenti di noia, come se i contenuti trasmessi a lezione fossero già noti.

Questo fatto ci introduce a condividere qualche riflessone sull’apprendimento in età adulta in particolare da parte di coloro che svolgono professioni educative.

Prendo spunto  da un vecchio film ritrasmesso di recente in televisione, ritenuto un classico della comicità italiana: Un povero ricco, diretto da Pasquale Festa Campanile nel 1983, con la sceneggiatura di Renato Pozzetto, attore protagonista. È un film divertente, con la comicità amara dei cabarettisti milanesi di quegli anni, con molti spunti ancora attuali.

È interessante notare che, per fornire la rappresentazione sociale dell’Italia degli anni Ottanta, il regista offre varie inquadrature di luoghi pubblici (strade e piazze) del centro di Milano, quegli stessi luoghi che oggi. a distanza di trent’anni, sono luoghi interculturali.  Vediamo le strade intorno al Castello Sforzesco, la zona di Via Paolo Sarpi; vediamo  negozi e insegne che oggi sono stati sostituite da caratteri cinesi; vediamo uomini e donne inquadrati nella loro quotidianità di vita e di lavoro. 

apprendimento

Sullo sfondo della città si muove la vicenda del film: il protagonista – Eugenio – è un ingegnere quarantenne molto ricco, titolare di varie aziende, assillato dalla paura di perdere le sue ricchezze. Per superare la fobia, lo psicologo gli consiglia di lasciare tutto ciò che possiede per un mese e di vivere da povero: dovrà ripartire da zero lavorando come fattorino in una delle sue ditte. Eugenio sotto falso nome e con aspetto cambiato viene assunto ma, per una serie di motivi, dopo pochi giorni, è licenziato. Questo fatto lo porta a entrare in contatto con luoghi della città che prima non conosceva: la sala d’attesa della stazione dei treni, le panchine delle piazze, la condivisione del poco cibo con le persone che vivono sui Navigli. Eugenio sperimenta davvero cosa significa essere povero, patire la fame, essere alla mercé degli altri, essere sfruttato, non avere diritti. I luoghi pubblici della città diventano gli unici spazi nei quali trascorre le sue giornate.

Nella vicenda narrata compaiono altre due figure: Stanislao (capo dei barboni della piazza) e Marta, una ragazza che vive facendo diversi lavori. Con entrambi Eugenio  tira avanti e crea varie avventure. Sono tre persone diverse, che mostrano tre modalità diverse di apprendere in età adulta.  I  tre modelli che propongono possono aiutare gli insegnanti a fare una riflessione su di sé. Vediamoli.

Eugenio (l’ingegnere ricco) impara a sperimentare un’altra visione di se stesso (della sua identità, della sua vita) per obbedire a un’indicazione che li ha dato lo psicologo: la sua modalità di imparare consiste nel seguire le indicazioni, nello stare alle regole, nell’ avere fiducia nel suo coach, salvo poi scontarsi con l’imprevisto senza sapere come cavarsela.

Stanislao è la persona adulta intuitiva e creativa, che impara dalla vita, sa cogliere le opportunità (grandi e piccole) che il caso gli fa incontrare e soprattutto le sa mettere a frutto. Egli apprendere dalle difficoltà ed è in grado anche di trasmettere ad altri  le abilità che giorno per giorno apprende (infatti Eugenio diventa “suo allievo”).

Marta è una giovane adulta in apprendimento che vuole imparare dai suoi errori, si lascia guidare dall’emotività e dal sentimento, è consapevole che non si finisce mai d’imparare e che occorre far tesoro degli sbagli fatti per non ripeterli.

La vicenda comica del Povero ricco ci  aiuta a riflettere su qual è di solito la nostra personale maniera di imparare da adulti e da adulte. Sono tre modalità su cui consigliamo i lettori e le lettrici di interrogarsi. Come ci comportiamo di solito? Impariamo meglio se siamo guidati da un’altra persona di cui ci fidiamo e che ne sa più di noi ?  Oppure di solito impariamo da soli dalle difficoltà e cerchiamo di farne tesoro per diventare più forti e sviluppare la nostra intuizione e la nostra creatività? Oppure siamo adulti che imparano tenendo presenti le ragioni della mente e quelle del cuore, cercando di non ripetere errori già fatti?

Consigliamo di fare un ragionamento sul proprio modo di apprendere facendoci queste domande. Le domande ci possono essere utili anche per cercare di capire meglio lo stile di apprendimento degli allievi più chiusi che abbiamo in classe, quelli coi quali è più difficile intavolare un dialogo aperto e costruttivo e con i quali la cosa più sensata da fare è provare più strade. Magari anche – se occorre – attraverso il linguaggio mediatore di un film  che riteniamo adatto allo scopo.

Mariangela Giusti è docente da vent’anni all’Università degli studi di Milano-Bicocca, dove insegna Pedagogia interculturale. Ha scritto diversi libri, usciti con importanti case editrici italiane, sulle tante tematiche dell’educazione interculturale originate da ricerche condotte sul campo.

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