La scuola si è aperta alla narrativa contemporanea e ai suoi scrittori, italiani e stranieri. Ciò che manca a questo punto è un coordinamento nazionale, che permetta ai professori di essere in contatto per inserire i loro progetti in un progetto più ampio, nazionale, sulla lettura. L’impegno collettivo, quello, c’è già.
Non c’è Festival letterario a cui partecipi dove alla fine non si dia la colpa alla scuola se c’è poca partecipazione al Festival stesso, se i ragazzi non leggono, se la letteratura non si conosce più, eccetera eccetera.
A questi atti d’accusa partecipano anche quegli insegnanti che peraltro leggono, s’informano e magari sono andati a quello stesso festival dove qualche scrittore o giornalista o collega li sta biasimando. Restano attoniti, silenti, desolati. Come ormai i prof sono costretti, messi all’angolo dall’aggressività montante di tutti coloro che si aspettano dalla scuola non tanto la qualità, quanto la promozione assicurata per i loro figli.
Invece, sono molti i docenti che si occupano della letteratura e in particolare la letteratura per ragazzi. Certo, bisogna coinvolgerli nei progetti, e non pensare che facciano la parte del pubblico magari plaudente. Ci sono una serie di esperienze che mostrano come sia importante che la scuola non sia considerata una semplice “utenza” ma un “attrice” degli eventi. Uno di questi è il Festival Mare di Libri, in cui docenti e classi sono invitate a dialogare con gli scrittori (la mia esperienza con i ragazzi condotti da Daniela Pellacani è stata bellissima).
Personalmente ho partecipato a molti eventi che vantavano una lunga e capillare organizzazione, grazie alla quale sono arrivati migliaia di studenti e centinaia di insegnanti: l’ultimo è quello di Bassano del Grappa in cui la libreria Palazzo Roberti ha guidato una grande giornata con quattro scrittori (Pierdomenico Baccalario, Luigi Garlando, Zita Dazzi e la sottoscritta) all’interno di una grande villa con parco, sede di un’associazione territoriale che si occupa di disabilità, di giovani, di ambiente.
Però, poi, è colpa della scuola se i ragazzi non leggono. Perché “la scuola fa odiare la letteratura”. Ecco il solito, stereotipato giudizio di chi entra comunque a scuola a fare letture e animazioni e incontri. Un giudizio che si riferisce a una scuola che non c’è più, dove c’erano altri programmi, si scrivevano temi, magari letterari, magari su Pavese. Oggi il programma è indicativo e non sono pochi gli insegnanti che decidono di leggere insieme ai loro ragazzi la narrativa contemporanea, anche la meno “prestigiosa” letteratura per ragazzi, e fanno partecipare i loro alunni ai Premi letterari, come il Bancarellino o lo Strega.
gli alunni partecipano ai premi letterari
Perché in quella piazza di Pontremoli dove ogni anno si riversano centinaia di ragazzi, chi li ha portati fin lì? E quando lo ha deciso? E chi legge i libri candidati allo Strega, come mai lo fa? E quel lavoro ipertestuale sul mio “L’ultimo faro” della classe III D della prof. Gioia Gardo di Bologna chi lo ha fatto, qualche esterno o questa brava insegnante? E i lettori giovanissimi di Samuela Brunamonti in una scuoletta di Gavorrano, che ogni anno leggono libri con passione, chi li spinge a farlo? E la scuola intera che ogni anno promuove un progetto lettura grazie ad Alessandra Valentini, a Monterotondo Romano? E la brava Annaclaudia De Mita che si porta dietro tutte le classi del plesso di Monopoli Sabina?
E l’organizzatrice del premio Asti D’Appello ragazzi, Teresa Cravanzuola? E a Fabriano, dove ogni anno un team di professori organizza il progetto lettura, con Patrizia Paciarotti che contatta gli autori? E via e via, quanti ne potrei elencare di questi professori che poi trovo al Salone di Torino, al Festival di Mantova, alla fiera di Bologna. Con cui resto in contatto per decenni, perché sempre lì stanno, a scuola, a far amare la lettura, come Chiara Trevisan di Padova, come Fabrizio Fiocchi del liceo Ariosto di Ferrara. Ma sarebbe un elenco interminabile e mi scuso con tutti quegli insegnanti che non ho citato e con cui ho un legame di stima e di amicizia da anni, insegnanti che umilmente fanno il loro lavoro senza avere accesso a podi o microfoni radio o platee di Festival.
Quando ho iniziato questo lavoro, più di vent’anni fa, le scuole aperte agli incontri erano solo le elementari. Ma poi hanno cominciato anche le medie e adesso pian piano ci sono le superiori, spesso più gli Istituti Tecnici che non i Licei, perché forse si pensa che ai licei i ragazzi leggano da soli, ma è un fatto che pian piano la scuola si sia aperta alla narrativa contemporanea e ai suoi scrittori, italiani e stranieri.
Certo, ciò che manca a questo punto è un coordinamento nazionale, che permetta a questi e ad altri professori di essere in contatto per inserire i loro progetti in un progetto più ampio, nazionale, sulla lettura, perché non può bastare una “giornata”, che alla fine è più simbolica che fattuale, in un paese dove leggere non è mai considerato leggero, a scapito di un’assonanza che potrebbe unirli. Ma il moltiplicarsi, negli ultimi anni soprattutto, di incontri e di feste sulla lettura mi fa pensare che alla fine, sotterraneamente, un progetto, se non nazionale almeno collettivo, c’è.