Sabina Minuto insegnante all’Ipsia di Savona, spiega, passo dopo passo, come ha usato l’albo illustrato “L’albero di Anne”per parlare di Shoah
Le cose di Anna sono le cose rimaste nell’alloggio segreto di Anna Frank. Sono loro, grazie all’albo illustrato ”L’albero di Anne” che abbiamo usato come strumento, a parlare nei testi dei miei studenti. Questo approccio antico (prosopopea) è nato da un’occasione speciale ed è legato ad un compito autentico: scrivere per il concorso associazione ANED 2018. Avevamo un tema: il ritorno. Siamo una classe difficile con molti extracomunitari, ragazzi in stato di abbandono con enormi problematiche familiari, molti non parlanti la nostra lingua. Abbiamo accettato la sfida anche dopo molte perplessità e ritrosie. “Roba da liceo” dicevano i ragazzi. Invece anche all’istituto professionale il laboratorio di scrittura e lettura (WRW) ha fatto la sua piccola differenza.
Step 1: immersione in un albo
Abbiamo iniziato leggendo ad alta voce e proiettando le immagini di ”L’albero di Anne” (Orecchio Acerbo, 2013). Io credo molto in questo approccio anche in una prima superiore. Immagini e parole aumentano la potenza della storia con l’effetto che Munari chiamava “ridondanza.” Ci sono ragazzi che non si sono mai avvicinati a un libro e ne diffidano, non altrettanto delle figure. Le due parti poi si compendiano a vicenda aumentando una il significato dell’altra. Ho preferito lasciare prima ai ragazzi la possibilità del confronto orale sul testo. La pratica del thinking talking era già abbastanza nota dalle sessioni di laboratorio precedenti. Ho voluto concentrare l’attenzione poi sui punti di vista espressi dalle immagini, in particolare quello dell’albero. Abbiamo quindi lavorato sul rapporto tra immagini e parole. In questa lettura i ragazzi si concentrano sulle immagini, in particolare quelle che li hanno colpiti o quelle che ricordano meglio. Ognuno ha scelto una tavola specifica per evidenziare la sua particolarità sul taccuino.
Come funziona? Viene scelta una immagine corredata dal testo e di questa si fa un’analisi delle interazioni testo / immagine. Le opzioni possibili sono tre. Immagine e testo sono corrispondenti (simmetriche) e forniscono gli stessi elementi di lettura. Immagine e testo sono contraddittori , non corrispondono: l’immagine suggerisce una interpretazione mentre il testo fornisce dati differenti. Immagine e testo hanno una interazione potenziata: le immagini aggiungono qualcosa al testo. In tutti i casi occorre spiegare perché e cosa.
Ognuno dei ragazzi ha scelto una tavola specifica per evidenziare la sua particolarità sul taccuino
Step 2: lettura ad alta voce
Il diario di Anna Frank è universalmente conosciuto, ma non universalmente letto. Vi stupireste nel sapere quante notizie inesatte i ragazzi hanno portato nel brainstorming iniziale. Ho scelto io i brani dall’ultima edizione aggiornata e li ho letti nelle sedute di laboratorio, ad alta voce. La scelta è caduta su quelli in cui era più facile evidenziare un oggetto della vita di Anne, nei due anni in cui fu nascosta nell’alloggio segreto. Alla fine della lettura i ragazzi annotavano sul taccuino/quaderno impressioni, domande, connessioni.
Step 3: vedere per ricordare e per capire, visita virtuale all’alloggio segreto
Non si scrive se non di ciò che si conosce, in qualche modo. O che si potrebbe conoscere. Così con la visita virtuale alla casa al 263 di Prinsengracht siamo entrati nella vita vera di Anna. I ragazzi avevano davanti un graphic organizer creato da me da completare, come attività di prescrittura. L’attività è stata ripetuta due volte. Abbiamo usato i sottotitoli in inglese per i ragazzi non madrelingua. Volevo evitare l’effetto “ non sono capace” da sostituirsi con la affermazione mia “ copiare fa crescere e imparare” e ho consegnato loro un testo guida. È bello che i ragazzi copino dalle mie parole o da quelle di altri. Acquisiscono stimoli e tecniche e si rafforzano come scrittori.
È bello che i ragazzi copino dalle mie parole o da quelle di altri. Acquisiscono stimoli e tecniche e si rafforzano come scrittori
Step 4: sedute di laboratorio ovvero il rischio di rinunciare
Ho rischiato di gettare la spugna, è vero. Fare laboratorio di scrittura in una prima superiore professionale come la mia non è proprio una passeggiata di salute. La cosa più difficile da ottenere è la continuità nel laboratorio. Manca sempre qualcosa a qualcuno. I pezzi si perdono, sembra di costruire sulla sabbia, ogni volta daccapo. Ma poi vedendo gli sforzi di alcuni ho deciso di resistere. Alla fine ho optato per poche mini lezioni (mini lesson), ma decisive. “Mostra non dire” “Semi non cocomeri” “Punto di vista” “Dettagli sensoriali”. Una vera faticaccia. La svolta è stata la condivisione dei risultati ogni volta. I ragazzi nel sentire le storie elaborate dai compagni si stimolavano a vicenda, una condivisione naturale perché si stava sviluppando nel contempo una comunità di lettori e scrittori. Le lezioni annotate sul quaderno spesso però sparivano fra l’immenso mare di fogli che naviga nelle loro cartelle o sotto i banchi. Per questo i chart, cioè i grandi disegni che conservo nel mio quadernone per illustrare le lezioni, sono stati fondamentali. I ragazzi li fotografano con il cellulare e il quaderno è sempre sulla cattedra. Hanno scritto in sedute di 35/40 minuti per circa due volte alla settimana. L’intero percorso è durato circa un mese e mezzo. Durante le ore di laboratorio ho lasciato il diario e l’albo illustrato in consultazione sulla cattedra e molti, specie i ragazzi stranieri, hanno usato l’albo per ispirarsi e trovare idee. Alcuni rileggevano passi già letti per approfondire intuizioni di scrittura. Ho fissato infine un termine per la consegna. I miei studenti non sono proprio la precisione personificata. Ho dovuto insistere per ottenere per tempo quello che avevano scritto e consegnato. Ma credo ne sia valsa la pena.
