Uno studio porta avanti l’idea controtendenza che il livello di complessità dei messaggi che scriviamo sui social network sta aumentando invece di diminuire
Prendete una persona qualunque (specie se con qualche anno in più) e chiedetegli se secondo lui whatsapp, facebook e twitter non ci stanno rimbecillendo. Ti dirà probabilmente di sì, che la messaggistica instantanea e i social network ci stanno rendendo meno svegli, che la scrittura sta perdendo di profondità e complessità, surclassata da elementi non verbali come gif, faccine e simboli. Io stesso non faticherei a dire che i social possano avere un influsso di semplificazione sulla lingua.
Ma i dati parlano diversamente. Uno studio russo intitolato “The Digital Flynn Effect: Complexity of Post on Social Media Increases over Time“, firmato da Ivan Smirnov della National research University Higher School of Economics di Mosca, dimostrerebbe che la complessità media dei messaggi sui social media stia in realtà aumentando.
Andiamo per ordine. Lo studio è basato su VK, l’equivalente russo di Facebook, e sono stati presi in esame messaggi postati da San Pietroburgo dal 2008 a oggi. La complessità di un testo però non è cosa facilmente standardizzabile, ci sono molti elementi che costituiscono il valore concettuale di un testo.
Il ricercatore si è basato su un fattore semplice ma indicativo. Le parole più lunghe sono generalmente più difficili da leggere (e meno utilizzate da chi ha un linguaggio più povero), un valore come questo viene utilizzato per valutare la leggibilità dei testi per bambini o destinati a stranieri. Naturalmente l’indicazione della lunghezza delle parole sul singolo messaggio può non implicare complessità, ma analizzando grandi quantità di dati le cose cambiano.
Infatti come ulteriore controllo per verificare l’attendibilità della tesi, il ricercatore russo ha esaminato la correlazione tra lunghezza media delle parole con età e carriera scolastica. La lunghezza aumenta col crescere degli anni e con una formazione tendenzialmente più avanzata, lasciando intendere che questo valore sia abbastanza affidabile per un indagine sui social.
I risultati suggeriscono che l’interazione delle persone con i social si evolva nel tempo. Un’evoluzione che è in qualche modo pilotata anche dall’interfaccia e dallo sviluppo di nuove tecnologie. Per Smirnov quindi i social media non hanno un effetto diretto di indebolimento della lingua o della sua complessità. È come quando arrivarono i primi pc e si temeva per la vista dei ragazzi. Oggi passiamo molto più tempo davanti agli schermi ma grazie a innovazioni tecnologiche e consapevolezza d’uso non siamo arrivati a conseguenze tragiche.
Se è vero che i social garantiscono l’accesso a chiunque e quindi anche a chi scrive degli status elementari e a volte stupidi, aumenta chi invece lo utilizza per condividere storie, fare opinione e discutere anche con un certo grado di complessità.
È difficile stabilire se questi dati possano valere per qualsiasi altro social (sicuramente ci sarebbero dei problemi di compatibilità con Twitter) ma è plausibile che per Facebook il risultato possa essere simile. “Non voglio che la gente veda i miei risultati come un indice di aumento dell’intelligenza generale,” dice Smirnov “penso che questi valori indichino un evoluzione del modo in cui utilizziamo i social network e che questo sì, possa essere generalizzato”.
Fonte:
https://www.vice.com/it/article/3kkna5/no-i-social-non-ci-hanno-resi-una-massa-di-analfabeti