emozioni

Laboratorio a tema INCLUSIONE: Emozioni & Empatia

in Attività di classe by

Impariamo a gestire le emozioni con due proposte di attività in classe, finalizzate ad agevolare l’inclusione. Il tutto, sempre grazie alla campagna educativa Più unici che rari!

Dopo il primo laboratorio a tema inclusione torniamo con una seconda proposta, stavolta finalizzata a familiarizzare con il vasto mondo delle emozioni e, perché no, a sviluppare il nostro senso di empatia.

Per fare ciò ci viene di nuovo in aiuto la pluripremiata campagna educativa “Più unici che rari”, promossa da Librì Progetti Educativi in collaborazione con Sanofi, che promuove l’importanza dell’accoglienza e dell’inclusione nell’ambiente scolastico.

LE EMOZIONI

Perché chiamare in causa le emozioni, per affrontare il tema dell’inclusione? Ce lo spiegano Annalisa Bisconti ed Enrico Ceva, dell’Associazione Italiana  Niemann Pick Onlus, affermando che:

“L’alfabetizzazione emotiva è un percorso di “addestramento” necessario per trasformare il desiderio di fuga in curiosità reciproca: attraverso la conoscenza e la gestione delle emozioni che l’altro suscita in noi, arriviamo a conoscere noi stessi e a comprendere gli altri.”

Il primo passo per aiutare gli alunni a gestire le proprie emozioni è guidarli alla scoperta di ciò che provano loro e che provano gli altri, dando un nome preciso al sentire che vivono. È infatti proprio la mancanza di auto-consapevolezza emotiva a suscitare incomprensioni e conflitti con gli altri.

E non limitiamo il campo alle emozioni positive: anche quelle negative – come la rabbia e la tristezza, la paura e la noia – hanno un ruolo protettivo, avvertendoci che qualcosa non va e correndo ai ripari.

La seguente attività è ottima per guidare gli alunni a conoscere le emozioni e per sostenere lo sviluppo di autoconsapevolezza emotiva, base essenziale per imparare a valorizzare le proprie e altrui unicità , creando così relazioni vere, soddisfacenti e che mirano all’inclusione.

ATTIVITA’: EMOZIONI IN SCENA
  • Obiettivi: conoscere le emozioni, acquisire consapevolezza di come influenzino il comportamento e sviluppare la capacità di rispondervi adeguatamente (Life Skills, area emotiva: consapevolezza di sé emotiva, gestione delle emozioni).
  • Metodologia: lavoro di gruppo, role playing.
  • Strumenti/Materiali: carte delle emozioni, fogli, penne.
  • Discipline: Italiano, Educazione civica.
  • Sul sito: la storia animata “Come stai con la paura”.
  1. Guardiamo la storia animata “Come stai con la paura”, nella sezione “Campagna educativa” di www.piuunicicherari.it , e parliamone insieme.
  2. Contestualizziamo il discorso alla vita degli allievi chiedendo di raccontarci degli episodi in cui hanno avuto paura seguendo questi punti, che scriviamo alla lavagna o sulla LIM: situazione in cui ci si trovava, ciò che l’ha scatenata, come si è manifestata, come ci si è comportati.
  3. Procediamo nello stesso modo con la rabbia, invitando a raccontare le proprie esperienze o situazioni di cui sono stati testimoni. Aggiungiamo questi punti: verso chi era diretta, quali conseguenze ha avuto il comportamento messo in atto, se dopo il comportamento l’emozione è sparita o è rimasta, che cosa ognuno avrebbe voluto fare di diverso.
  4. Dopo il confronto, formiamo piccoli gruppi e facciamo pescare una delle carte delle emozioni per ideare una scenetta sull’emozione estratta, da recitare ai compagni. Chiediamo di usare come canovaccio i punti che abbiamo analizzato durante la discussione iniziale.
  5. Per aumentare la complessità dell’attività o approfondire il lavoro, possiamo chiedere di prevedere delle varianti alla drammatizzazione, modificando la situazione iniziale, i comportamenti, le conseguenze… aggiungendo quindi nuove parti da recitare.
  6. Al termine confrontiamoci: è stato difficile rappresentare le emozioni? Con quale avete avuto maggiori difficoltà? Perché? Inserendo le varianti, come cambiano le rappresentazioni? Le emozioni si modificano al variare delle condizioni/situazioni? E le conseguenze?
  7. Infine riflettiamo su come le emozioni influenzino il comportamento e su quali risposte e reazioni possano non essere funzionali, individuando in gruppo reazioni alternative più adatte.
EMPATIA

