Il settimo incontro nazionale di formazione organizzato da Movimento di Cooperazione Educativo a Bari il 21 e 22 ottobre per parlare di risata e istruzione
Carlo Ridolfi ha sessant’anni. Lavora in ferrovia. Vive a Padova. Giornalista pubblicista e scrittore, ha tenuto corsi di formazione, in particolare sul cinema e sui linguaggi multimediali, per bambini e ragazzi, genitori e insegnanti. È Coordinatore nazionale dell’Associazione culturale Rete di Cooperazione Educativa – C’è speranza se accade @
– Ci parli un po’ di lei, come è arrivato a occuparsi di educazione e diventare Coordinatore nazionale della Rete di Cooperazione Educativa?
Occuparmi di educazione è stato naturale, in quanto padre di quattro figli. Forse c’è anche un po’ di ereditarietà, dato che mia madre era maestra. Ho poi avuto la grandissima fortuna di incontrare altri maestri e maestre – come Mario Lodi, Gianfranco Zavalloni, Luciana Bertinato – e con loro e con altri ancora abbiamo costituito nel 2011 l’associazione, che con grande cortesia (e un po’ di incoscienza) mi hanno chiesto di presiedere.
– Che funzione svolge dentro l’organizzazione?
Cerco di tenere le file della comunicazione fra i molti “nodi di Rete” che abbiamo in Italia e, insieme a loro, di progettare, realizzare e valutare varie iniziative, la più importante delle quali è l’Incontro nazionale che si tiene sempre a ottobre.
– Come definirebbe in poche parole questa associazione?
La definisce il suo nome, forse un po’ lungo, ma scelto con piena consapevolezza per i riferimenti a cui rimanda. Rete di Cooperazione Educativa (con riferimento al Movimento di Cooperazione Educativa, che è un’associazione di insegnanti tuttora in piena attività), cioè di persone (non solo insegnanti nel nostro caso, ma anche genitori, pedagogisti ecc.) che hanno a cuore l’educazione. C’è speranza se accade @ (a richiamare il titolo di un bellissimo e importante libro di Mario Lodi: C’è speranza se accade al Vo’) perché vorremmo contribuire a far conoscere le moltissime esperienze positive sia in campo scolastico che in quello più generalmente educativo che incontriamo in Italia e nel mondo e delle quali non sempre si dà il dovuto conto.
– Ha parlato di diversi incontri con maestri e maestre, che rapporti ha avuto con Mario Lodi, il Maestro per definizione?
Ho incontrato Mario nel 1994, grazie a un invito di Luciana Bertinato a partecipare a un convegno sulla televisione che si teneva alla Casa delle Arti e del Gioco, l’associazione fondata dal Maestro e oggi diretta dalla figlia Cosetta. Conoscevo Mario Lodi per aver letto molti dei suoi libri. Quando si conosce una persona attraverso le sue opere, ci si fa un’idea che, al momento dell’incontro reale, a volte viene smentita. È stato così anche per me, ma in positivo: mi aspettavo alcune cose e ne ho trovate molte di più e molto più preziose. Ho collaborato con la Casa delle Arti e con Mario fino al 2014, anno della sua scomparsa.
– A parte il suo impegno nell’associazione, che lavoro fa? E a cosa le piace dedicarsi nel tempo libero?
Il mio lavoro vero e proprio, ancora attualmente, è quello di ferroviere a Padova. Sono appassionato di cinema, musica, letteratura e fumetti.
– Parliamo del convegno “Una risata ci educherà!”. Qual è l’idea alla base del progetto?
L’idea nasce dal nostro quarto incontro nazionale “Lo spazio dell’educazione”, che si tenne a San Mauro Pascoli nel 2014. Eravamo nella terra di Gianfranco Zavalloni, che purtroppo ci aveva lasciato ancora molto giovane due anni prima. Furono alcune donne, a partire da Stefania, compagna di Gianfranco, ad avere l’idea di dedicare uno dei nostri convegni al tema del ridere. Troppo spesso abbiamo un retropensiero secondo il quale educazione e scuola sono questioni molto serie (e certamente lo sono), ma che devono anche necessariamente essere seriose. Quand’ero ragazzino mi ripetevano: “Il riso nasce sulla bocca degli stolti”. E invece siamo sicuri di poter dimostrare che è possibile educare ridendo, con intelligenza e allegria.
