Dato che l’importante notte degli Oscar si avvicina, vi parliamo di “Le pupille” un bel film che merita la sua candidatura
Non so se vincerà l’Oscar come miglior cortometraggio – questo bellissimo “Le pupille” – di Alice Rohrwacher. Sicuramente, per quel nulla che conta, farò personalmente un tifo da stadio (di quelli belli, di quelli veri, di quelli da paese di un tempo), perché regista e film lo meriterebbero senza dubbio alcuno.
Chi è la regista
Alice Rohrwacher esordì nel lungometraggio già nel 2011 (e di anni ne aveva solo trenta), con un film di grande intelligenza e bellezza come Corpo celeste, nel quale dimostrava di saper trattare con delicatezza e profondità temi impegnativi come la religione, l’adolescenza, il mutar dei corpi femminili.
Dopo altri due film come Le meraviglie (20124) e Lazzaro felice (2018), oggi un regista famoso e pluripremiato come Alfonso Cuaròn la nota e ne apprezza il lavoro, sostenendola per la produzione di un corto reso disponibile da una corazzata della distribuzione come la piattaforma Disney+.
Parliamo del film…senza fare spoiler
Ispirandosi ad una lettera scritta da Elsa Morante a Goffredo Fofi (la regista dice: “maldestramente”, ma il risultato dell’ispirazione smentisce l’understatement), Alice Rorhwacher mette in scena un piccolo racconto ambientato nell’Italia di provincia ai tempi del fascismo, dove le protagoniste sono le bambine ospitate in un orfanotrofio gestito da suore (la superiora è interpretata da Alba Rohrwacher, sorella della regista).
La vicenda non va raccontata, per non far perdere curiosità e meraviglia. Nei trentasette minuti regalati allo spettatore – che può essere sia un adulto che non ha perso lo sguardo da bambino, sia un bambino o una bambina che non pensano che solo il fracasso luminoso dei supereroismi cinematografici valga l’impegno di una visione – possiamo assaggiare e gustare l’infanzia, il teatro, la musica, la danza, la cecità degli adulti, le storie d’amore reali e quelle immaginarie, l’ossequio ai potenti e lo sberleffo agli stessi: il tutto intorno ad una torta in prossimità del Natale.
Ma c’è anche il cinema e i suoi princìpi psico-fisiologici di base e il cinema di animazione, che non richiede necessariamente iperstrumentazioni tecniche e investimenti multimiliardari, ma può esser reso possibile da un foglio e una matita e un paio di forbici.
Un cast quasi interamente al femminile
Sia per quanto riguarda l’interpretazione, tutto il gruppo delle bambine, con la piccola protagonista Serafina-Melissa Falasconi e una deliziosa e sognante ricca innamorata senza consolazione (Valeria Bruni Tedeschi), oltre alla superiora già citata.
Sia quello tecnico, la fotografia è di Hélène Louvart, il montaggio di Carlotta Cristiani, la scenografia di Emita Frigato e Rachele Meliadò, i costumi di Loredana Buscemi, le acconciature di Daniela Tartari e il trucco di Paola Gattabrusi, il montaggio sonoro di Daniela Bassani e Marzia Cordò, le musiche originali del collettivo di musica elettronica Cleaning Women e le melodie cantate di Norina Liccardo.
Al contrario di quello che dice una frase di un racconto (forse) per l’infanzia, qui l’essenziale è visibilissimo agli occhi (e alle orecchie), perché sia nell’imbastitura del racconto che nella sua trattazione Alice Rohrwacher ha messo tutta la sua grande e rara capacità di essere donna adulta che guarda come se fosse una bambina, non perdendo né il candore (peraltro non ingenuo) della seconda, né la saggezza (certo non supponente) della prima. Com’era – il riferimento forse è scontato, ma in questo caso decisamente congruente – in Francois Truffaut.
E le nostre pupille restano aperte e ammaliate dall’inizio alla fine.
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