Dov’è finito Gianni Rodari?
Insieme a Roberto Padovani scopriamo come Gianni Rodari ha raccontato il geniale espediente di introdurre elementi inaspettati in favole e racconti
In occasione del centenario della nascita di Gianni Rodari è inevitabile ripercorrere alcune delle sue tappe biografiche.
Grammatica della Fantasia
Vorrei portare un breve contributo sui principi della Grammatica della Fantasia: un testo che chiunque abbia a che fare con bambini e giovani ragazzi dovrebbe affrontare. Le intuizioni dell’autore sono esposte in modo concreto e pragmatico, ma allo stesso tempo inquadrate in una cornice teorica rigorosa. Un esempio perfetto di Grammatica & Prassi, piuttosto raro ai giorni nostri.
Un capitolo che mi ha colpito profondamente è quello dedicato al tema della cacca, pupù, popò o merda che dir si voglia. Io l’ho applicato in questo modo con i miei figli, quando potevano avere rispettivamente 3 e 7 anni. Raccontando e leggendo con loro il Libro della Giungla ne ho stravolto alcune vicende. Una è rimasta in modo indelebile nella loro memoria e tuttora, a distanza di oltre cinque anni ritorna a volte con grande passione e divertimento di tutti.
Mowgli è impaurito dalla tigre Shere Khan che lo sta cercando: è in allerta verso tutti i rumori e pericoli della foresta. Sente un fruscio di cespugli e va a vedere cosa potrebbe essere. Spostata un’ultima frasca, si trova davanti alla tigre… che sta facendo la cacca con grande fatica e trasporto. Shere Khan lo guarda e con voce roca gli intima di andarsene: “Non vedi che sto facendo la cacca, vattene. Lasciami in pace. Non mi distrarre.” Ma Mowgli infierisce ulteriormente: “Shere Khan fai una puzza pazzesca. Cos’hai mangiato? Sette topi morti e cinque melanzane fritte? Vergognati e vai a cercare un bagno”. Qui solitamente ho già i figli sbudellati dalle risate e devo attendere che rientrino in loro. La storia può poi arricchirsi di ulteriori dettagli, sempre ad infierire sulla povera tigre che, ricordiamo, è in un momento intimo e delicato: “Mowgli ne parliamo dopo, ora fammi finire. Le tigri non vanno in bagno.” Mowgli chiaramente non molla: “Male, molto male. Siete animali incivili, maleducati. Se non andate in bagno, almeno dovete raccogliere la vostra cacca puzzolente. Che poi, se la pestiamo noi… pensa che schifezza.” Figli a terra dalle risate e ulteriore colpo basso del padre: “Avete in mente la grandezza della cacca di una tigre: una cacca gigantesca, una caccona talmente grande che se la pesti… ci finisci dentro fino al ginocchio”.
Il tema della cacca, che diventerà un grande tabù al crescere delle menti e delle persone, credo abbia a che fare con la puzza e con la repulsione all’odorato: verosimilmente con il disgusto, una delle emozioni primordiali di noi essere umani. Così ho spesso coinvolto i figli in estenuanti gare su altre vicende puzzolenti, ad esempio la gara di puzza dei piedi: con alcuni amici dei miei piccoli quando si partiva con la gara di puzza dei piedi era sempre una grande attesa. Il vincitore con i piedi più puzzolenti di tutti, dall’odore di formaggio ammuffito, acido e vomitevole mostrava sempre un grande orgoglio. Non l’ho mai provato ma sono convinto che i personaggi delle fiabe che raccontiamo ai bimbi parteciperebbero con grandi prestazioni a una gara di puzza di piedi. Va segnalato che Gianni Rodari sperimentava e proponeva queste tecniche anche con gruppi più ampi di bambini, in particolare nei contesti scolastici, con esiti di grande partecipazione e divertimento: dimensioni centrali nei processi di apprendimento attivo.