– Dove e quando si terrà?
A Bari. Sabato 21 e domenica 22 ottobre. Sabato mattina all’Hotel Parco dei Principi, in viale Europa, 6. Sabato pomeriggio e domenica mattina alla scuola primaria “Marco Polo” di Bari Palese, in viale Del Turco 4/a.
– Avete scelto una regione bellissima, ma poco centrale, come la Puglia. Come mai?
La ‘colpa’ (per noi felicissima) è di alcune straordinarie persone che proprio in Puglia risiedono. A partire dal preside (ora in pensione) Eugenio “Gegé” Scardaccione, grande amico di Gianfranco Zavalloni, che ci ha invitato nella sua città. Continuando con le tre meravigliose donne di Andria che animano la Primavera Pedagogica: Vincenza Di Schiena, Gabriella Nocera e Viviana Peloso. Da qualche anno ci veniva chiesto di portare il nostro Incontro nazionale al Sud (dopo le esperienze in Veneto del 2011 a Soave, del 2013 a Vigodarzere in provincia di Padova, del 2016 a Negrar in provincia di Verona; quella ligure del 2012 a Sestri Levante; quella romagnola del 2014 a S.Mauro Pascoli; quella umbra del 2015 a Bastia) e finalmente quest’anno ci riusciamo.
– Come si può partecipare?
Compilando la scheda di iscrizione che si trova sul sito www.retedicooperazioneeducativa.it o richiedendola alla mail retebari2017@gmail.com e versando la quota di 20 euro all’Iban della Rete.
– Quanto pensa sia importante la comunicazione e la conoscenza reciproca per le figure che si occupano di educazione?
Non è importante: è decisiva! La nostra Rete nasce proprio dalla constatazione che esistono moltissime donne e moltissimi uomini che lavorano più che bene in campo educativo, col limite, molto spesso, di non conoscersi fra loro, magari anche a distanza di pochi chilometri.
– Cosa significa per lei “Educazione”?
Non trovo definizione migliore di quella che ci regalò Mario Lodi, e che usammo come sottotitolo per il nostro Incontro nazionale di Vigodarzere: l’educazione è un’armonia tra arte e scienza.
– Cosa ne pensa della scuola oggi?
Della scuola fatta dalle persone che incontro ne penso, quasi sempre, molto bene, perché, come già detto, ci sono moltissimi insegnanti appassionati, che non smettono di ricercare e di studiare, che amano i bambini e le bambine e i ragazzi e le ragazze e non lavorano per vendicarsi di frustrazioni subìte nel loro passato.
Della scuola come istituzione penso che fino a quando non si smetterà con la tendenza di usare linguaggi e comportamenti aziendalistici, confondendo l’azione educativa con quella di un’impresa che deve stare attenta ai bilanci e ai profitti, saranno più i danni che subiremo che non i vantaggi.
– Come e perché “Una risata ci educherà?” può essere utile per la scuola italiana?
La nostra speranza (che accada @), fondata come si può vedere dal programma da numerosissimi esempi, è che si possa fornire conoscenza delle esperienze, delle pratiche, delle azioni educative positive e riproducibili, quindi di quelli elementi di scientificità che sono insiti nel lavoro che proponiamo.
– Cosa suggerirebbe a un’insegnante per rendere migliore il suo metodo educativo?
Non ho ricette da proporre (e sarebbe velleitario da parte mia). Gli consiglierei solo di guardarsi intorno e di capire che potrebbe scoprire esperienze e colleghi e colleghe che lo potrebbero aiutare. (Fece così proprio Mario Lodi, che insoddisfatto dei metodi didattici che aveva appreso nella scuola del fascismo si guardò intorno e conobbe colleghi e amici del MCE).
E non dimenticherei mai – ma questo vale per tutti noi, non solo per gli insegnanti – l’amichevole e sorridente consiglio dei monaci benedettini: «Dio c’è! Non sei tu: rilassati!».