Step 5: valutare tramite la metacognizione
Per la consegna ho anche voluto che rispondessero ad alcune domande guida. A mio avviso avviare in questo modo una riflessione sul processo di scrittura è facile e anche molto importante. Alcuni hanno risposto alle domande singole. Altri invece hanno preferito stendere un testo unico e completo. Per quanto in certi casi svolta in fretta, per i miei studenti avviare una riflessione simile è stato un grande risultato e per me una grande soddisfazione .
Step 6 : la valutazione che nutre (Tom Romano)
Alla scuola superiore di secondo grado il tempo di lavoro è veramente breve. Dunque cerco di utilizzarlo massimizzando i risultati. Il mio processo valutativo è complesso ed è sempre condiviso con i ragazzi. Prima dell’inizio del lavoro condividiamo alcuni punti essenziali che riteniamo importanti. in questo caso erano i seguenti. Avrei valutato per il contenuto la presenza o meno di questi punti chiave ● Descrizione oggetto con i 5 sensi ● Ricordo (inventato) piccolo ricordo ● Punto di vista dell’oggetto ● Domande su quello che le è successo ● Riferimento a qualcosa della sua storia. Inoltre avrei valutato per la parte formale la costruzione delle frasi con verbi che concordano tra loro e una iniziale attenzione alla punteggiatura. (Sto lavorando sulle frasi brevi).
In questa classe prima non valuto mai l’ortografia: ci sono troppi alunni DSA, immigrati e non parlanti italiano. Per ora non è ancora uno dei miei obiettivi principali. La maggior parte della valutazione in realtà è stata svolta tramite le consulenze individuali di scrittura. Durante lo svolgimento di queste ho sempre annotato cosa e a chi davo determinati consigli di scrittura. In questo lavoro utilissimo mi ha sempre coadiuvato il collega di sostegno con cui ci siamo divisi gli incarichi. Una collaborazione per me di grande utilità e soddisfazione reciproca. Confrontare con il collega opinioni sul percorso dei ragazzi e sul loro processo di scrittura mi aiuta molto a crescere come docente e anche a condividere la fatica della gestione disciplinare spesso molto, molto complessa.
C’è stato anche un alunno, ripetente come molti, arrivato da noi a settembre senza alcuna autostima e senza volontà di mettersi in gioco. Parla pochissimo, in una classe di grandi urla e schiamazzi, mi guarda da lontano e annota sul quaderno (è uno dei pochi che ne ha uno). Ecco, lui non voleva scrivere in nessun modo, non voleva partecipare al concorso, ha sempre negato il suo interesse perfino affermando che il premio a lui non interessava minimamente perché anche avesse vinto non avrebbe voluto partecipare (il premio consisteva in un viaggio studio di 3 giorni nei luoghi della Shoah). Alla fine ha scritto anche lui e ha deciso di partecipare (quindi di portare l’autorizzazione firmata dai genitori) in cambio della mia promessa che se vincesse, andrei io o un altro compagno al suo posto. Scrive e anche bene a mio avviso. Ha solo una enorme paura che qualcuno gli dica di nuovo che non vale nulla. Scrivere è sempre svelarsi e mettersi in gioco, a maggior ragione nel caso di un concorso come questo. Molti miei alunni non sopporterebbero un nuovo fallimento e quindi non vogliono lavorare per non esporsi. Ma anche lui, alla fine,ha provato e si è convinto a fidarsi avendo compreso che io non ero lì per giudicare ma per dare a ciascuno un’opportunità di crescita e di riflessione importante.
Scrivere è sempre svelarsi e mettersi in gioco
Considerazioni finali
Hanno scritto tutti. Cosa posso volere di più dai miei studenti? Quando il primo giorno in cerchio abbiamo letto l’albo illustrato, po rivisto in filmato alla lim le mie aspettative erano in forse. Temevo le reazioni dei ragazzi e anche di non saper gestire il pecorso nel suo complesso. Invece sono stata smentita, a riprova che se si lascia fiducia nelle possibilità di scrittura di ognuno accompagnandoli in un percorso e non limitandosi a giudicare un prodotto, anche in una prima professionale qualcosa di buono può venir fuori. Ultima considerazione: è sicuramente vincente nella scuola di secondo grado unire scrittura e lettura. Le ore esigue a disposizione non permettono perdite di tempo. Unire le due attività ha, oltre che una potente logica didattica, anche quindi una indispensabile funzione di efficienza nella gestione dei percorsi.
(I ragazzi poi il concorso lo hanno vinto, in sette. E il viaggio nei luoghi della Memoria lo hanno fatto davvero).
Alcuni testi scritti dai ragazzi si possono leggere qui: Se le cose di Anne potessero parlare…