Elementi inaspettati
L’introduzione di elementi inaspettati nelle fiabe e nei racconti è un espediente geniale che Rodari per primo ha cercato di sistematizzare. Quando l’elemento introdotto ha a che fare con un tabù, come appunto il tema della cacca, è molto interessante la sintonia emotiva che si va a creare in modo spontaneo tra l’educatore adulto e il bambino. Si tratta di una grande opportunità per il genitore/educatore perché canalizza molteplici dimensioni dello sviluppo: focalizza l’attenzione su un evento inaspettato, lo condivide con un’altra persona, stimola il processo creativo e permette di costruire un momento di condivisione affettiva piuttosto intimo e unico. L’integrazione di queste componenti contribuisce a creare una traccia di memoria incredibilmente potente, perché legata ad un’esperienza di emozionalità positiva intensa, inaspettata e connessa a sensazioni somatiche e percettive.
La complicità che si crea tra adulto e bambino nell’affrontare un tema tabù può diventare un incredibile trampolino di lancio per aprire i canali della comunicazione. Un elemento certamente indispensabile e protettivo nella relazione affettiva ed educativa verso i nostri piccoli cittadini.
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Insegnare la grammatica: metodo implicito o esplicito?
Alcune domande sull’apprendimento implicito ed esplicito della grammatica, nella scuola primaria: esploriamone i vantaggi e gli svantaggi insieme a Roberto Padovani.
Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione (2012) si cita un’interessante distinzione relativa all’insegnamento della grammatica nella scuola primaria: insegnamento implicito vs. esplicito.
Apprendimento implicito
Nell’apprendimento implicito della grammatica, il bambino impara la corretta formulazione delle frasi semplicemente parlando e ascoltando la comunità circostante. Attraverso meccanismi cognitivi automatici e inconsapevoli, “estrae” le regole sintattiche e le applica per approssimazioni via via più precise al proprio modo di parlare.
Tutto questo senza avere la conoscenza consapevole dei concetti tipici dell’analisi grammaticale e logica (ad esempio, soggetto, verbo, predicato nominale e verbale). Così i bambini in età prescolare imparano la sintassi della loro lingua madre e allo stesso modo la maggioranza delle persone impara a parlare altre lingue in età adulta.
Apprendimento esplicito
Diversamente da ciò, l’insegnamento esplicito della grammatica pone il bambino davanti a una forma di conoscenza complessa e metacognitiva. Cioè per la quale serve ampia riflessione consapevole.
Si tratta in sostanza degli apprendimenti scolastici legati tipicamente all’analisi grammaticale e logica, con uso di una terminologia tecnica specifica che va memorizzata e applicata alle competenze implicite di uso della lingua.
Le domande che dovremmo porci sulla base di questa distinzione sono plurime e vorremmo affrontarle direttamente. Quale correlazione esiste tra apprendimento implicito ed esplicito della grammatica? Quale bilanciamento dovremmo avere nel presentare la grammatica a scuola a seconda della classe di appartenenza?
La grammatica esplicita, certamente complessa e articolata, quando deve essere introdotta? Abbiamo strumenti validi per l’insegnamento di entrambe le “materie”?
Quale correlazione esiste tra apprendimento implicito ed esplicito della grammatica?
Difficile dare risposte definitive. È certo che la conoscenza esplicita della grammatica rappresenta una delle forme più alte di rappresentazione della lingua. Proprio per questo motivo, per poter avvenire con successo, necessita di ampia dimestichezza con l’uso regolare delle strutture morfo-sintattiche in esame. Ragionare esplicitamente su una frase di questo tipo “vorrei che il latte fosse più caldo” è utile solamente se l’alunno è in grado di usare strutture analoghe nel suo linguaggio quotidiano. Se manca la conoscenza implicita della struttura, non potrà esserci apprendimento esplicito.
In alternativa potrebbe avvenire un apprendimento meccanico e decontestualizzato: appreso solo con grande sforzo, di difficile elaborazione in termini di ragionamento attivo, di rapido oblio.
Quale bilanciamento dovremmo avere nel presentare la grammatica a scuola a seconda della classe di appartenenza?
Dato il punto precedente, conseguono svariati ragionamenti. L’insegnamento implicito dovrebbe anticipare sempre quello esplicito delle regole e strutture sintattiche. Non esiste una classe specifica in cui presentare per tutti gli alunni le regole e le terminologie della grammatica esplicita.
