Cosa vuol dire insegnare a vedere? E quanto è importante per un’educazione artistica che non si limiti alla nozionistica?
Abbiamo già parlato di come spesso l’educazione artistica venga sottovalutata nel sistema scolastico italiano (ma succede anche in molti altri paesi). Il rischio è quello di trasformare una vera educazione artistica in un importante ma limitato studio della storia dell’arte. Giuseppe Di Napoli in un bellissimo articolo su Doppiozero prova a spiegarlo. Di Napoli è autore e professore, insegna all’Accademia di Belle Arti di Brera e all’Istituto Europeo del Design di Milano.
Il professore ci dice come la vista è un senso che diamo per scontato, non lo consideriamo qualcosa da poter educare. Dire “imparare a vedere” ci sembra un’assurdità. Ma avere gli occhi non implica il saperli usare nel migliore dei modi, né che si sappia vedere in base a esigenze diverse, come possono essere quelle di un grafico, un architetto, o un designer.
È fondamentale re-imparare a vedere, parafrasando Paul Valéry, c’è differenza fra vedere una cosa con e senza una matita in mano. La vista di un oggetto cambia se intendiamo riprodurlo. Un oggetto comune che vediamo molte volte al giorno tende a sintetizzarsi nelle informazioni che ci servono, che forma ha, che dimensioni, quanto può essere pesante; informazioni che diventano meno importanti se si vuole disegnarlo. Per disegnarlo serve uno sguardo “alieno”, come se non si fosse mai visto quell’oggetto.
Abbiamo forse perso di vista questa esigenza, specialmente per chi si occupa di gestire amministrativamente l’educazione artistica. Ma così rischiamo di perdere una parte importante dell’educazione. La vista è un senso estremamente stimolato nella nostra società, eppure non insegniamo a dovere i nostri alunni a saper vedere. E lo faremo sempre meno probabilmente.
Studiare la visione e la sua importanza ci porta a prendere consapevolezza del fatto che l’occhio non vede tutto quello che ha davanti ma solo ciò che è necessario. Seleziona, focalizza e restituisce l’aspetto essenziale di ciò che ci circonda in base a quello che ci serve in un dato momento. Siamo portati a credere che il visibile corrisponda al mondo e viceversa, ma i nostri occhi non vedono tutto ciò che è visibile. Non siamo certo degli scanner.
È quindi importante, dice Di Napoli, non dimenticarsi dell’invisibile, quando tracciamo tre punti non allineati nello spazio vediamo un triangolo, anche se non c’è. Quello che vediamo è un triangolo invisibile. Un piccolo omaggio al grande Bruno Monari che ci mostra quante infinite figure possiamo disegnare con lo sguardo tracciando linee invisibili che collegano punti disposti casualmente su un foglio.
I punti sono gli stessi, possiamo creare infinite figure del tutto invisibili. Questo disegno dell’invisibile è fondamentale nel mondo odierno della comunicazione visiva. Quanti dei nostri studenti sarebbero preparati ad un esercizio di questo tipo? Quanti sarebbero colti alla sprovvista?
Eppure il disegno è da sempre il modo più sintetico ed efficace per trasmettere dimensioni e idee che appartengono a tutti i rami del sapere. Una consapevolezza nota a tutti i grandi artisti, ma che sembra stia svanendo nella nostra epoca, o almeno nella sua componente scolastica.
“Mi metto a volte a pensare e ad immaginare, finché trovo che tra gli uomini non esiste più di una sola arte o scienza e questa è il disegnare. Dopo aver stimato tutto ciò che si fa in questa vita, troverete che ognuno sta, senza saperlo, disegnando questo mondo.”
Michelangelo
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Foto di copertina by Nadine Shaabana su Unsplash