Pedagogia delle emozioni

Fare per capire: la didattica laboratoriale

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La didattica laboratoriale nasce dalla consapevolezza che i bambini imparano con maggiore facilità attraverso un fare concreto: proposta di laboratorio pedagogico-emotivo come spazio affettivo.

Quando parliamo e ci approcciamo alla “didattica laboratoriale” ci riferiamo a una metodologia didattica che affonda le sue radici nel “Learning by doing”, l’apprendimento attraverso il fare. 

Già Jean Piaget nel 1956 scriveva:

L’intelligenza è un sistema di operazioni, l’operazione non è altro che azione: un’azione reale, ma interiorizzata, divenuta reversibile.

Ma è con i lavori di John Dewey che l’apprendimento attraverso l’esperienza viene calato maggiormente nel contesto scolastico. La scuola che immagina Dewey è un ambiente in cui l’insegnamento non si basa sulla trasmissione di nozioni da imparare a memoria, bensì “sull’attività volontaria del bambino”, occupato in osservazioni che rispondono ai suoi interessi e ai suoi bisogni. 

Come fare didattica laboratoriale oggi a scuola?

Quella che attualmente si chiama “didattica laboratoriale” nasce proprio dalla consapevolezza che i bambini imparano con maggiore facilità attraverso un fare concreto, potenziando “il dialogo interiore”, ossia il meccanismo attraverso il quale si elabora una propria visione degli eventi e degli apprendimenti, commentando internamente ogni esperienza. 

Il laboratorio non è quindi un momento separato e staccato dalla quotidiana realtà scolastica, ma una modalità e una strategia didattica. Siamo perfettamente in linea con un apprendimento per competenze, soprattutto il “laboratorio pedagogico-emotivo” punta a potenziare le “competenze di vita”, dove la competenza non è solo il risultato di una pratica ma deriva dalle riflessioni e interiorizzazioni del processo di apprendimento sperimentato.

Il ruolo attivo del bambino

Attraverso il laboratorio pedagogico-emotivo il bambino assume un “ruolo attivo” nella costruzione della sua realtà. L’insegnamento, in questo caso attraverso i linguaggi della favola, della filastrocca, del gioco e della musica, diviene personalizzato e ad ogni alunno/a si attribuisce un’importanza primaria, con le sue potenzialità, risorse e motivazioni. Da Pedagogista e docente, progetto da oltre dieci anni laboratori pedagogici-emotivi per educare all’affettività e per coltivare l’intelligenza emotiva, in questi anni nelle scuole ho verificato con la mia esperienza quanto sia efficace la “didattica laboratoriale” perché offre degli spazi di apprendimento cognitivo ed affettivo, un luogo di incontro, multidimensionale, che favorisce la motivazione, la creatività, la rielaborazione.

Didattica laboratoriale come spazio di personalizzazione

Ma non solo: “la didattica laboratoriale è lo spazio della personalizzazione”, in quanto si offrono più proposte didattiche che possono rispondere alle diverse esigenze e stili di apprendimento e accresce la socializzazione poiché si impara a lavorare insieme e a costruire conoscenze condivise. La mia ultima pubblicazione “Emozioni in Festa”, illustrato da Alessia de Falco e curato da portalebambini.it, è un vero e proprio eserciziario emotivo che permette di realizzare “laboratori pedagogici del cuore”, attraverso le mie poesie e filastrocche i bambini potranno riflettere in modo nuovo, originale ma anche profondo, sulle principali festività del calendario scolastico, un’occasione di crescita emotiva e personale.

Educazione civica

L’apprendimento laboratoriale è trasversale ed è necessario perché esso punta non solo al benessere degli alunni ma getta le basi per una vera e propria “educazione civica”, poiché solo una comunità in cui ognuno di noi sta bene può formare una rete solida e solidale. Secondo le mie osservazioni, le emozioni soprattutto oggi sono uno strumento prezioso oltre ad essere la prima forma di linguaggio, penso fortemente che in classe siano lo strumento inclusivo e compensativo per eccellenza.

Il “Terzo comune”

Mi viene in mente il concetto di “common third” ossia il “terzo in comune” teorizzato dal filosofo danese Micheal Husen. Indica quei momenti in cui si impegna tutti insieme in un’ottica inclusiva, in un’attività che naturalmente facilita la comunicazione perché il focus è sulla “terza azione” in comune che stiamo svolgendo insieme e non sull’atto del conversare in sé. Questo per spiegare come in un laboratorio -pedagogico emotivo o creativo ognuno partecipa dando spazio al proprio “io emotivo” attraverso i propri canali immaginativi, verbali e non, creativi, musicali, attraverso la propria originalità creando “apprendimento trasformativo” perché nessuno neanche l’insegnante o il pedagogista che partecipa rimane quello di prima ma diventa altro.

