Adriano Olivetti nasce a Ivrea l’11 aprile del 1901. Ripercorriamo la vita dell’imprenditore innovatore italiano per eccellenza grazie al racconto di Simone Terreni
È l’imprenditore innovatore italiano per eccellenza: Adriano Olivetti, nato a Ivrea l’11 aprile del 1901. Erede di Camillo Olivetti, altro grande imprenditore che fu il primo a realizzare in Italia una fabbrica di macchine da scrivere, Adriano rivoluzionò il concetto di fabbrica che aveva ereditato dal padre: i dipendenti sono parte integrante dell’azienda, devono lavorare in condizioni agevoli e avere obiettivi comuni, perché solo così si aumenta la produttività.
Chi opera secondo giustizia opera bene e apre la strada al progresso. Chi opera secondo carità segue l’impulso del cuore e fa altrettanto bene, ma non elimina le cause del male che trovano luogo nell’umana ingiustizia. Adriano Olivetti
Ecco un rapido elenco di come mise in pratica queste idee: ampie finestre e tanta luce, così che gli operai vedessero il percorso del sole, alberi nel giardino della fabbrica, biblioteca in fabbrica, cinema, centro culturale con corsi e scuole serali, asili nido, nove mesi a piena retribuzione per le donne in maternità, stipendi più alti, alloggi per gli operai in prossimità della fabbrica, incontri con intellettuali come De Sica e Pasolini presso la fabbrica, realizzazione di uno stabilimento a Pozzuoli per creare un’unità culturale in un’Italia ancora divisa tra Nord e Sud. Non solo. Mise come capi reparto scrittori, filosofi, poeti, prese a lavorare con sé architetti e designer, perché credeva che solo la bellezza può renderci migliori, e quindi qualsiasi oggetto anche nell’uso quotidiano, come una macchina da scrivere, doveva essere bello! E lo diceva anni prima di Steve Jobs!
Nel momento di massimo splendore l’Olivetti aveva 36.000 dipendenti, molti dei quali all’estero, negozi in tutto il mondo realizzati da importanti architetti e prodotti vincenti come la macchina da scrivere Lettera 22, (in foto) che era l’iPad dell’epoca, esposta al MOMA di New York, vera icona di scrittori e giornalisti come Biagi e Montanelli. Potremmo continuare per ore. Finché fu in vita, con tutta la sua forza, con tutto il suo coraggio Olivetti riuscì a creare qualcosa di unico. La sua azienda era definita l’Atene degli anni ’50.
Mai uno scontro con il sindacato, una produzione aumentata del 500%, un modello etico di fabbrica e l’idea diffusa tra tanti dipendenti che lavorare alla Olivetti fosse una missione. Olivetti nel 1956 divenne sindaco di Ivrea. Nel 1958, dopo aver elaborato il concetto di “comunità”, formò un nuovo partito, Movimento Comunità, ma riuscì a malapena a entrare in parlamento ottenendo meno dell’1% dei voti. Il suo sogno era semplice: diffondere anche nella società i concetti che applicava nella sua azienda. «Nessun dirigente, neanche il più alto in grado, deve guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario minimo di un dipendente»
Quando Adriano Olivetti incontrò Enrico Fermi nel 1949 non era ancora convinto di dover lanciare la sua azienda nella costruzione dei calcolatori elettronici, gli antenati dei nostri PC. Ma quando nel 1956 l’Università di Pisa si mise a costruire la Calcolatrice elettronica pisana, sempre su suggerimento di Fermi, Olivetti firmò una convenzione con quell’università fornendo non solo risorse economiche ma creando una propria divisione personale. Chiamò Mario Tchou, un ingegnere italo-cinese che insegnava in America (altro che fuga dei cervelli!), che costituì una giovane squadra di studiosi, tutti sotto i trent’anni, che in una villa del quartiere di Barbaricina, tra Pisa e Marina di Pisa, crearono ELEA, il primo ELaboratore Elettronico Automatico.
