La rinuncia al conflitto come strumento educativo, la fiducia al posto della paura, la qualità della relazione preferita alle pretese dell’educazione, creano una convivenza più armoniosa, che permette di raggiungere insieme, e pertanto con minor fatica, obiettivi condivisi
Il mestiere del genitore, e dell’insegnante, è considerato il più difficile del mondo. Inevitabilmente faticoso, spesso insoddisfacente. Le biblioteche familiari sono piene di manuali ricchi di consigli su come domare i nuovi arrivati.
Ma quasi tutti partono dal presupposto di mettere in guardia gli ingenui e i teneri di cuore dai rischi collegati all’essere troppo affettuosi. Il modello educativo più comune è quello autoritario, poi edulcorato in autorevole. A questo modello, che ha una lunga storia, in anni recenti si è affiancato quello definito, in senso negativo, permissivo.
Coloro che credono nella bontà del metodo basato sull’autorevolezza (si ricorre alla forza solo quando lo si ritiene strettamente necessario) raramente sono critici nei confronti delle loro convinzioni, mentre i “permissivi” sentono la pressione sociale e psicologica degli autorevoli: al primo insuccesso abbandonano il loro campo per iscriversi, a malincuore e pentiti, nel novero di quelli che fanno delle regole il loro principale strumento di relazione.
In ogni caso, tutto sembra ruotare intorno al problema delle regole.
I permissivi lasciano troppo correre, non intervengono abbastanza tempestivamente nel far valere le regole: “impareranno, a loro spese, che, una volta passato il momento giusto, i ragazzi gli sfuggiranno di mano di mano e non ci sarà più nulla da fare”.
Gli autorevoli sostengono che se non riesci a farlo andare a letto all’ora che decidi tu a quattro anni, come puoi pretendere che ti obbedisca quando ne avrà quattordici? Per loro le regole precedono la possibilità di avere un buon rapporto con i bambini.
Regole date per tempo, o in ritardo, entrambi i modelli non risolvono il problema della fatica, che considerano indissolubilmente legata allo scomodo ruolo di educatore.
La democrazia affettiva introduce un terzo modo di stare insieme, partendo dall’osservazione che una buona relazione è la base per una buona educazione. La facile felicità dei bambini nasce dalla soddisfazione dei bisogni primari e dal desiderio di sentirsi trattati in modo cortese e affettuoso, comprensivo e paziente.
Per realizzare una convivenza piacevole occorre partire da una considerazione diversa dei bambini e creare con loro una relazione tra pari, evitandoci la fatica di forzarli a comportarsi nel minor tempo possibile come vogliamo noi.
Chi vuole vivere in una democrazia affettiva, è convinto che sia gli adulti che i bambini facciano del proprio meglio per fare dello stare insieme un momento piacevole.
Questo ruolo attivo e positivo attribuito al bambino mette gli adulti al riparo dalla tentazione di ridare spazio a preconcetti negativi, per i quali i bambini hanno l’innata tendenza a voler comandare e tiranneggiare gli adulti, se non adeguatamente corretti.
L’approccio sereno e paritario esclude l’uso della forza e del conflitto, che sarebbe non solo a vantaggio di una sola parte, ma creerebbe le condizioni per ritenere che le relazioni, anche quelle affettive, sono basate sulla gerarchia, sulle ragioni del più forte, e quindi sul potere.
Per creare un approccio che rifiuta il conflitto, abbiamo bisogno di pensare l’altro uguale a noi. Con gli stessi diritti a essere trattato bene. Dobbiamo cioè immedesimarci nella sua situazione in modo da sentire su di noi gli effetti del modo con cui ci rivolgiamo a lui. Questo richiede un cambiamento nel nostro modo di pensare anche la relazione con noi stessi.
Pazienti con lui, pazienti con noi. Affettuosi con lui, affettuosi con noi. Comprensivi con lui, comprensivi con noi. Desiderosi di non metterlo in difficoltà.
La relazione, nel modello della democrazia affettiva, è come una porta che ci mette in contatto gli uni con gli altri. Questa porta ruota su tre cardini:
Cortesia, generosità, gratitudine.
Non è così difficile immaginare che i bambini vogliano vivere in un clima armonioso e affettuoso. I bambini sono curiosi e si fidano di noi. Anche noi possiamo abbandonare i preconcetti di cui siamo impregnati per essere curiosi di loro, evitando di interpretare negativamente i loro tentativi di imparare a stare insieme.
E possiamo fidarci di loro, della loro competenza che cresce insieme alla nostra. E soprattutto andare con fiducia verso il futuro che sapremo creare. Un futuro che ci vedrà insieme e cooperativi, se ci impegneremo a crearlo insieme. Un futuro che ci vedrà contro, e quindi affaticati, se lo avremo creato con continui piccoli conflitti.
Occorre imprimerci bene nella mente che litigare per educare educa a litigare.