storie

Lavorare in classe su una short story

in Attività di classe by

Short story, ovvero storia breve, non significa di poco valore o poco funzionale alla didattica. Alcune pratiche mirate dimostrano esattamente il contrario. Vediamole insieme.

Lavorare in classe su una “short story”, o storia breve, può far conseguire più benefici di quanto si creda. Invece di programmare alcune pratiche didattiche su brani lunghi o medio-lunghi, che spesso possono scoraggiare o annoiare gli studenti, perché non partire da storie brevi o brevissime?

Impostare attività finalizzate allo sviluppo di competenze fondamentali – come comprensione, analisi, sintesi, ampliamento lessicale e produzione testuale – facendo lavorare su storie brevi o brevissime risulterà sorprendentemente efficace. Parola di una prof che l’ha più volte sperimentato!

Punti di forza narrativi della short story
  • una storia breve di qualità risulta profonda, piena di senso, capace di far risuonare domande e irradiare significati molteplici;
  • rispetto al racconto lungo, quello breve è più denso, rigoroso, essenziale e privo di divagazioni perché si dirige spedito verso l’obiettivo;
  • l’accuratezza lessicale è massima, ogni parola ha un peso determinante in quanto decisiva per la costruzione e la tenuta della storia;
  • occorre porre la massima attenzione al sommerso, al non detto, al simbolismo implicito;
  • altrettanta attenzione va posta su ogni particolare: attraverso dettagli e indizi sapientemente seminati dall’autore, possono essere ricostruite storie nascoste e scovati significati più profondi
Punti di forza didattici della short story
  • la sua brevità riesce a catturare e mantenere l’attenzione in classe alta e costante;
  • la narrazione breve predispone favorevolmente alla lettura e all’ascolto;
  • non inibisce studenti con particolari criticità negli apprendimenti;
  • incuriosisce e stimola l’immaginazione di tutti;
  • permette di impostare pratiche didattiche da applicare con gradualità a testi sempre più lunghi e articolati.
Alcune attività didattiche a partire dal racconto breve Lascia stare di Franz Kafka

Quando si parla di scrittura di qualità, Franz Kafka non può che rappresentare una garanzia. Prima della lettura, partendo da una routine MLTV – metodologia che insiste su metacognizione e  processi di pensiero – si possono sollecitare i ragazzi a far previsioni sulla trama a partire dal titolo.

Dopo la lettura si apriranno le discussioni, le negoziazioni e le attività utili a lavorare su comprensione e  competenze di analisi, sintesi, ampliamento lessicale e produzione testuale. Tali attività potranno essere improntate sulla base dei seguenti input:

  • attenzione a narratore, focalizzazioni e punti di vista;
  • soffermarsi su scelta delle parole, loro significati letterali e simbolici;
  • far notare la scelta dei tempi verbali, le strutture sintattiche e la loro funzionalità;
  • lavorare su regola delle 5W e sulla curva del plot per sollecitare le competenze di sintesi;
  • soffermarsi sulla caratterizzazione dei personaggi, anche con l’ausilio di organizzatori grafici o tabelle che mettano in evidenza la corrispondenza tra quanto dedotto e quanto ricavato dal testo;
  • soffermarsi su ambientazione e, in genere, su ogni dettaglio utile a ricostruire ulteriori microstorie e penetrare nel sottotesto;
  • discutere sul significato, sul messaggio della storia e su ciò che può considerarsi implicito;
  • lavorare su connessioni con il proprio vissuto e con il mondo esterno;
  • prendere spunto da certe connessioni per assegnare attività di “scrittura veloce” vicine all’esperienza degli studenti (annotazioni da far confluire in un eventuale testo articolato e compiuto);
  • stimolare la creatività con produzioni scritte di vario genere, quali cambio dei punti di vista o prosecuzione della storia; 
  • provare a far drammatizzare o creare una miniscenografia da far recitare anche in modalità amatoriale (brevi video o semplici teatralizzazioni da realizzare in aula).
Alcune attività didattiche a partire dalle storie brevissime di Fredric Brown

Fredric Brown è stato uno scrittore statunitense specializzato nella produzione di racconti brevi di genere giallo o fantascientifico basati sul non-sense, quindi ottimo punto di riferimento per attività di questo genere.

Programmare attività didattiche a partire dalle sue storie permette di impostare interessanti rielaborazioni. Seguendo gli input elencati per il lavoro su Kafka, si può leggere il suo racconto breve L’unico sbaglio e, successivamente, andare oltre fino alla pura essenzialità.