Al riconoscere le emozioni altrui si affianca la capacità di essere e mostrarsi empatici. L’empatia è proprio la capacità di riconoscere e comprendere le emozioni, i sentimenti e il punto di vista altrui, mettendosi “nei panni dell’altro”: aspetto essenziale quando si punta all’inclusione.

Ciò comporta un enorme vantaggio sociale: riconoscere le emozioni altrui – e sapere che gli altri sono in grado di leggere le nostre – agevola le interazioni, permette di sentirsi accettati e di accettare gli altri, favorendo quindi relazioni autentiche basate su scambio e reciprocità, rispetto di sé e dell’altro, cooperazione e inclusività reale.

Quello di guidare gli alunni ad analizzare episodi del proprio vissuto in cui hanno mostrato/provato/ricevuto empatia è un ottimo esercizio per spiegare loro che l’empatia non è un comportamento prescritto, ma spontaneo; e che questa  capacità “cresce” insieme a noi via via che impariamo a comprendere l’altro, a prestare attenzione ai suoi bisogni, a tollerare le differenze. L’empatia infatti può essere educata e sviluppata durante l’intero arco della vita.

La seguente attività è ottima per guidare i bambini/ragazzi a sviluppare le proprie capacità empatiche e a prendere consapevolezza che prendersi cura degli altri e imparare ad accettare e rispettare la diversità, propria e altrui, consente di migliorare la qualità delle proprie relazioni e della vita.

ATTIVITA’: PRENDERSI CURA
  • Obiettivi: acquisire comportamenti responsabili e di rispetto verso sé, gli altri e l’ambiente; imparare ad accettare la diversità; favorire supporto reciproco e cooperazione (Life Skills, area relazionale: empatia, comunicazione efficace, relazioni efficaci); sostenere i processi di decision making.
  • Metodologia: lavoro in grande e piccolo gruppo; cooperative learning; apprendimento situato.
  • Strumenti/Materiali: in base alle attività scelte, piccole piante per lo spazio verde (alloro, rovo, biancospino…) o rampicanti; vasi, fioriere, sacchi di iuta; pallet di legno e teli cerati per il giardino verticale; semi e piantine di erbe aromatiche, ortaggi, frutta (fragole, pomodori, piselli, ravanelli, lattuga…); attrezzi per la semina e l’innaffiatura; contenitori di varie dimensioni per la raccolta d’acqua; pezzi di legno e materiali di riciclo per nidi e mangiatoie; briciole di pane e semi per uccelli; materiali informativi reperibili online (tipo di ortaggi o piante adatte al territorio ecc.), fogli, cartelloni, penne, pennarelli, fotocamera.
  • Discipline: Scienze, Geografia, Educazione civica.
  1. Lavoriamo con gli alunni sul concetto di prendersi cura, legato all’attenzione all’altro e all’empatia. In base alle caratteristiche del gruppo e all’età, possiamo organizzare varie attività, modulandone la complessità:
    1. Creare uno spazio verde nella scuola, o arricchire quello presente, piantando specie vegetali adatte al territorio, per esempio alloro, piante che producano bacche o rampicanti; possiamo anche realizzare un “giardino verticale” con dei pallet di legno adeguatamente isolati con dei teli cerati, in cui inserire piantine di erbe aromatiche e fiori.
      – Realizzare un orto nel cortile, in una parte del giardino se presente, o con vasi, fioriere e sacchi di iuta per coltivare erbe aromatiche, ortaggi o piccoli frutti come le fragole, scegliendo le specie in base al territorio e agli spazi.
      – Creare “punti d’acqua”, sia di raccolta dell’acqua piovana, per bagnare le piante presenti a scuola, l’orto o il giardino verticale, sia per fornire un’area di ristoro per le specie animali durante i periodi di siccità, posizionando vaschette d’acqua in zone d’ombra.
      – Costruire dei nidi artificiali o mangiatoie per gli uccelli, per aiutarli a nutrirsi in inverno.
  2. Queste attività consentono agli alunni di sperimentare l’impegno di occuparsi di altri esseri viventi e la gratificazione che se ne ricava (nel raccolto dei frutti del proprio orto, nell’osservare le farfalle e le api attratte dai fiori o gli uccelli che mangiano le briciole dalle mangiatoie), sostenendo lo svilupparsi di attenzione all’altro, supporto reciproco e cooperazione. Inoltre educano alla sostenibilità e alla tutela della biodiversità, aspetti centrali nell’educazione dei futuri cittadini e obiettivi dell’Agenda 2030, e sono occasione di apprendimento situato di quanto affrontato sui libri di testo e di sperimentazione scientifica.
  3. In base al tipo di attività scelta, dividiamo gli alunni in piccoli gruppi, in modo che tutti partecipino alle diverse fasi di realizzazione e si mettano alla prova, turnandosi nei vari momenti e sostenendo i compagni che possono essere in difficoltà in una particolare fase.
  4. Guidiamoli in modo che siano loro stessi a decidere come procedere (quali piante piantare, dove creare i punti d’acqua…), fornendo loro o facendo cercare le informazioni necessarie e sostenendoli nei processi decisionali.
  5. Dopo ogni fase di lavoro, prevediamo un momento di scambio delle loro osservazioni e di confronto su quanto hanno sperimentato e vissuto, sottolineando di volta in volta gli aspetti specifici di attenzione e rispetto verso l’altro da sé. Formalizziamo anche gli elementi legati agli apprendimenti disciplinari, tramite foto che documentino le varie fasi, schede di sintesi e cartelloni.