Quali strumenti operativi possiamo portare in classe e in famiglia?

Vorrei qui presentarvi un mio laboratorio pedagogico -emotivo per creare in classe l’appello delle emozioni nel momento dell’accoglienza a scuola (sul tema della pedagogia delle emozioni, leggi qui). Il Laboratorio si compone di una filastrocca dal titolo “La collana emozionata” dove presento la nascita delle emozioni primarie attraverso la metafora della collana:

Ho diritto ad esprimere me stesso/a
e conosco solo un modo per farlo 
che è quello di esprimere le mie emozioni con il viso,
con gli occhi e con il mio sorriso.

Immagine che contiene testo

Descrizione generata automaticamente

L’attività che accompagna questa riflessione emotiva è composta dalla realizzazione della Collana Emozionata per ogni bambino/a per poi indossarla e rendere visibile la propria emozione attraverso l’utilizzo del “Sorriso-Metro”, ossia del pannello emotivo che consente di riflettere sul proprio stato emotivo e di esprimerlo associandolo ad una delle sei emozioni primarie indicate. 

Nel laboratorio pedagogico si può concludere che attraverso il “metodo riflessivo” ogni bambino e bambina assume un ruolo centrale ed è una metodologia attiva che stimola la partecipazione e favorisce una didattica per tutti. Non dobbiamo mai dimenticare che l’educazione non è per il bambino/a ma con il bambino/a. 

Bibliografia:

  • Jean Piaget, “La rappresentazione del mondo nel fanciullo”, edito da Bollati Boringhieri, anno 2013;
  • J. Dewey, “Democrazia ed educazione”-Una introduzione alla filosofia dell’educazione. Nuova edizione– Edizione integrale, 23 maggio 2018;
  • J. Dewey, Come pensiamo, curatore Chiara Bova, edizione Raffaello Cortina, anno 2019;
  • J.J. Akexander, C. Andersson, “Il metodo danese per giocare con tuo figlio”, edito da Newton Compton, anno 2020;
  • Marta Tropeano, “Emozioni in Festa”, illustrazioni di Alessia De Falco, edito da portalebambini.it, anno 2022;

Foto di copertina by CDC su Unsplash

Metodo Waldorf-Steiner: dove dita abili producono abilità di pensiero

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Il Waldorf-Steiner, metodo pedagogico della funzione armonizzante tra il proprio io e il mondo esterno

Dopo avervi fornito qui alcuni elementi del Montessori, passiamo in rassegna il metodo Waldorf-Steiner, dal nome dell’antroposofo e scienziato austriaco – collaboratore anche di Goethe – che lo teorizzò nella prima metà del ‘900.

Premessa della pedagogia Waldorf-Steiner è che ogni essere umano vive 3 diversi aspetti dell’esistenza:

  • ESTERIORE: percepibile attraverso i sensi;
  • INTERIORE: condito di esperienze personali, attraverso il quale si relaziona col mondo esterno e si esprime nei pensieri, sentimenti, atti;
  • quello in cui, nella sua individualità, si esprimono ideali e contenuti patrimonio dell’intera umanità;

Inoltre, il Waldorf-Steiner parte anche dalla considerazione dello sviluppo umano come interazione, all’interno di ogni persona, tra l’organismo ereditato e l’Io, nucleo essenziale di ogni individuo che mira ad  esprimersi appieno.

Queste premesse costituiscono le fondamenta di un processo educativo che ha una funzione principalmente armonizzante, perché visto come sostegno all’individuo in evoluzione su due aspetti:

  • aiutare il bambino a far sì che la sua corporeità diventi sia uno spazio abitativo idoneo ad accogliere la sua interiorità, che una porta aperta sul mondo;
  • sostenere il bambino durante il suo apprendimento su come utilizzare al meglio la sua corporeità, nel suo rapporto con il contesto sociale, culturale e ambientale.

Anche il metodo Waldorf-Steiner è generalmente adatto a tutti ma, più del Montessori, viene adattato progressivamente ad ogni situazione, in base al temperamento dei bambini presenti.

