Il metodo Feuerstein per essere applicato nella sua interezza necessità di corsi strutturati e di una abilitazione precisa, ma ci sono alcuni punti che possono essere messi in pratica nella quotidianità didattica, o meglio nella quotidianità degli apprendimenti
Il metodo Feuerstein nasce dopo la 2ª guerra mondiale grazie allo psicologo Reuven Feuerstein (in foto) il quale ha come caposaldo di tutta la sua teoria l’idea che “chiunque possa imparare grazie a una modificabilità cognitiva”. Questa definizione non vuole essere buonista ma vuole diventare un’ attenzione particolare a quanto possiamo vedere negli studenti, quanto vediamo la loro capacità di crescere tenendo conto dei loro limiti. Ed è qui che si inserisce la figura del “mediatore”, una persona che media le proprie conoscenze per coloro che devono imparare, che devono metterle in pratica, generalizzarle. Secondo il metodo Feuerstein l’insegnante diventa mediatore fra il suo sapere, l’ambiente esterno e il mondo interno, strutturato e modificabile, dell’alunno.
Secondo il metodo Feuerstein l’insegnante diventa mediatore fra il suo sapere, l’ambiente esterno e il mondo interno, strutturato e modificabile, dell’alunno
“Questo lo devi sapere!… Ragazzi non potete non sapere questo concetto!… la sai la lezione?…la risposta o la sai o non la sai!” quante volte abbiamo sentito e detto questa frasi sul sapere, ma le abbiamo mai rivolte a noi stessi come insegnanti, come educatori? Spesso la risposta è no. Non è che svolgiamo male il nostro lavoro ma volte non ci prendiamo il tempo per essere mediatori della nostra conoscenza; abbiamo studiato e spesso continuiamo a farlo, ma a volte ci sentiamo non capiti dai nostri studenti. Li vediamo guardare altrove in classe, a volte hanno lo sguardo assente, a volte sono proprio fisicamente assenti, altre volte ci rinfacciano che le cose che spieghiamo non servono nella vita di tutti i giorni e a volte per come spieghiamo quelle cose pare anche a noi che sia così.
Per rendere il “sapere” accessibile non dobbiamo diventare degli erogatori automatici di conoscenza ma dobbiamo diventare “mediatori”.
Mi è sempre piaciuta questa parola anche se fino a prima di conoscere il metodo Feuerstein mi sembrava una parola difficile, complessa, poco realizzabile, ma la mediazione educativa non è un “cedere” è un aiutare a realizzare.
la mediazione educativa non è un “cedere”, è un aiutare a realizzare
Ma come possiamo essere mediatori? Partendo da noi! Partendo da ciò che è il nostro “sapere” e trovare il punto di incontro fra il nostro sapere e quello dei bambini e ragazzi che abbiamo davanti. Non dando risposte certe, esatte, sicure e immediate, ma mettendo dei segnali stradali che indichino una via da percorrere e che vedano il ragazzo capace di scegliere la via più adatta a lui; poco importante se prende una strada più lunga o che noi non avevamo pensato, se l’obiettivo viene raggiunto avremo scoperto qualcosa di lui che spesso nemmeno lui conosce.
Occorre essere mediatore per gli alunni, bambini o adulti che siano, verso la scoperta di una mappa immaginaria che conceda a loro di poter ripercorrere quella via anche in un altro momento, non solo scolastico ma nella loro vita.
Il nostro sapere non è solo legato al nostro studio ma anche alle conoscenze che abbiamo appreso sul campo, a volte anche scontrandoci con i nostri limiti, con le difficoltà; allora il punto è: quando io adulto imparo… Cosa voglio sapere? Come voglio imparare? Come ho imparato in passato? Che studente ero? Cosa collega la mia lezione con la realtà di questi ragazzi? …che mediatore voglio essere? Quante strade conosco per arrivare a una soluzione? Sono pronto a scoprirne di nuove?
Nei prossimi articoli si parlerà di:
2. Obiettivi media-Ti: io come mediatore degli obiettivi didattici che mi pongo, quanto riesco a valutarmi anche in corso d’opera, come posso essere mediatore di un obiettivo da raggiungere?
3. Mediare: tutti devono centrare l’obiettivo: come mediare l’intera classe senza perdere nessuno.
4. Lettura mediata: come essere mediatori di storie ed emozioni durante la lettura di un libro o di un racconto in classe
5. Strategie di apprendimento: come mediare l’apprendimento di una strategia ( ad esempio risolvere un problema…)
6. Mediare un immagine: come condurre ( e non trasportare!) i bambini e i ragazzi all’interno delle immagini di un albo, un dipinto o un immagine su un libro di storia
7. Mediare i comportamenti: guidare i bambini e ragazzi al riconoscimento dei loro comportamenti
8. Fare un passo indietro… mediare i pre-requisiti: cosa devo dare per scontato e come faccio a capire ciò che davvero il mio alunno conosce già
9. Mediare obiettivi trasversali: capire cosa è davvero importante per quella classe e come mediare la lezione.
10. Mediatori con la disabilità: mediare nei casi di handicap o disagio
Serena Neri è una professionista che offre interventi di potenziamento dell’apprendimento, training abilità sociali, interventi comportamentali e di psicoeducazione, riabilitazione cognitiva e tutor esperta nei processi di apprendimento.
Credits foto: Giacomo Agnello Modica da “Il bimboleone e altri bambini”, Edizioni Corsare