La campagna “Più unici che rari”, è un laboratorio completo sull’inclusione: il percorso parte dai temi dell’identità e della consapevolezza di sè, prosegue con i temi del riconoscimento delle emozioni e dell’empatia e termina con attività sui temi del bullismo. Prevede inoltre un concorso per le classi, al quale è possibile partecipare entro il 1 marzo 2024.

Per maggiori informazioni: 055.9073999 | scuola@progettiedu.it

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Foto di copertina Alexas_Fotos su Unsplash

Sentire con gli altri

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Cos’è l’empatia? Perché è differente dalla simpatia? Il video animato da Katy Davis per RSA illustra il discorso di Brené Brown sulla capacità umana di sentire cosa prova l’altro
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Fare per capire: la didattica laboratoriale

in Approcci Educativi/Attività di classe by

La didattica laboratoriale nasce dalla consapevolezza che i bambini imparano con maggiore facilità attraverso un fare concreto: proposta di laboratorio pedagogico-emotivo come spazio affettivo.

Quando parliamo e ci approcciamo alla “didattica laboratoriale” ci riferiamo a una metodologia didattica che affonda le sue radici nel “Learning by doing”, l’apprendimento attraverso il fare. 

Già Jean Piaget nel 1956 scriveva:

L’intelligenza è un sistema di operazioni, l’operazione non è altro che azione: un’azione reale, ma interiorizzata, divenuta reversibile.

Ma è con i lavori di John Dewey che l’apprendimento attraverso l’esperienza viene calato maggiormente nel contesto scolastico. La scuola che immagina Dewey è un ambiente in cui l’insegnamento non si basa sulla trasmissione di nozioni da imparare a memoria, bensì “sull’attività volontaria del bambino”, occupato in osservazioni che rispondono ai suoi interessi e ai suoi bisogni. 

Come fare didattica laboratoriale oggi a scuola?

Quella che attualmente si chiama “didattica laboratoriale” nasce proprio dalla consapevolezza che i bambini imparano con maggiore facilità attraverso un fare concreto, potenziando “il dialogo interiore”, ossia il meccanismo attraverso il quale si elabora una propria visione degli eventi e degli apprendimenti, commentando internamente ogni esperienza. 