Brown dimostra che non solo poche frasi, bensì poche parole possono essere perfettamente in grado di impiantare una storia impattante e dalle fondamenta solide. Un famoso incipit del suo racconto Knok, pubblicato sulla rivista di fantascienza Wonder Stories, possiede una densità e una efficacia evocativa tali da poterlo considerare, a tutti gli effetti, una short story:

L’ultimo uomo sulla terra sedeva da solo in una stanza. Qualcuno bussò alla porta.

Precisando che uno scritto pressoché identico lo si deve ad un autore americano vissuto in anni precedenti, Thomas Bailey Aldrich, ciò che conta è l’impatto che un testo di questo tipo arriva a produrre sul lettore. Le suggestioni sensoriali e le stimolazioni immaginifiche che provoca sono così intense da far venir voglia di prendere carta e penna e proseguire subito la narrazione!

E i ragazzi questa narrazione la proseguono volentieri, visto che a venir sollecitati sono creatività, fantasia e capacità di immedesimazione. È importante far riflettere su quanto possano essere incisive le parole e su quali possano essere le implicazioni derivanti dal saperle dosare in maniera accurata e sapiente. E, naturalmente, sarà altrettanto efficace impostare alcune attività, in parte simili e in parte speculari a quelle già indicate a proposito del racconto breve di Kafka, ad esempio:

  • rinnovata e rafforzata attenzione alla scelta delle parole, dei tempi verbali, della sintassi essenziale;
  • cominciare a riflettere sulla grammatica in contesto, approfittando delle frasi minime e delle scelte sintattico-lessicali contenute;
  • potenziare la negoziazione di significati, discutere su messaggi, su tutto ciò (ed è tanto) che c’è di implicito e simbolico;
  • produrre un finale di storia altrettanto breve, esempio massimo 5 righe;
  • proseguire la trama in modo particolareggiato, compresa la creazione di dialoghi che possano dare luogo a micro-drammatizzazioni, o raccontare la storia da diversi punti di vista;
  • stimolare le connessioni personali o con il mondo esterno che possano fornire “semi di scrittura” da recuperare successivamente in occasione di lezioni sui generi fiction o non fiction.
Alcune attività a partire dalle frasi essenziali di Augusto Monterosso e Ernest Hemingway

Storie brevi, brevissime e telegrafiche offrono modi diversi e creativi per lavorare su competenze linguistiche fondamentali. In tema di scritti basici ed essenziali, impossibile non richiamare due celebri frasi sbalorditive per la loro potenzialità:

Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì (Augusto Monterroso)
In vendita scarpe da bambino, mai usate (Ernest Hemingway)

Non sono potentissime? Dalle riflessioni che ne scaturiscono non possono che uscirne considerazioni notevoli. Le attività da proporre, anche in questo caso, potranno ricalcare quelle delle short stories precedenti. L’importante è che la trama sia short! A lavorarci in modo strong ci pensiamo noi!

Qui un po’ di titoli di libri su cui reperire short story e racconti brevissimi:

  • AA.VV., Storie del terrore da un minuto, Feltrinelli
  • AA.VV., I racconti più brevi del mondo, Fahrenheit 451
  • G. Gospodinov, Tutti i nostri corpi. Storie superbrevi, Voland

Se ti interessa l’argomento dello storytelling, leggi anche questo articolo!

Foto copertina by Florian Klauer on Unsplash

Il kamishibai,”teatro di carta” che incanta e racconta

in Approcci Educativi/Attività di classe by
Scopriamo il kamishibai, letteralmente “teatro di carta”, dove racconto orale e illustrazioni si uniscono armoniosamente

Se ancora non possiamo tornare a viaggiare verso mete lontane, la nostra curiosità non conosce limiti, e stavolta si è spinta fino al Giappone, alla scoperta del kamishibai, il magico “teatro di carta“.

Ne abbiamo parlato con Paola Ciarcià, Presidente dell’AKI (Associazione Kamishibai Italia), docente e formatrice nel settore della pedagogia applicata all’arte e ai beni culturali, e Mauro Speraggi, pedagogista, membro del CIGI (Comitato Italiano del Gioco Infantile) e del comitato scientifico dell’Artoteca di Cavriago (RE).

Cos’è il Kamishibai e qual è la sua origine?