Questo perché gli alunni presentano grandi variabilità di competenza linguistica, tanto nello sviluppo tipico, quanto in specifiche condizioni di difficoltà (ad esempio, bilinguismo consecutivo, disturbi del neurosviluppo).
Anticipare la presentazione delle regole esplicite della grammatica è di grande svantaggio per una quota significativa della popolazione scolastica e non è chiaro se sia di aiuto per i bambini a sviluppo tipico. Andrebbe certamente potenziata la didattica di tipo implicito e ritardata il più possibile l’introduzione della riflessione meta-linguistica.
Va infatti tenuto in considerazione che lo sviluppo del linguaggio del bambino, specialmente l’elaborazione delle strutture sintattiche complesse, procede durante tutta l’età scolare. È quindi lecito domandarsi se, nella scuola primaria, abbia senso o meno insistere sull’analisi logica e grammaticale.
A mio avviso certamente NO: fino ai 10/11 anni andrebbe ampiamente stimolata la capacità implicita di elaborazione della sintassi e della grammatica, sia orale che scritta.
Abbiamo strumenti validi per l’insegnamento della grammatica implicita ed esplicita?
La grammatica esplicita vive nelle pratiche didattiche della scuola: analisi grammaticale, analisi logica, declinazione dei tempi verbali. Indipendentemente dalla creatività del docente, questi insegnamenti insistono su una serie di abilità linguistiche e cognitive mature, integre e performanti.
La grammatica implicita vive invece nel linguaggio quotidiano, orale e scritto. Può essere potenziata e presentata in varie forme e modi, di cui è utile dare alcuni suggerimenti che possono essere certamente ampliati e modellati dallo stile didattico di ciascun operatore di scuola primaria:
- Distinguere e riconoscere frasi corrette da frasi scorrette. Ad esempio, “Piero disse a Maria di voler giocare con lei” vs. “Piero dice a Maria che ci vuole giocare insieme”. Anche introducendo le classiche concordanze dei tempi verbali: “Se io avessi i soldi, oggi andrei al cinema” vs. “Se io avessi i soldi, oggi vado al cinema”. Insegnare al sistema cognitivo la giusta forma sintattica permette al bambino un allenamento implicito delle regole sottostanti.
- Abbinare la frase al disegno corretto, presentando strutture ad alta complessità sintattica (“Il bambino che il nonno tiene per mano ha il berretto blu”, “Solo alcuni pezzi di formaggio sono mangiati dai topi”). Le frasi relative e l’uso dei quantificatori sono esempi di forme sintattiche complesse che allenano anche i processi di comprensione del testo, in assenza di brani eccessivamente lunghi.
- Potenziamento delle forme narrative. Trasformazione “dal discorso diretto a indiretto” e “dalla forma passiva a quella attiva” e viceversa. Descrizione di una serie di figure con una frase semplice Soggetto – Verbo – Oggetto (“la bambina prende la palla”) oppure con un’espansione subordinata (“la bambina prende la palla per giocare con le amiche”).
- Descrizione di figure con frasi semplici oppure con frasi sintatticamente più complesse. Abituare i bambini all’idea che lo stesso concetto può essere espresso in diverse forme è di grande aiuto ai processi maturativi linguistici, cognitivi e di ragionamento.
Tutti questi esempi di attività permettono l’allenamento dei processi linguistici, anche complessi, orientando il bambino di scuola primaria a trasformare il linguaggio orale nel linguaggio scritto con operazioni di ampliamento e modellamento delle forme narrative.
Abbandonare nella scuola primaria le attività di grammatica esplicita porterebbe ad uno sforzo culturale verso attività di potenziamento linguistico e cognitivo di grande aiuto per tutti.
Per i bambini con svantaggi e fragilità linguistiche e cognitive si tratterebbe di attività di potenziamento più ecologiche e semplici.
Per i bambini a sviluppo tipico sarebbe una grande opportunità di lavorare sulle trame narrative, sull’affinamento del pensiero e sulla flessibilità dei processi cognitivi in generale.
Crediti copertina: Sam O’Connor
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