Il laboratorio non è quindi un momento separato e staccato dalla quotidiana realtà scolastica, ma una modalità e una strategia didattica. Siamo perfettamente in linea con un apprendimento per competenze, soprattutto il “laboratorio pedagogico-emotivo” punta a potenziare le “competenze di vita”, dove la competenza non è solo il risultato di una pratica ma deriva dalle riflessioni e interiorizzazioni del processo di apprendimento sperimentato.

Il ruolo attivo del bambino

Attraverso il laboratorio pedagogico-emotivo il bambino assume un “ruolo attivo” nella costruzione della sua realtà. L’insegnamento, in questo caso attraverso i linguaggi della favola, della filastrocca, del gioco e della musica, diviene personalizzato e ad ogni alunno/a si attribuisce un’importanza primaria, con le sue potenzialità, risorse e motivazioni. Da Pedagogista e docente, progetto da oltre dieci anni laboratori pedagogici-emotivi per educare all’affettività e per coltivare l’intelligenza emotiva, in questi anni nelle scuole ho verificato con la mia esperienza quanto sia efficace la “didattica laboratoriale” perché offre degli spazi di apprendimento cognitivo ed affettivo, un luogo di incontro, multidimensionale, che favorisce la motivazione, la creatività, la rielaborazione.

Didattica laboratoriale come spazio di personalizzazione

Ma non solo: “la didattica laboratoriale è lo spazio della personalizzazione”, in quanto si offrono più proposte didattiche che possono rispondere alle diverse esigenze e stili di apprendimento e accresce la socializzazione poiché si impara a lavorare insieme e a costruire conoscenze condivise. La mia ultima pubblicazione “Emozioni in Festa”, illustrato da Alessia de Falco e curato da portalebambini.it, è un vero e proprio eserciziario emotivo che permette di realizzare “laboratori pedagogici del cuore”, attraverso le mie poesie e filastrocche i bambini potranno riflettere in modo nuovo, originale ma anche profondo, sulle principali festività del calendario scolastico, un’occasione di crescita emotiva e personale.

Educazione civica

L’apprendimento laboratoriale è trasversale ed è necessario perché esso punta non solo al benessere degli alunni ma getta le basi per una vera e propria “educazione civica”, poiché solo una comunità in cui ognuno di noi sta bene può formare una rete solida e solidale. Secondo le mie osservazioni, le emozioni soprattutto oggi sono uno strumento prezioso oltre ad essere la prima forma di linguaggio, penso fortemente che in classe siano lo strumento inclusivo e compensativo per eccellenza.

Il “Terzo comune”

Mi viene in mente il concetto di “common third” ossia il “terzo in comune” teorizzato dal filosofo danese Micheal Husen. Indica quei momenti in cui si impegna tutti insieme in un’ottica inclusiva, in un’attività che naturalmente facilita la comunicazione perché il focus è sulla “terza azione” in comune che stiamo svolgendo insieme e non sull’atto del conversare in sé. Questo per spiegare come in un laboratorio -pedagogico emotivo o creativo ognuno partecipa dando spazio al proprio “io emotivo” attraverso i propri canali immaginativi, verbali e non, creativi, musicali, attraverso la propria originalità creando “apprendimento trasformativo” perché nessuno neanche l’insegnante o il pedagogista che partecipa rimane quello di prima ma diventa altro.

Quali strumenti operativi possiamo portare in classe e in famiglia?

Vorrei qui presentarvi un mio laboratorio pedagogico -emotivo per creare in classe l’appello delle emozioni nel momento dell’accoglienza a scuola (sul tema della pedagogia delle emozioni, leggi qui). Il Laboratorio si compone di una filastrocca dal titolo “La collana emozionata” dove presento la nascita delle emozioni primarie attraverso la metafora della collana:

Ho diritto ad esprimere me stesso/a
e conosco solo un modo per farlo 
che è quello di esprimere le mie emozioni con il viso,
con gli occhi e con il mio sorriso.

Immagine che contiene testo

Descrizione generata automaticamente

L’attività che accompagna questa riflessione emotiva è composta dalla realizzazione della Collana Emozionata per ogni bambino/a per poi indossarla e rendere visibile la propria emozione attraverso l’utilizzo del “Sorriso-Metro”, ossia del pannello emotivo che consente di riflettere sul proprio stato emotivo e di esprimerlo associandolo ad una delle sei emozioni primarie indicate. 