Il kamishibai è una tecnica di narrazione giapponese, che ha avuto la sua massima espressione nel periodo tra le due guerre mondiali, grazie alla combinazione di 3 fattori:

  • la diffusione della bicicletta
  • la crisi economica del 1929
  • l’avvento del cinema sonoro

I primi artisti del kamishibai erano narratori benshi, disciplina che consisteva nel commentare i film muti di allora. Con l’avvento del sonoro migliaia di loro persero il lavoro, e iniziarono l’attività di narrazione in strada.

Si stima che in quel periodo, in tutto il Giappone vi fossero oltre 30.000 kamishibaiya (cantastorie kamishibai)!

Non era raro trovare in un angolo di strada un narratore che, in sella a una bicicletta, con il suo piccolo teatro in legno (butai), richiamasse i bambini battendo tra loro due bastoni di legno. Tutti accorrevano per comprare dolciumi e ascoltare storie, che di solito erano: un racconto buffo, una storia d’amore o una di avventure. Così, tutti i gusti venivano accontentati!

Illustrazione tratta da “L’uomo del kamishibai
Di Allen Say – Edizioni Artebambini
Come funziona il kamishibai?

Il dispositivo si basa sullo scorrimento di singole tavole illustrate, inserite dal narratore all’interno di un piccolo teatro in legno (il butai): attraverso il loro scorrere la storia prende vita.

Il narratore, oltre a gestire il flusso del racconto, commenta le immagini e da’ voce ai personaggi, leggendo il testo riportato sul verso di ogni tavola.

Come ogni buon cantastorie, il narratore cura la drammaturgia della messa in scena, attraverso suoni, rumori ed “effetti speciali”, dando vita a un vero e proprio spettacolo.

Qual è il suo pubblico? È pensato solo per i bambini o anche per gli adulti?

Dal momento che prima di iniziare la narrazione, il cantastorie vendeva caramelle o proponeva giochi e canzoncine, il pubblico è storicamente quello dei bambini e dei ragazzi.

Non esclude però gli adulti; anzi, avendo molte parentele con i cantastorie c’è anche un repertorio per gli adulti o quantomeno per le famiglie. 

Oggi noi portiamo le storie kamishibai nelle biblioteche, nelle scuole, ma anche nei quartieri e nelle piazze. La tecnica rimane sempre quella di una performance basata sul racconto e sulla stretta simbiosi con le immagini.

Quali sono le sue funzioni pedagogiche?

Il kamishibai è innanzitutto una forma di spettacolo, quindi si condivide la storia con altri. Ha in sé il rito dell’attesa di “inizio spettacolo”, concentra l’attenzione e la focalizza sulla potenza della storia letta a voce alta, e sulle grandi illustrazioni. 

Potremmo dire che è la dimensione collettiva del racconto.

Nella sua apparente semplicità, è un congegno narrativo assai complesso: recupera la dimensione originaria della narrazione orale popolare, e si collega all’invenzione del libro, dal momento che il cantastorie sfoglia pagine e mostra immagini.

Il kamishibai è uno strumento prezioso dal punto di vista educativo: è l’anello di congiunzione fra il gioco simbolico e l’albo illustrato.

A scuola e in un museo diventa un mezzo per trasformare una lezione in storia narrata: è uno straordinario facilitatore per un apprendimento complesso e  accattivante.

Il kamishibai segue un copione preciso o è anche frutto dell’improvvisazione del narratore? Ci sono momenti di interazione con il pubblico?

Le tavole illustrate raccontano ognuna una sequenza di una storia definita in precedenza.

La parte della tavola rivolta verso il pubblico è interamente illustrata, mentre nel retro c’è il testo, e una piccola immagine che riproduce l’illustrazione della tavola che si sta leggendo.

Il kamishibai predilige storie semplici, di forte impatto narrativo in cui sia facilmente riconoscibile la struttura della storia e si rispetti la triade narrativa inizio/svolgimento/fine.

Prima di raccontare una storia, il narratore deve:

  • leggere con attenzione il testo
  • cogliere nelle illustrazioni gli aspetti significativi
  • esercitarsi nello scorrimento delle tavole: farlo davanti ad uno specchio aiuta a gestire armoniosamente i passaggi
Quali possono essere gli insegnamenti di questa arte?

