Scopriamo il kamishibai, letteralmente “teatro di carta”, dove racconto orale e illustrazioni si uniscono armoniosamente
Se ancora non possiamo tornare a viaggiare verso mete lontane, la nostra curiosità non conosce limiti, e stavolta si è spinta fino al Giappone, alla scoperta del kamishibai, il magico “teatro di carta“.
Ne abbiamo parlato con Paola Ciarcià, Presidente dell’AKI (Associazione Kamishibai Italia), docente e formatrice nel settore della pedagogia applicata all’arte e ai beni culturali, e Mauro Speraggi, pedagogista, membro del CIGI (Comitato Italiano del Gioco Infantile) e del comitato scientifico dell’Artoteca di Cavriago (RE).
Cos’è il Kamishibai e qual è la sua origine?
Il kamishibai è una tecnica di narrazione giapponese, che ha avuto la sua massima espressione nel periodo tra le due guerre mondiali, grazie alla combinazione di 3 fattori:
- la diffusione della bicicletta
- la crisi economica del 1929
- l’avvento del cinema sonoro
I primi artisti del kamishibai erano narratori benshi, disciplina che consisteva nel commentare i film muti di allora. Con l’avvento del sonoro migliaia di loro persero il lavoro, e iniziarono l’attività di narrazione in strada.
Si stima che in quel periodo, in tutto il Giappone vi fossero oltre 30.000 kamishibaiya (cantastorie kamishibai)!
Non era raro trovare in un angolo di strada un narratore che, in sella a una bicicletta, con il suo piccolo teatro in legno (butai), richiamasse i bambini battendo tra loro due bastoni di legno. Tutti accorrevano per comprare dolciumi e ascoltare storie, che di solito erano: un racconto buffo, una storia d’amore o una di avventure. Così, tutti i gusti venivano accontentati!
Come funziona il kamishibai?
Il dispositivo si basa sullo scorrimento di singole tavole illustrate, inserite dal narratore all’interno di un piccolo teatro in legno (il butai): attraverso il loro scorrere la storia prende vita.
Il narratore, oltre a gestire il flusso del racconto, commenta le immagini e da’ voce ai personaggi, leggendo il testo riportato sul verso di ogni tavola.
Come ogni buon cantastorie, il narratore cura la drammaturgia della messa in scena, attraverso suoni, rumori ed “effetti speciali”, dando vita a un vero e proprio spettacolo.
Qual è il suo pubblico? È pensato solo per i bambini o anche per gli adulti?
Dal momento che prima di iniziare la narrazione, il cantastorie vendeva caramelle o proponeva giochi e canzoncine, il pubblico è storicamente quello dei bambini e dei ragazzi.
Non esclude però gli adulti; anzi, avendo molte parentele con i cantastorie c’è anche un repertorio per gli adulti o quantomeno per le famiglie.
Oggi noi portiamo le storie kamishibai nelle biblioteche, nelle scuole, ma anche nei quartieri e nelle piazze. La tecnica rimane sempre quella di una performance basata sul racconto e sulla stretta simbiosi con le immagini.
Quali sono le sue funzioni pedagogiche?
Il kamishibai è innanzitutto una forma di spettacolo, quindi si condivide la storia con altri. Ha in sé il rito dell’attesa di “inizio spettacolo”, concentra l’attenzione e la focalizza sulla potenza della storia letta a voce alta, e sulle grandi illustrazioni.
Potremmo dire che è la dimensione collettiva del racconto.
Nella sua apparente semplicità, è un congegno narrativo assai complesso: recupera la dimensione originaria della narrazione orale popolare, e si collega all’invenzione del libro, dal momento che il cantastorie sfoglia pagine e mostra immagini.
Il kamishibai è uno strumento prezioso dal punto di vista educativo: è l’anello di congiunzione fra il gioco simbolico e l’albo illustrato.
A scuola e in un museo diventa un mezzo per trasformare una lezione in storia narrata: è uno straordinario facilitatore per un apprendimento complesso e accattivante.
Il kamishibai segue un copione preciso o è anche frutto dell’improvvisazione del narratore? Ci sono momenti di interazione con il pubblico?
Le tavole illustrate raccontano ognuna una sequenza di una storia definita in precedenza.
La parte della tavola rivolta verso il pubblico è interamente illustrata, mentre nel retro c’è il testo, e una piccola immagine che riproduce l’illustrazione della tavola che si sta leggendo.
Il kamishibai predilige storie semplici, di forte impatto narrativo in cui sia facilmente riconoscibile la struttura della storia e si rispetti la triade narrativa inizio/svolgimento/fine.
Prima di raccontare una storia, il narratore deve:
- leggere con attenzione il testo
- cogliere nelle illustrazioni gli aspetti significativi
- esercitarsi nello scorrimento delle tavole: farlo davanti ad uno specchio aiuta a gestire armoniosamente i passaggi
Quali possono essere gli insegnamenti di questa arte?
È un’esperienza estetica a tutto tondo, perché coinvolge tutti i sensi oltre ad essere uno strumento di cittadinanza attiva e partecipata, se la lettura avviene in luoghi pubblici. Inoltre:
- Rimette al centro il racconto ad alta voce
- Dà dignità al mondo delle figure
- Ripristina un legame stretto tra narratore/trice e pubblico
- Potenzia la dimensione dell’ascolto, dell’attesa, dell’attenzione
L’AKI (Associazione Kamishibai Italia), da quale spinta/esigenza è nata, e perché?
Alla Fiera Internazionale del Libro di Bologna del 2000, in cui eravamo presenti con Artebambini, siamo stati incuriositi da una strana valigetta di legno di uno stand del Giappone, in mezzo a libri e grandi tavole illustrate.
La storia di questo antico strumento di lettura, che seduceva per la sua stretta parentela con il teatro, ci ha spinti a credere che poteva essere lo strumento ideale da portare nelle classi, nelle biblioteche, negli incontri con i genitori.
Il libro, l’albo illustrato, la lettura ad alta voce: era come se avessero trovato un’altra dimensione!
Da quell’incontro sono passati diversi anni di sperimentazioni, letture, corsi di formazione, storie prodotte. Ma le emozioni che è in grado di suscitare questo antico strumento non si sono per niente scalfite!
Finché si leggeranno e ascolteranno storie kamishibai, si rinnoverà l’incanto, la meraviglia e lo stupore propri dei racconti e della narrazione che risalgono all’alba dell’umanità.
Per questo motivo da qualche anno è nata a Bologna l’AKI – Associazione Kamishibai Italia, che è socia dell’Associazione Internazionale dei Kamishibai, con sede in Giappone. Per tutelare, diffondere e fare ricerca su questo strumento culturale ed educativo.
Ogni anno promuove il World Kamishibai Day, che si celebra il 7 dicembre, giorno in cui i giapponesi attaccarono la Marina degli Stati Uniti a Honolulu, nel 1941.
Per questo l’Associazione Internazionale Kamishibai del Giappone lo ha scelto: perché diventi una ricorrenza di pace, e il kamishibai uno strumento di pace.
Quale miglior antidoto alla paura, ai conflitti, alle guerre, se non quello che ci viene dalle storie narrate con il kamishibai, portatore di gioia e colori?