Nel laboratorio pedagogico si può concludere che attraverso il “metodo riflessivo” ogni bambino e bambina assume un ruolo centrale ed è una metodologia attiva che stimola la partecipazione e favorisce una didattica per tutti. Non dobbiamo mai dimenticare che l’educazione non è per il bambino/a ma con il bambino/a. 

Bibliografia:

  • Jean Piaget, “La rappresentazione del mondo nel fanciullo”, edito da Bollati Boringhieri, anno 2013;
  • J. Dewey, “Democrazia ed educazione”-Una introduzione alla filosofia dell’educazione. Nuova edizione– Edizione integrale, 23 maggio 2018;
  • J. Dewey, Come pensiamo, curatore Chiara Bova, edizione Raffaello Cortina, anno 2019;
  • J.J. Akexander, C. Andersson, “Il metodo danese per giocare con tuo figlio”, edito da Newton Compton, anno 2020;
  • Marta Tropeano, “Emozioni in Festa”, illustrazioni di Alessia De Falco, edito da portalebambini.it, anno 2022;

Foto di copertina by CDC su Unsplash

Giorno 5. La passeggiata delle Emozioni

in Attività di classe by
La quinta e ultima giornata del progetto “Il museo va a scuola” è dedicato alle emozioni

E’ passata una settimana. Una settimana intera per giocare e riflettere sulla natura, sull’arte ma soprattutto sul ruolo dei musei come mediatori di un sapere; le opere d’arte sono “oggetti parlanti” che parlano però un linguaggio non sempre chiaro e comprensibile a tutti. In questa settimana, attraverso il progetto “Il museo va a scuola”, ho provato a far capire, ai miei bambini della scuola estiva, qual è il ruolo del museo ma anche qual è il ruolo dell’artista che racconta, attraverso le sue opere d’arte, qualcosa di sé utilizzando un linguaggio diverso dalla parola scritta o parlata. Siamo arrivati all’ultimo incontro e ho pensato di dedicarlo alle nostre Emozioni, proprio quelle che entrano in gioco quando ci poniamo di fronte ad un’opera d’arte.

L’incontro è cominciato così…

Nel prato con i bambini seduti o stesi su coperte e cuscinoni, in attesa del racconto. Per questa occasione ho letto loro “La passeggiata delle Emozioni”.

Libro di poesie “naturali” che ho scritto e auto- prodotto insieme a Francesca Nanni, amica e collega. Questa raccolta di poesie ed immagini è stata realizzata per un progetto legato ai musei di Santarcangelo di Romagna, Met e Musas, ed utilizzato in tutte le scuole che vi hanno partecipato.

Sfogliando il libro si trovano, in ogni doppia pagina, un’immagine e una poesia che descrivono insieme ( con il linguaggio figurativo da una parte e quello verbale dall’altra) un’emozione. Alla fine del libro c’è una parte dedicata alle attività di laboratorio in cui io e Francesca abbiamo creato dei brevi tutorial per suggerire a chi legge come usare il libro in classe o a casa.

Passeggiare vuol dire camminare a passo lento, guardandosi intorno senza fretta; ed è così che io e Francesca camminiamo quando andiamo a passeggiare… e al ritorno abbiamo sempre le tasche piene di meravigliosi tesori naturali! Un giorno abbiamo deciso di sistemare i nostri tesori su un tavolo e provare a fare delle composizioni che suscitassero in noi alcune emozioni, poi abbiamo scritto delle poesie…

Così è nato “La passeggiata delle Emozioni” e dopo averlo raccontato ai bambini abbiamo cominciato a lavorare!

Passeggiamo e raccogliamo

Ho inviato i bambini a passeggiare nel grande giardino della scuola e a raccogliere qualche piccolo “tesoro naturale”: oggetti curiosi come semi, foglie, sassi o fiori…cercando naturalmente di non strappare ma di raccogliere ciò che era già caduto.