È un’esperienza estetica a tutto tondo, perché coinvolge tutti i sensi oltre ad essere uno strumento di cittadinanza attiva e partecipata, se la lettura avviene in luoghi pubblici. Inoltre:

  • Rimette al centro il racconto ad alta voce
  • Dà dignità al mondo delle figure
  • Ripristina un legame stretto tra narratore/trice e pubblico
  • Potenzia la dimensione dell’ascolto, dell’attesa, dell’attenzione
L’AKI (Associazione Kamishibai Italia), da quale spinta/esigenza è nata, e perché?

Alla Fiera Internazionale del Libro di Bologna del 2000, in cui eravamo presenti con Artebambini, siamo stati incuriositi da una strana valigetta di legno di uno stand del Giappone, in mezzo a libri e grandi tavole illustrate.

La storia di questo antico strumento di lettura, che seduceva per la sua stretta parentela con il teatro, ci ha spinti a credere che poteva essere lo strumento ideale da portare nelle classi, nelle biblioteche, negli incontri con i genitori.

Il libro, l’albo illustrato, la lettura ad alta voce: era come se avessero trovato un’altra dimensione!

Da quell’incontro sono passati diversi anni di sperimentazioni, letture, corsi di formazione, storie prodotte. Ma le emozioni che è in grado di suscitare questo antico strumento non si sono per niente scalfite!

Finché si leggeranno e ascolteranno storie kamishibai, si rinnoverà l’incanto, la meraviglia e lo stupore propri dei racconti e della narrazione che risalgono all’alba dell’umanità.

Paola Ciarcià con i bambini

Per questo motivo da qualche anno è nata a Bologna l’AKI – Associazione Kamishibai Italia, che è socia dell’Associazione Internazionale dei Kamishibai, con sede in Giappone. Per tutelare, diffondere e fare ricerca su questo strumento culturale ed educativo.

Ogni anno promuove il World Kamishibai Day, che si celebra il 7 dicembre, giorno in cui i giapponesi attaccarono la Marina degli Stati Uniti a Honolulu, nel 1941.

Per questo l’Associazione Internazionale Kamishibai del Giappone lo ha scelto: perché diventi una ricorrenza di pace, e il kamishibai uno strumento di pace.

Quale miglior antidoto alla paura, ai conflitti, alle guerre, se non quello che ci viene dalle storie narrate con il kamishibai, portatore di gioia e colori?

Le storie animate: dal libro al video

in Letture in classe/STEM ed Esperienze digitali by
Le “storie animate” dal libro al video, un’altra forma del narrare.

In queste settimane di lockdown, molti bambini e bambine hanno riscoperto la gioia e il divertimento di leggere una storia o ascoltarla!

Tanti autori e editori hanno messo a disposizione dei piccoli lettori i propri libri o le proprie storie animate, utilizzando social e piattaforme on-line.

Sul canale YouTube di Librì, editore specializzato nei progetti educativi per la scuola, sono disponibili tante storie animate per piccoli e grandi lettori.

È stata Maria Cristina Zannoner, editore e amministratore delegato di Librì, a rendere disponibile gratuitamente a tutti questa nuova forma di narrazione. Partendo dal testo e dai disegni dei suoi libri più letti e amati dal piccolo pubblico si arriva a Youtube.

Non solo, Cristina Zannoner ha voluto prestare la propria voce narrante a questo esperimento.

Un esperimento sicuramente amatoriale, con l’obiettivo preciso di regalare una piccola pillola di intelligenza e conforto a tutti i bambini chiusi in casa.

Ascoltando e guardando le storie di Librì, sarà possibile incontrare il misterioso Billi Acchiappapaura, il lupo che aveva paura delle favole, il topo che misurava i fulmini. Oppure l’elefantino Mo e la mosca Eli. Fino al il piccolo Nic, che grazie all’inaspettato regalo della nonna parte per un viaggio straordinario alla scoperta dell’amicizia.

Storie e favole per grandi e piccoli lettori, da ascoltare ma anche da vedere, grazie al montaggio degli splendidi disegni che illustrano i libri.

Le storie animate sono anche degli ottimi strumenti didattici per stimolare la fantasia e la creatività, che gli insegnanti possono utilizzare come letture da assegnare ai propri alunni per toccare temi e valori importanti.

Qualche esempio?

Perché non cominciare della paura…

Storie per attraversare la notte

in Arte, Musica e Spettacolo by
Con Carlo Ridolfi scopriamo come tutte quelle storie che ci raccontano di apocalisse e fine del mondo, in realtà, ci aiutano a vivere meglio il nostro presente.

