Il (finto) ritorno dell’educazione civica a scuola

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Nasce con un gran pasticcio lo sbandierato ritorno di Educazione Civica tra le materie scolastiche (l’anno prossimo). Serve? A cosa serve? Le riflessioni di Valerio Camporesi

Abolita a suo tempo per ragioni mai chiarite (ma si suppongono finanziare, come sempre accade nel mondo della scuola laddove si decide sulla base delle esigenze del bilancio e non di studi specifici), successivamente riapparsa in forma talmente nebulosa tanto che che nessuno, anche in sede di esame di maturità, sapeva bene di cosa si trattasse (una vera e propria “non materia”, come era stata definita da “La tecnica della scuola”), l’Educazione Civica tornerà – forse – sui banchi di scuola a settembre 2020.

Il parere non vincolante del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione per quest’anno è stato negativo e il neo Ministro Fioramonti ha deciso di dare alle scuole il tempo per organizzarsi. Anche se le scuole, totalmente lasciate nell’incertezza, si sarebbero comunque arrangiate come al solito, tra qualche mugugno e qualche punta di stupore peraltro ormai rassegnata.

Al di là delle question burocratiche, la domanda rilevante è un’altra: l’Educazione Civica, a scuola, serve? A cosa serve? Per dire un chiaro “sì” basta guardare l’attualità, soprattutto gli inquietanti strafalcioni della maggior parte degli utenti dei social media (cittadini con diritto di voto) che, nel commentare la recente crisi politica, hanno dimostrato di conoscere poco o nulla sul funzionamento delle istituzioni del paese in cui abitano. “Non è un governo eletto!” è stato il leitmotiv preferito (e spesso urlato). Peccato che viviamo in Italia e non negli Stati Uniti, dove i governi si eleggono davvero, e che l’Italia sia una Repubblica Parlamentare in cui i governi si fondano sul voto parlamentare.

Peraltro, alla politica ‘da bar’ non si può opporre la politica dei tecnocrati, dei ‘sapienti’ che soli sanno cosa sia il bene comune: in una democrazia il dibattito deve essere aperto, disponibile per tutti, a patto che si sappia però di cosa si sta parlando: di qui l’urgenza di un insegnamento che formi cittadini coscienti di ciò che pensano e di ciò che dicono, perché nessuna scelta e nessuna capacità critica può fondarsi sull’ignoranza.

Ma l’Educazione Civica era ed è necessaria anche per altri motivi: quant’è importante, ad esempio, conoscere i propri diritti (sul lavoro, nella società), in un mondo che tende sempre più a ridurre gli spazi della libertà e del diritto (si pensi alla condizione di molti lavoratori o alle recenti misure restrittive verso la libertà di manifestare)! Quei diritti, per esempio, che la nostra Costituzione garantisce, o meglio dovrebbe garantire, come quello – all’articolo 36 – che sancisce il diritto del lavoratore a una retribuzione “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (sic!).

E quanto è importante – in un’epoca di disaffezione diffusa verso la politica, in cui “La politica mi fa schifo” sembra una frase elegante con la quale presentarsi a una persona – far capire invece che la politica è una dimensione rilevante della realtà e della nostra vita quotidiana e che, per usare un vecchio motto, se tu non ti interessi di politica la politica si interesserà a te. La politica non è il chiacchericcio vuoto di mestieranti ma è la gestione della polis e da questa dipendono i nostri ospedali, le nostre scuole, i nostri ponti. Viene quasi il sospetto che sia anche per questi motivi che l’Educazione civica sia stata fatta scomparire, perché avere cittadini che sanno e che pensano è sempre scomodo per chi gestisce il potere.

Certo, ci vorrebbero insegnanti preparati e, soprattutto, una materia con un nome e cognome, con un’ora in più e con un docente titolare: ma, come sempre, in Italia sulla scuola non si spende, e l’attuale formula vaga, approssimativa, per la sua reintroduzione conferma questa regola. Ma è una regola che, con cittadini maggiormente coscienti dei propri diritti e dei propri doveri e del loro vivere entro una polis, forse un giorno potrà cambiare; perché, come si leggeva al primo rigo del mio vecchio libro di Educazione Civica (allora c’era davvero, con tanto di libro di testo), “L’uomo non può vivere isolato”.

Credits immagine: particolare di una illustrazione di Emanuele Luzzati tratta da “La Costituzione è anche nostra”, Edizioni Sonda

Nato a Firenze il 25 febbraio del 1970, si è laureato in Lettere con indirizzo storico all'università di Firenze nel 1998. Dal 2001 insegna Lettere alla Scuola Secondaria di primo grado. Nel dicembre del 2014 ha pubblicato il suo romanzo d'esordio, "L'amore al tempo della rete" (Carmignani Ed.). Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati all'interno di raccolte antologiche; un suo articolo è apparso sulla "Antologia" del Lab. Vieusseux nel 2016.

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