Sui tavoli nel frattempo, li attendevano alcuni materiali per lavorare: Cartoncini, colori, forbici e colle…

Componiamo e diamo un nome

Per creare l’opera d’arte ho suggerito 2 modi di lavorare:

Si può partire pensando ad un’emozione, la nostra preferita o quella che proviamo più spesso, poi provare a rappresentarla con i materiali a disposizione; si può anche partire al contrario e provare a dare un nome all’emozione che la composizione di materiali naturali ci suscita…

In entrambi i casi ecco nascere un meraviglioso “Emozionario della Natura”!!

Il coinvolgimento emozionale attraverso il Kamishibai

in Affettività e Psicologia/Attività di classe by

Come mettere in atto un coinvolgimento emozionale in classe, attraverso la pratica del Kamishibai

Per incidere in modo significativo sui processi di apprendimento dei nostri studenti è davvero necessario considerare il coinvolgimento emozionale come elemento cardine di una buona impostazione didattica.

Assieme ad una pratica il più possibile attiva e partecipata e dando il giusto spazio alla creatività, l’insegnante può veramente fare la differenza, incidere sui processi di lavoro dei singoli e fare in modo che tutti gli studenti diventino davvero protagonisti attivi del loro apprendimento.

Come docente di Italiano in una scuola secondaria di primo grado ho modo ogni giorno di prendere atto di quanto siano vere le parole della neuroscienziata Mary Helen Immordino-Yang quando, testualmente, afferma:

È neuro-biologicamente impossibile costruire ricordi, impegnarsi in pensieri o prendere decisioni significative senza emozioni. Avere un efficace ‘timone emotivo’ è fondamentale, in particolare per fare in modo che gli studenti siano in grado di utilizzare la conoscenza in modo efficace.

Sulla base degli obiettivi e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze in lingua italiana che ci vengono indicati nelle Indicazioni nazionali per il curricolo, è dunque possibile progettare attività didattiche che rispondano in maniera efficace a quanto appena affermato.

La modalità laboratoriale

Occorre fare in modo che il setting e le lezioni siano impostate in modalità laboratoriale, affinché i ragazzi:

  • si sentano coinvolti il più possibile in tali attività
  • interagiscano in maniera attiva e partecipata alla lezione
  • siano coinvolti emotivamente
  • riescano a sviluppare il loro spirito critico
  • si mettano autenticamente in gioco per ricercare soluzioni originali e creative

I ragazzi, veri protagonisti attivi, se potranno seguire procedure di lavoro creative e originali collaborando con gli altri e se saranno resi liberi di esprimere al meglio i loro talenti, saranno anche meglio inseriti nel loro contesto di ordine di scuola stesso.

Non dimentichiamo, infatti, che la scuola secondaria di primo grado ha come obiettivo prioritario quello di:

indirizzare i ragazzi alla consapevolezza di sé, alla presa di coscienza dei propri punti di forza su cui progettare ipotesi di prosecuzione scolastica futura

Dare modo di sperimentare ed esprimersi attraverso diverse modalità procedurali sarà utilissimo per osservare quali sono i talenti da far valorizzare in ognuno, dalla sfera digitale, all’espressività testuale, alla produzione artistico-raffigurativa.

Insomma, mettere in gioco le “intelligenze multiple“, per dirlo alla Gardner, dovrebbe essere elemento cardine della cosiddetta scuola media.

Il Kamishibai

Illustrata in passato in questo articolo, il Kamishibai è la tipologia di lavoro ideale, in quanto tiene conto delle componenti appena enucleate.

I ragazzi hanno infatti dato vita ad un kamishibai per raccontare alcune vicende legate a degli episodi dell’Iliade analizzati in classe. Tengo a precisare che una tipologia di lavoro simile può trovare applicazione, opportunamente rimodulata, in qualsiasi ordine di scuola, scuola dell’infanzia inclusa.