Non c’è nulla di più rassicurante che assistere alla fine del mondo comodamente seduti in poltrona, al cinema o nel salotto di casa propria. Questo era uno degli assiomi della psicologia dei mezzi di comunicazione di massa, fino a quando la fine del mondo – non quella reale, ma il diffuso senso di pericolo e di angoscia che eventi come una guerra, un terremoto o, cronaca di questi giorni, la diffusione di un virus – non è entrata a far parte della nostra vita quotidiana. È una dimensione nuova per la gran parte di noi, con la quale è opportuno fin da subito fare i conti, per attrezzare strategie di contenimento dell’ansia e di riscossa positiva. Da sempre – forse non basta a consolarci, ma serve per riaffermare il nostro ineluttabile destino comune – gli esseri umani rispondono raccontando storie.

Lo facevano i nostri antenati quando dipingevano scene di caccia nelle grotte di Altamira o di Lascaux. Lo facevano i giovani fiorentini del Trecento descritti da Giovanni Boccaccio, che per sfuggire e sopravvivere alla peste nera si ritiravano in campagna a condividere le novelle del Decamerone. Lo facciamo anche noi, con mezzi e tecnologie molto più pervasivi e sofisticati, ma con la stessa motivazione di fondo e di sempre.

Potrebbe essere lunghissimo l’elenco di storie per immagini in movimento e suoni – film, cortometraggi, video, serie tv ecc. – che raccontano apocalissi di ogni genere e modi nei quali il genere umano ne sarebbe sopravvissuto. Mi limiterò quindi a pochi titoli indicativi, solo come tracce di alcuni fra i mille percorsi possibili.

Prima traccia: ragazzini su un’isola deserta che si devono reinventare l’esistenza

Un riferimento obbligato potrebbe essere Il signore delle mosche (capolavoro letterario pubblicato nel 1958 dia William Golding e splendido ancorché durissimo film di Peter Brook del 1963). Ma mi piace ricordare qui un grandissimo maestro come Karel Zeman, che con I ragazzi del capitano Nemo (1966) produsse una delle sue principali opere, ispirate come narrazione e scelte iconografiche all’epoca di Jules Verne.

Seconda traccia: famiglie che hanno fatto naufragio

Lost in space: buona riproposizione di una celebre serie televisiva del 1965. Gli abitanti della Terra sono stati costretti a cercare altrove possibilità di sopravvivenza. Una famiglia (di cognome fanno Robinson, ovviamente non a caso) si trova a dover atterrare su un pianeta sconosciuto. Ci sono tutte le dinamiche e gli sviluppi narrativi di un racconto che potrebbe essere quello della vita quotidiana di molti di noi.

Terza traccia: il mondo salvato dai ragazzini

Un bellissimo film francese del 2010, diretto da Romain Goupil: Tutti per uno (titolo originale, forse ancora più bello, Les mains en l’air, Le mani in aria). In un 2009 immaginario il piccolo Youssef, espulso da scuola perché clandestino, viene accolto, nascosto e salvato da un gruppo di suoi compagni di classe. Come a dire che gli adulti producono mondi distopici, per fortuna avversati e risistemati dalla solidarietà fra minori.

E, naturalmente, le tre stagioni, in attesa della quarta, di Stranger Things, di Matt e Ross Duffer, che rendendo omaggio a tutti i miti della loro infanzia-adolescenza degli anni Ottanta del ‘900 (da I Goonies a La storia infinita) hanno creato uno dei più straordinari e indimenticabili gruppi di ragazze e ragazzi degli ultimi anni.

Quarta traccia: il fanciullo eterno

La saga completa di Harry Potter, senza dubbio. Ma anche, per uscire dai territori più conosciuti, un buon film come L’ultimo dominatore dell’aria (2010) di M. Night Shyamalan, che riprende personaggi e vicende creati da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko in una serie a disegni animati dal titolo Avatar, disponibile anche in italiano, nella quale si fondono con convincente ritmo narrativo e non poco umorismo caratteri del racconto epico, filosofie orientali e dinamiche adolescenziali.

Tutti i titoli citati sono disponibili o in homevideo o nella programmazione generalista o nelle piattaforme in streaming. La ricerca, che può assomigliare anche a una piccola ma divertente caccia al tesoro, è ulteriore motivo di appassionante impegno per grandi e piccoli.

Scarica unità didattica

Argomenti

Go to Top