Oltre il 56% degli italiani è caduto e continua a cadere nella trappola delle fake news: questo ci dicono i dati di un recentissimo sondaggio. Piccola guida per riconoscere (e insegnare a non condividere) notizie false.
Sembra sempre più difficile distinguere le notizie vere da quelle false. Siamo bombardati di informazioni, di spunti, di suggerimenti, di foto e video. La possibilità di conoscere in tempo reale quello che accade in tutto il mondo è in realtà un dono preziosissimo. Probabilmente ci vorrà del tempo per trovare un equilibrio, è sempre stato così. E anche se sono molti a puntare il dito sulla rete, tanto che sembra che tutti i mali siano causati da questo nuovo strumento, in fondo è un po’ la solita “caccia alle streghe”. Quello che ci si dimentica o che non si coglie, infatti, è che fare informazione non è così scontato, non lo è mai stato e “creare” notizie false, lanciare titoli insesatti o faziosi, costruire scandali da non-notizie, modificare le foto o i video, è una pratica antica. “L’industria” delle notizie false funziona ed è redditizia. E non ne sono immuni quotidiani e magazine cartacei di rilevanza nazionale e internazionale (dal Corriere della Sera alla Cnn, per capirci) né telegiornali e programmi televisivi. Senza una personale e attenta lettura critica di una qualsiasi notizia (letta in un giornale, vista in tv o sui social) il rischio di comunicare qualcosa di falso, inesatto, scorretto, fazioso è altissima.
Per quanto riguarda il web, una conferma arriva leggendo i dati del sondaggio Demos-Coop di dicembre 2017: si aggira infatti attorno al 56% la percentuale degli italiani che ha ammesso di aver creduto a una falsa notizia letta su internet. La metà (23%) ha ammesso di averla anche condivisa, Altro dato interessante: gli utenti social le hanno condivise nel doppio dei casi (16% vs 8%) rispetto agli utenti senza un account social. Da questo sondaggio risulta anche siano i giovani, tra 25 e 34 anni, ad avere creduto (63%) e condiviso (18%) maggiormente le fake news. E i più giovani? I nativi digitali? Per loro possiamo far riferimento allo studio dell’Università di Stanford “Evaluating information: the cornerstone of civic online reasoning” del 2016. La percentuale di studenti delle secondarie inferiori che non sapeva riconoscere una notizia vera da una falsa né distinguere news informative da opinioni o messaggi promozionali si aggirava attorno all’82%.
82% degli studenti delle secondarie inferiori non sapeva riconoscere una notizia vera da una falsa né distinguere news informative da opinioni o messaggi promozionali”
Eppure evitare di condividere notizie false e senza fondamento è possibile. Basta conoscere alcune piccole regole, e, soprattutto, prendersi un po’ di tempo per verificare prima di dare rilevanza e condividere ciò che abbiamo letto o ci è arrivato, magari da amici, con messaggio privato, con la preghiera di “condividere” o “girare ai contatti”.
Ci vengono in aiuto alcuni esperti, in particolare Craig Silverman, giornalista di Buzzfeed che ha sintetizzato “6 semplici cose da fare per verificare una notizia” e Claire Wardle che dirige proprio un network internazionale sulla verifica delle fonti online (Firts Draft News). Cosa possiamo fare quindi? Impegnare noi stessi e insegnare ai giovani a seguire alcuni semplici accorgimenti per evitare di diffondere immondizia invece che informazione.
– Fare attenzione all’URL: molti siti di bufale e fake news hanno un nome e un indirizzo internet che assomiglia moltissimo a quello di testate giornalistiche nazionali o a siti considerati affidabili. Puntano sulla disattenzione e sulla credibilità (un esempio tra i più evidenti: www.ilfattoquotiDAIno.it non è il sito della testata qiornalistica www.ilfattoquotiDIAno.it).
– Leggere la pagina “Chi Siamo”: se nella descrizione delle finalità c’è scritto che si tratta di un “sito di satira” – e non è Lercio.it, che è davvero un sito di satira – fate attenzione, probabilmente le notizie che pubblica sono delle fake news e l’intento è proprio quello di scatenare polemiche.
– Controllare citazioni e dichiarazioni: a volte accade che venga attribuita la paternità di una frase a personaggi celebri che, quella frase, non l’hanno mai pronunciata né tanto meno scritta. Per quanto riguarda le dichiarazioni basta selezionare la frase, metterla tra virgolette (così: “blablsbls”) e lanciare la ricerca su Google. In questo modo si può controllare se le stesse parole siano state riprese anche da altre fonti; in caso contrario, decisamente meglio continuare ad approfondire.
– Verificare i link: aiuta a controllare l’affidabilità delle fonti. Va da sé che è opportuno essere diffidenti degli articoli che hanno pochi (o nessun) link.
– Fare una ricerca inversa delle immagini: andando nella sezione Google Immagini e caricando una foto si può scoprire se e quando sia stata già pubblicata e utilizzata. Accade spesso che le immagini vengano usate in ambiti che nulla hanno a che vedere con la situazione dove sono state scattate. La possibilità di condividere una fake news è dietro l’angolo.
L’ultimo punto della lista di Silverman è a ben vedere il suggerimento principale: “Se una storia sembra troppo bella per essere vera, oppure provoca una forte reazione emotiva, è meglio calmarsi per un momento” (e approfondire).
Fonti:
http://www.demos.it/
https://www.buzzfeed.com/
Consigli di lettura:
“Fake. Non è vero ma ci credo” di Daniele Aristarco, Einaudi Ragazzi, 2018
“Cacciatori di bufale. Il manuale anti fake news” di Fulvia Degl’Innocenti e Chiara Segré, Edizioni Sonda, 2017