Dopo la narrazione di alcuni episodi dell’Iliade e la loro discussione in modalità individuale e collettiva, i ragazzi sono passati al ruolo di esecutori attivi e di co-costruttori delle proprie conoscenze, seguendo dei processi di apprendimento che facessero leva:

  • sulla competenza di rielaborazione critica
  • sulla capacità di lavorare in gruppo
  • sul ricorso alla creatività

In realtà il nostro è stato un po’ un mix tra teatro itinerante e kamishibai vero e proprio, visto che quest’ultimo dovrebbe prevedere la narrazione di storie supportate con disegni intercambiabili e non con burattini come abbiamo prodotto noi, ma l’importante è dare seguito alle idee che provengono dai ragazzi e questo è ciò che ho trovato utile far realizzare.

Svolgimento dell’attività

Lavorando a piccolo gruppo, gli studenti hanno scelto un episodio dell’Iliade che li aveva particolarmente colpiti e lo hanno riscritto sotto forma di dialogo per il loro kamishibai, così che i burattini potessero parlare tra loro e affrontarsi un po’ come accade negli spettacoli dei pupi siciliani.

Un esempio di mini-sceneggiatura, chiamiamola così, è la seguente, finalizzata a rievocare il litigio tra Achille e Agamennone:

Crise: Agamennone, sono venuto a riprendermi mia figlia Criseide.

Agamennone: Non te la darò indietro! La terrò come mia schiava!

Crise: Allora dirò ad Apollo di mandare la peste su di voi.

Achille: Agamennone, devi restituire Criseide a Crise, perché i nostri soldati stanno morendo di peste e in questo modo non vinceremo mai la guerra!

Agamennone: Va bene, io restituirò Criseide a Crise, ma tu mi devi dare la tua schiava perché io sono il vostro capo e non posso rimanere senza schiava!

Achille: Allora anch’io non posso rimanere senza schiava, perché sono il combattente più forte dell’esercito, mentre tu te ne stai fermo a dare ordini e guardarci morire. Brutto cane! Cuore di cervo! Se io rimarrò senza schiava, me ne andrò dall’esercito acheo! Sto combattendo per tuo fratello Menelao. A me i troiani non hanno fatto niente!

Agamennone: Va bene, vattene pure! Non mi importa niente, ho soldati più forti e coraggiosi di te e se sei forte il merito non è tuo, ma di una divinità.

Achille: Va bene, me ne vado. Me ne tornerò a Ftia, così perderai il tuo guerriero più forte e quando te ne pentirai sarà troppo tardi.

Alcuni hanno scelto di rievocare la morte di Patroclo, altri l’ultimo saluto tra Ettore e Andromaca, altri ancora il duello tra Ettore e Achille.

Oltre alla strutturazione dei dialoghi, i ragazzi hanno realizzato in autonomia, utilizzando semplici cartoni di scarto, sia il teatrino/kamishibai vero e proprio che i personaggi da far animare al suo interno.

La messa in scena

In ultimo, gli sketch sono stati prima messi in scena in classe, poi l’intero allestimento, compresa la bicicletta proprio come avviene nelle narrazioni itineranti giapponesi, si è spostato nelle varie classi dell’istituto, compresi gli uffici di segreteria, così che i ragazzi si sentissero coinvolti appieno nel loro ruolo di affabulatori e di divulgatori di conoscenza.

Va da sé che, implicitamente, l’attività del kamishibai puntasse:

  • alla sedimentazione delle loro conoscenze
  • alla messa in ballo di numerose competenze non meno importanti, quali la capacità di organizzare una attività insieme agli altri e riuscire a sostenere una recitazione, ma anche una conversazione

Ultimi elementi su cui tener focalizzata l’attenzione in un simile lavoro – ma non ultimi per rilevanza formativa/educativa – sono gli aspetti della metacognizione e della valutazione, essenziali per:

  • dare senso al percorso di lavoro
  • permettere ai ragazzi di avere coscienza dei procedimenti di apprendimento intrapresi

Come affermano  M. Pressey, K.R. Harris e M. B. Marks:

in un buon modello di insegnamento delle strategie gli insegnanti incoraggiano abitualmente la riflessione e la pianificazione da parte degli studenti” e “le strategie – secondo la spiegazione di Pressley, Forrest-Pressley, Elliot-Faus e Miller – si compongono di una o più operazioni cognitive sottostanti e soprastanti i processi che costituiscono l’esecuzione di un compito. Le strategie sono rivolte a risultati cognitivi e sono potenzialmente attività consapevoli e controllabili”. La loro funzione è quella di assistere chi apprende nell’esecuzione di operazioni cognitive essenziali che producano un apprendimento interiorizzato ed efficace

L’attività del Kamishibai può forse sembrare una pratica di difficile attuazione, ma a mio avviso tutto sta nel far rientrare progressivamente la metacognizione nelle consuete attività di classe, anche partendo da semplici richieste in cui far spiegare ai ragazzi cosa hanno realizzato, come, con quali finalità e con quali esiti.

