Geografia e superamento degli stereotipi

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La geografia è una delle discipline ideali per riflettere sugli stereotipi. Qualche attività pratica per impostare in classe discussioni utili al superamento degli stereotipi e ad ampliare i punti di vista

Insegno in una scuola secondaria di primo grado e in terza, quando ci approcciamo allo studio dei continenti, gli studenti sono molto interessati a conoscere meglio stati come Giappone, Usa o Australia.

Se chiedo loro quali parole associano a tali stati, le risposte solitamente vanno da “divertimento” a “manga”, da “sushi” a “hamburger”, da “ricchezza” a “tecnologia”.

Se chiedo, invece, cosa associano agli stati africani – riconosciuti, perlopiù, come unico grande continente senza distinguerne i territori – le risposte diventano “fame”, “povertà”, “guerre”, “caldo”, fino a  “immigrati” e “terrorismo islamico”.

Come si può notare, molte di queste risposte derivano da veri e propri STEREOTIPI.

I ragazzi non esprimono concetti del tutto sbagliati, ma rappresentano la realtà in modo limitato e racchiudono un intero territorio all’interno di immagini a loro più note.

Nessuno di loro è stato in Africa, e neppure negli altri paesi nominati, però piacciono Giappone, Usa e Australia perché associati a situazioni di svago, benessere e, fondamentalmente, identificati con i rassicuranti standard del mondo occidentale.

Questo può rappresentare un ottimo punto di partenza per riflettere su come superare un certo tipo di immaginario basato su STEREOTIPI, su come ampliare i propri PUNTI DI VISTA e su come accogliere ciò che appare lontano, diverso e poco conosciuto.

Osservare i diversi planisferi

Dal libro Raccontare la geografia della Erickson possiamo ricavare spunti di discussione molto interessanti. Una prima attività può riguardare la presentazione dei differenti continenti attraverso dei planisferi che  pongano gli osservatori in posizione centrale rispetto ai luoghi in cui vivono.

“questo è il planisfero di una scuola in EUROPA”

“questo di una scuola in ASIA”

“Questo di una scuola in AMERICA DEL NORD”

“Questo in una scuola in SUDAFRICA”

Osservando le reazioni dei ragazzi e discutendo su ciò che più li colpisce, si rende evidente, accanto a  sbigottimento e incredulità, la messa in discussione delle iniziali certezze.

La nostra Europa appare piccola e lontana rispetto al punto di osservazione, in qualche caso addirittura capovolta.

I ragionamenti dimostrano che la rappresentazione del mondo è semplicemente organizzata dal nostro sguardo: noi ci poniamo istintivamente al centro della visione, ma nella realtà non lo siamo affatto perché, proprio come una sfera (o una palla), è impossibile stabilire quale sia il centro. 

Lettura di brani e immagini

Dal libro Il pericolo di un’unica storia della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie possiamo leggere alcune passi che fanno riflettere molto bene su stereotipi e inesattezza di posizioni univoche:

“Il problema degli stereotipi non è tanto che sono falsi, ma che sono incompleti. Trasformano una storia in un’unica storia […] Mi irrito  quando ci si riferisce all’Africa come ad un unico paese, ma se tutto quello che avessi saputo dell’Africa mi fosse arrivato da immagini popolari, avrei pensato anch’io all’Africa come a un luogo di splendidi paesaggi, bellissimi animali e persone incomprensibili che combattono guerre insensate, che muoiono di povertà e Aids, incapaci di far sentire la propria voce, in attesa di venire salvati da uno straniero bianco e gentile. Questa unica storia dell’Africa penso che derivi, in definitiva, dalla letteratura occidentale”

Dall’osservazione di questa carta sugli stereotipi del mondo, possiamo notare come l’intero continente africano venga quasi esclusivamente rappresentato con un’unica immagine stereotipata

Osservando anche queste foto, possiamo vedere come dei ragazzi che appartengono all’Associazione studenti africani dell’Itacha College di New York esibiscano messaggi precisi sul loro paese d’origine: 

L’Africa non è un paese

non parlo africano perché l’africano non è una lingua

La domanda su cui far riflettere sarà questa: che significato dare a ciò che abbiamo letto e osservato?

La discussione suscita un certo interesse e ciò che ne emerge è la consapevolezza di quanto sia (e sia stato) facile parlare per stereotipi e raccontare storie incomplete e mettere in evidenza solo una parte della realtà, trascurando moltissimi altri aspetti. 

Ed è proprio sull’importanza delle singole storie che si può incanalare tutto ciò di cui abbiamo discusso.

Dice ancora Chimamanda Ngozi Adichie:

Le storie sono importanti. Molte storie sono importanti. Le storie sono state usate per espropriare e per diffamare. Ma le storie si possono usare anche per dare forza e umanizzare. Le storie  possono spezzare la dignità di un popolo. Ma le storie possono anche riparare quella dignità spezzata.

Ed è proprio il riconoscimento della dignità di tutte le storie, dovuto al superamento di inutili stereotipi, la finalità di questo nostro lavoro.

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Foto copertina di Ali Kazal su Unsplash

Docente di lettere in una scuola secondaria di primo grado della provincia di Arezzo, studio e sperimento variegate metodologie e pratiche di didattica attiva. Gestisco un blog in cui condivido esperienze significative realizzate all’interno delle mie classi.

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