Il nome ELEA non era solo un acronimo ma richiamava anche la scuola Eleatica, quella della città della Magna Grecia, nel Cilento, che aveva tra i suoi esponenti Parmenide e Zenone, filosofi che sono alla base della logica e della dialettica del mondo occidentale. La vera genialità di Tchou fu quella di progettare per la prima volta un calcolatore elettronico non più con le valvole ma con i transistor. E ci riuscì con ELEA 9003 (in foto). Un calcolatore capace di fare tre operazioni contemporaneamente, primo esempio di multitasking. Primi al mondo! Prima dell’IBM, prima degli americani. Basta? No. Adriano Olivetti voleva che il nuovo calcolatore non fosse solo funzionante ma anche bello. E allora chiamò l’architetto Ettore Sottsass a disegnarlo
Il calcolatore elettronico ELEA 9003 non solo fu una rivoluzione nel campo dell’informatica ma fu un oggetto di design che valse all’Olivetti premi e riconoscimenti. Il primo mainframe – un computer di dimensioni enormi, grande quanto una stanza – a misura d’uomo con quelle che saranno in seguito le caratteristiche dei personal computer: il display (il video) e il pannello dei comandi (la tastiera). Ne furono venduti una quarantina alla “modica” cifra di 500 milioni di lire l’uno, a clienti come la Fiat, la Marzotto, il Monte dei Paschi di Siena. Nuove prospettive si stavano aprendo per un mercato in cui l’Italia avrebbe potuto dire la sua.
Ma nel 1960 Adriano Olivetti morì per un misterioso infarto mentre tornava dalla Svizzera in treno. Nel 1961 in uno strano incidente stradale morì anche Mario Tchou. Qualcuno ha ipotizzato che dietro queste morti improvvise ci fosse un complotto per bloccare le ricerche e i risultati di questi due uomini eccezionali. L’unico fatto certo è che si infranse per sempre il sogno di un uomo che aveva dentro di sé solo il futuro. La morte di Olivetti però non fermò completamente la capacità di innovare e realizzare nuove idee e prodotti in ambito informatico nell’azienda. Nel 1964 la divisione elettronica della Olivetti fu venduta alla multinazionale americana General Electric. Questa piccola divisione dell’Olivetti fu un buon investimento per la società americana ma bloccò per sempre la speranza di avere un piano industriale internazionale in ambito informatico per l’Italia.
Il fisico Federico Faggin è uno dei tanti che ha cominciato la sua carriera negli anni ’60 lavorando proprio sui calcolatori elettronici per l’Olivetti. Nel 1974 presso l’Intel, la stessa azienda americana che poi ha sviluppato la tecnologia Pentium, Faggin inventò il primo microprocessore: l’INTEL 4004. Senza questa invenzione, senza Faggin (e senza Adriano Olivetti), oggi non potremmo stare comodi sul divano di casa a fare acquisti on line e a guardare il meteo per sapere che tempo farà domani. Un altro importante traguardo dopo la morte di Olivetti fu la realizzazione della Programma 101 (in foto), detta la perottina, dal nome del suo ideatore, l’ingegnere Pier Giorgio Perotti. Da molti considerato il primo personal computer al mondo, fu presentata nel 1965 alla grande esposizione per prodotti per ufficio, il BEMA di New York. Ebbe un successo pazzesco e ne furono vendute 44 mila esemplari. Disegnata dall’architetto Mario Bellini, dalla forma avveniristica, dotata di un linguaggio di programmazione, una memoria interna, un sistema di backup dei dati e una memoria esterna basata su scheda informatica, è stato di fatto il primo computer di massa. Primi al mondo!
Ancora oggi Adriano Olivetti è considerato l’imprenditore italiano più innovativo di sempre e molti imprenditori lo prendono a modello.
Testo di Simone Terreni e illustrazione di Francesco Fagnani da “Dai segnali di fumo ai social”, Librì progetti Educativi.