La perfezione del cerchio e la misura del pi-greco: dal sommo poeta Dante a… ChatGPT!
Il pi-greco è stato a volte presentato come un simbolo di conoscenze irraggiungibili. Un notevole esempio di questo atteggiamento è nell’ultimo canto del Paradiso di Dante:
Qual è ’l geomètra che tutto s’affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond’elli indige
Il pensiero del poeta emerge anche da un altro passaggio della stessa cantica:
Parmènide, Melisso, e Brisso, e molti,
li quali andavano e non sapean dove
sì fé Sabellio e Arrio e quelli stolti
La tradizione ci dice che Brisone di Eraclea (=Brisso) contribuì al metodo per misurare il cerchio, assieme al suo predecessore Antifonte, ad Eudosso di Cnido e ad Archimede di Siracusa. Se oggi si usa il termine “pi-greco” è perché si tratta di una quantità che venne concettualizzata e capita proprio da quella civiltà.
La procedura per il calcolo è descritta in un trattato di Archimede di cui disponiamo ancora. Quel metodo, spesso presentato a scuola, prevede l’uso di due serie di poligoni regolari: quelli che contengono il cerchio e che sono più piccoli possibile; quelli contenuti nel cerchio e che sono più grandi possibile. Partendo da un triangolo equilatero e raddoppiando di volta in volta il numero di lati dei poligoni (prima 6, poi 12 nella figura) ci si avvicina sempre più all’obiettivo.
Misurare il cerchio, o calcolare il pi-greco, diventa dunque questione di pazienza.
Apparentemente, Dante rifiuta l’idea che tale procedura sia conoscenza acquisita. Ne fa un problema di principio: non è giusto credere che l’uomo, dotato solo di capacità finite, possa comprendere la perfezione del cerchio, proclamata sin dal tempo dei pitagorici e irrinunciabile baluardo del pensiero astronomico medievale. Brisone e gli altri son fuori strada, tant’è che il padre della lingua li paragona a due eretici, Ario e Sabellio. Per Dante il pi-greco non è tanto un numero quanto una metafora dei limiti dell’uomo.
L’opinione di un moderno oracolo
Il mio contributo alla celebrazione del pi-day sarebbe finito; ma siccome siamo nel 2023, l’amico Livio Rossani ha ben pensato di sentire anche un’altra campana, quella di ChatGPT, il sistema di conversazione automatica oggi più in auge. Alla domanda: “Cosa scriveva Dante Alighieri sui matematici greci che cercavano la quadratura del cerchio?” ecco la risposta ricevuta:
Dante Alighieri, nel suo Inferno della Divina Commedia, descrive i matematici greci che cercavano la quadratura del cerchio come “coloro che cercano ciò che non può essere trovato”. Egli li colloca nel nono cerchio dell’Inferno, dove sono puniti per l’eccessiva curiosità, che viene vista come un peccato. Questa descrizione di Dante rappresenta l’idea che la scienza e la conoscenza umana abbiano limiti e che certe cose non possono essere comprese o risolte. Inoltre, sottolinea l’importanza di concentrarsi su ciò che è importante e di non perdere di vista l’equilibrio e la moderazione nella ricerca della conoscenza.
Mica male! Al netto di qualche ripetizione, questo brano è incisivo e ben congegnato. Forse è un po’ didascalico ma non pedante; non mi stupirei di trovarlo citato su qualche social. Il virgolettato e la storia del nono cerchio colpiscono l’immaginazione di chi non avesse il tempo di rileggere cosa ha scritto davvero Dante, ma sono due panzane, anche se non del tutto infondate. Mi hanno rammentato un principio di cui mi parlò un collega di Tokyo:
Mentire è il primo passo per diventare intelligenti.
Verrebbe quasi voglia di continuare a ragionare su ChatGPT, ma siccome lo si fa autorevolmente altrove e non vorrei andare fuori tema proprio adesso, preferisco chiuderla qui. Credo che ci aspettino tempi interessanti. Grazie ai lettori per l’attenzione.
Riferimenti
La pagina di Wikipedia può servire da punto di partenza per approfondimenti su ChatGPT, ma è ragionevole aspettarsi che il sistema non potrà che evolversi ulteriormente. Si noti che, già adesso, cambiando anche di poco la domanda, la risposta può cambiare molto.
- Nel romanzo Dante e la matematica, edizioni Giunti (2011) di Bruno D’Amore, l’autore 1) suggerisce che Dante rispettasse Brisone, siccome lo mette in compagnia di Parmenide e Melisso; 2) fa dire al sommo poeta che “Chiunque abbia un minimo di cultura sa bene che la quadratura del cerchio è possibilissima”.
- In Monarchia III, III, 2 si legge “il geometra non trova la quadratura del circolo” e in Convivio II, XIII, 27 “lo cerchio per lo suo arco è impossibile a quadrare perfettamente” (https://danteonline.it/opere/).
- Si noti che esistono procedure matematiche babilonesi che permettono di ottenere stime sempre più accurate delle radici quadrate anche se non terminano mai, e in questo somigliano alla procedura sopra descritta per calcolare pi-greco. Hanno almeno 3500 anni fa e con tutta probabilità erano note ai greci.
- Per ulteriori annotazioni, rimando ai miei Quaderni di Cultura Scientifica, accessibili pubblicamente da:
https://fondazionemargheritahack.it/edizioni/quaderni-di-cultura-scientifica.html
Nel capitolo del quaderno si descrive meglio la suddetta procedura per calcolare il pi-greco; nel 14° capitolo del 5° quaderno si raccolgono osservazioni sulla relazione tra Dante ed i pensatori dell’antichità.