I quattro tipi di temperamento infantile riconoscibili
  •  Malinconico, in cui prevale l’importanza dell’io con una fragilità fisica e carenza di appetito;
  •  Collerico, proprio dei bambini iperattivi che sfidano il pericolo per ottenere ciò che vogliono; 
  • Sanguinico, caratteristico dei bambini molto nervosi, che compiono più azioni contemporaneamente; 
  • Flemmatico, proprio dei bambini tranquilli a cui piace bere e mangiare, e che iniziano a camminare tardi.

Il nostro obiettivo: elaborare una pedagogia che insegni ad apprendere, ad apprendere per tutta la vita dalla vita stessa.

La pedagogia Steineriana cerca dunque di riconoscere, coltivare e portare a manifestazione le potenzialità di ogni bambino, rispettando i tempi della sua evoluzione fisica ed interiore.

Parallelamente allo sviluppo delle conoscenze, per Steiner è fondamentale sapere come si evolvono le facoltà dell’animo umano: volere, sentire, potere. 

L’attività motoria, la fantasia, l’espressività, la creatività, l’iniziativa, sono per Steiner fondamentali nel percorso di apprendimento, ma oggi sono per lo più sacrificate; questo porta inevitabilmente ad un impoverimento dell’esperienza, pregiudicando la formazione di una sana capacità di iniziativa autonoma.

Ecco perché, nella pedagogia steineriana, le materie intellettuali e quelle artistiche/manuali hanno pari dignità: perché  “dita abili producono abilità di pensiero”.

Gli educatori sono chiamati ad eseguire con i bambini giochi ritmici con le dita sulla serie di brevi versi, e ad insegnare le tabelline a passo di marcia o battendo le mani a ritmo .

Così facendo i bambini sono stimolati ad esprimere le proprie abilità con soddisfazione personale, interessandosi a quelle dei compagni. Questo rende viva l’esperienza di armonia del gruppo classe, perché uguale attenzione viene data alla maturazione sociale.

L’organizzazione in settenni

Il percorso delle scuole basate sul metodo Waldorf-Steiner è diviso in settenni. Aspetto fondamentale è che l’educatore sia lo stesso, per ogni ciclo.

Questo perché è necessario che si sviluppi uno speciale rapporto di fiducia con i bambini. Il  maestro deve scendere come persona in mezzo ai bambini, farsi esempio, e seguirli, conoscerli, guidarli, orientarli: educarli.

Lo sviluppo del percorso
1° SETTENNIO | GIARDINO D’INFANZIA

Il bambino impara, da gesti, parole ed espressioni, a parlare, a camminare, a pensare, a “dire “io” a se stesso. In questa fase è importante evitare stimoli troppo  intellettuali, mentre è importante l’organizzazione dell’ambiente intorno a lui, che deve essere curato e ricco di fantasia, immagini e, soprattutto, gioco.

Il gioco è infatti il lavoro più serio: è giocando che i bambini riproducono ciò che accade intorno a loro, e dunque è proprio il gioco che pone la premessa per la futura comprensione del mondo.

2° SETTENNIO | SCUOLA DELL’OBBLIGO

In questa fase del suo percorso didattico, il bambino ricerca il rapporto col mondo e con chi lo abita, e dunque è molto importante l’educazione dei sentimenti.

Ecco perché il maestro verrà affiancato da insegnanti specializzati nelle singole materie, che sapranno sempre unire l’aspetto della pratica a quello della formazione cognitivo-intellettuale. Nel processo di apprendimento, che passa attraverso l’azione, tutto deve essere coinvolto: testa, mani, cuore!

Strumento importante è l’Attestato descrittivo, una sorta di pagella senza voti che descrive i vari aspetti del bambino, nello sviluppo globale delle sue capacità.

3° SETTENNIO | SCUOLA SUPERIORE

Qui troviamo insegnanti maggiormente specializzati, così da rispondere più efficacemente al bisogno di conoscenza e relazione dei ragazzi adolescenti.

Gli obiettivi sono:

  • Educare all’autonomia, alla creatività, al senso di responsabilità;
  • Allenare al pensiero autonomo, attraverso una reale comprensione;
  • Offrire sempre arte e cultura, perché ogni uomo è un artista: il rapporto con l’arte – in ogni sua forma – nobilita la quotidianità e crea riserve di forza;

Qui è possibile trovare una serie di appuntamenti legati alla pedagogia Steineriana, filtrati per città e argomento; qui è disponibile un elenco di seminari di formazione sul metodo Waldorf-Steiner, per insegnanti; infine qui una lista di proposte di lettura per approfondire questo metodo pedagogico.

La carezza dei venti secondi, uno strumento magico!

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