Momenti dell’attività in classe

Riflessioni

Dalle seguenti riflessioni si può notare come i ragazzi si siano resi consapevoli dei rispettivi punti di forza e debolezza, di come mettere in azione i loro talenti e di quanto sia rivelata importante la collaborazione e la pratica di azione reciproca:

PRIMA DEL LAVORO:

con la prof abbiamo letto alcune parti dell’Iliade e a me è piaciuta la litigata tra Achille e Agamennone. Che coraggio Achille a rivolgersi così al suo capo! Io non ce l’avrei mai fatta! Insieme a V. e A. abbiamo scelto di scrivere dialoghi su questa scena. Prima rileggeremo le pagine sull’antologia, poi mi farò un pochino aiutare da A. che scrive meglio di me. Io disegno bene e ho già pensato a come fare i burattini

DURANTE IL LAVORO:

Il dialogo sta venendo bene. Abbiamo messo delle battute nostre, ma V. ha detto di seguire anche quello che c’è scritto sul testo. Le offese di Achille, ad esempio, sono buffe e le mettiamo. Poi dobbiamo spiegare in poche righe che cosa sta succedendo, quindi bisogna scegliere le parole giuste che dovremo leggere e che gli altri dovranno capire. Intanto anche i personaggi disegnati stanno venendo bene. Io ho guardato su internet i vestiti dei soldati, cercherò di farli meglio che mi riesce. Scriviamo e poi leggiamo a voce alta facendo muovere i burattini. Sembra venga bene

A FINE LAVORO:

credo che questa attività mi farà ricordare questa scena per molto tempo. Leggere davanti agli altri mi ha messo un po’ in imbarazzo, ma non tanto. Poi io dovevo guidare la bicicletta, quindi ho letto poco con la scusa che avevo altro da fare. I miei disegni sono piaciuti e sono contento. Mi viene da ridere se penso alla faccia che ha fatto il mio babbo quando ho detto che dovevo portare la bicicletta a scuola per una cosa di italiano. Non ci credeva e pensava che lo prendessi in giro. Insomma, un’esperienza positiva, da rifare!

La valutazione

Anche per la valutazione, occorre fare in modo che i ragazzi siano coinvolti in prima persona nei criteri che verranno adottati. Ciò farà sì che si impegnino con maggior efficacia e che siano consapevoli fin da subito se il loro lavoro sta procedendo nel modo giusto.

Tra i criteri, non dovranno mancare voci basilari, quali:

  • chiarezza espositiva
  • capacità di rielaborazione e originalità
  • attenzione alla tempistica
  • capacità di lavorare con gli altri e di contribuire in modo fattivo alla realizzazione del prodotto finale

Seppur iniziative laboratoriali di questo genere possano a prima vista apparire come eccessivamente complesse/lunghe o addirittura non allineate a ciò che richiedono le Indicazioni nazionali, dalle competenze messe in campo si nota, invece, che sia la valenza didattica che la ricaduta sugli apprendimenti acquistano un ruolo notevole:

i ragazzi comunicano, collaborano, leggono, interpretano, comprendono, rielaborano, espongono, scrivono, producono, padroneggiano lessico e sintassi, sia in modalità scritta che orale.

Qui il post del blog che fa riferimento all’iniziativa appena illustrata.

Foto di copertina da: http://www.kamishibaitalia.it/

L’educazione del cuore attraverso la pedagogia delle emozioni

in Approcci Educativi by
La pedagogia delle emozioni si occupa di come si costruisce l’intera personalità del bambino, nei suoi aspetti cognitivi, sociali e comportamentali.  Keep Reading

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