Un progetto dell’architetto Vincent Callebaut disegna una città galleggiante e autosufficiente, stampato con plastiche recuperate dai fondali marini: Aequorea
Aequorea è ancora, naturalmente, un progetto, forse difficilmente realizzabile. Eppure è una denuncia amara legata al fatto che se il riscaldamento globale continua ai ritmi a cui siamo abituati, saremo davvero costretti ad abitare in mare. Aequorea sarebbe una città interamente sviluppata in acqua, autosufficiente da un punto di vista energetico grazie ai pannelli solari che la ricoprono.
Nel modello si contano centinaia di grandi cupole realizzate con una miscela plastica di alghe modellate con stampanti 3d. L’autosufficienza per quanto riguarda il nutrimento sarebbe garantita da cibi provenienti dal mare come alghe, plancton e molluschi prodotti in acquacoltura, ma sono anche presenti delle serre galleggianti che potrebbero fornire una quota di frutta e verdura. La struttura sarebbe anche dotata di meccanismi per resistere al movimento delle maree e per preservare la qualità dell’acqua.
L’idea provocatoria spinge l’attenzione dell’opinione pubblica verso il problema della diminuzione delle risorse naturali e l’inquinamento del mare. Ma è anche un progetto operativo che fornisce spunti e possibili risposte creative all’esigenza di spazi abitativi efficienti e poco inquinanti.
Aequorea fa parte di una nuova corrente di progetti pensati per rispondere a un turbamento sempre maggiore verso la sostenibilità e del rispetto dell’ambiente, ammiccando anche a una certa idea di ricongiungimento alla natura che ha ormai rotto gli argini della sua origine ecologista.
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