Linee guida e mission del progetto Senza Zaino, nato da un’idea di Marco Orsi, di cui fanno parte attualmente circa 300 istituti comprensivi italiani
La prima domanda sorge spontanea: perché proprio Senza Zaino?. La risposta la fornisce lo stesso Marco Orsi, ideatore del progetto.“Abbiamo preso un semplice e scontato oggetto come lo zaino che adoperano gli studenti e abbiamo provato a porci delle domande: perchè si usa per andare a scuola? Perché il funzionario che lavora in banca porta con sè solo una cartella leggera? Perché, al contrario, lo zaino è così pesante da preoccupare genitori e medici? Vuol dire qualcosa il fatto che la scuola sia l’unica organizzazione che impiega questo strumento, oppure si tratta di un aspetto così marginale da non meritare la nostra attenzione?”. In sintesi, secondo Orsi, lo zaino è indice dell’inospitalità della scuola, come argomentato in Educare alla responsabilità nella globalizzazione (EMI, 2002) e, in forma più organica, nel volume “A Scuola Senza Zaino” (Erickson) dove vengono proposti e spiegati in dettaglio anche i tre pilastri di riferimento del progetto: Ospitalità, Responsabilità, Comunità.
i pilastri di riferimento del progetto Senza Zaino: Ospitalità, Responsabilità, Comunità
Il valore dell’ospitalità si riferisce prima di tutto all’organizzazione degli ambienti: differenziare e personalizzare l’attività didattica permette di tenere in effettiva considerazione, di “ospitare” appunto, la varietà delle intelligenze e degli stili cognitivi degli allievi, per dar vita ad una scuola davvero inclusiva perché progettata per tutti. Con responsabilità si fa riferimento a uno dei concetti chiave di Maria Montessori (aiutare a fare da soli) e nella pratica scolastica, si punta a creare strumenti didattici che possono favorire la conquista dell’autonomia e il rinforzo del senso di responsabilità. Infine, gli spazi dell’aula e della scuola, in Senza Zaino, sono organizzati per concretizzare l’idea di comunità e permettere l’incontro e il lavoro condiviso dei docenti e degli allievi.
Ispiratori: da Pestalozzi a Rousseau, da Dewey a Freinet e a Cousinet, da Steiner a Montessori, per arrivare a Bruner, Vygotskij, Gardner, Sternberg…
Qualche informazione in più: i riferimenti teorici del Movimento Senza Zaino sono quelli della psicologia e della pedagogia classica, da Pestalozzi a Rousseau, da Dewey a Freinet e a Cousinet, da Steiner a Montessori, per arrivare a Bruner, Vygotskij, Gardner, Sternberg, tanto per citarne solo alcuni. L’idea si sviluppa dalla Giornata della Responsabilità promossa nell’anno scolastico 1997/1998, da Marco Orsi, allora Direttore Didattico del Circolo Didattico n. 7 di Lucca: un percorso di sperimentazione didattica, la cui finalità principale era dimostrare che i bambini, in spazi opportunamente strutturati e con materiali adeguati, potevano riuscire a organizzarsi responsabilmente senza l’intervento dei docenti. Nel 2000, l’impegno viene esteso a quindici giorni (An Open Window).
Sono datate 2003 invece le prime due classi Senza Zaino. Nel 2004 viene costituita la Rete del Movimento Senza Zaino (a norma del DPR n. 275 del 1999). Nel 2015, è nata, inoltre, l’Associazione Senza Zaino – Per una scuola comunità, con lo scopo di diffondere i valori e il modello di questa scuola. Nel 2018, infine, il modello è stato catalogato come best practice in una ricerca sulle didattiche innovative promossa dall’OECD dal titolo “Teachers as Designers of Learning Environments”, curato da A. Paniagua e D. Istance.
Senza Zaino quindi vuol dire far riemergere il luogo scuola da quella sorta di limbo del non-luogo nel quale è collocato. La scuola diventa comunità educante della quale entrano a far parte, ognuno con il proprio ruolo, tutti i componenti: insegnanti, bambini e ragazzi, genitori personale ATA e amministrativo. Insegnanti e allievi co-costruiscono il curricolo e il sapere si fonda sui libri e sull’esperienza dell’imparare, ecco perché il superamento dell’idea di classe, come avviene a Città-Scuola Pestalozzi e la stessa classe è spazio esperienziale, dove solo in alcuni casi e per un tempo limitato avviene la lezione frontale, perché la maggior parte dell’imparare è delegato a momenti laboratorio.
Quando inizia la giornata scolastica ogni bambino sa cosa deve fare e sceglie dove farlo, questo rende autonomi gli alunni e l’autonomia genera competenze. Grazie alla co-progettazione il bambino acquisisce consapevolezza di ciò che gli piace, di ciò che vuole fare e di ciò che vuole imparare e soprattutto con quali strumenti, in questo modo si valorizzano le intelligenze di ognuno, dando ad ogni bambino/a la possibilità di lavorare e apprendere come è meglio per lui/lei. I ragazzi imparano ad imparare e a risolvere i problemi in gruppo, l’attenzione allo spazio è anche cura del bambino nella sua interezza: si impara con tutto il corpo e non solo con la testa. Gli insegnanti lavorano in team e sono in costante formazione interna, come mi racconta la maestra Giuliana della scuola Senza Zaino Espazia di Monterotondo (Roma), che ho avuto occasione di visitare.
La scuola ESpazia di Monterotondo – Roma ha anche riorganizzato alcuni orari in modo che non ci sia una distinzione tra classi a modulo e classi a tempo pieno. Tutti vanno a scuola per tre giorni solo la mattina e due fino alle 16. Chi sceglie di fare 30 ore (per motivi famigliari) nei tre pomeriggi in cui resta a scuola fa attività laboratoriale durante la quale i bambini vengono riuniti in classi miste per età e lavorano a classi aperte.
L’adulto è sempre un facilitatore e un propositore. I bambini e i ragazzi imparano dalle esperienze, la scuola non è più un trasmettitore di nozioni, ma luogo in cui si impara a fare e, soprattutto, a essere.
Per saperne di più: elenco scuole della rete Senza Zaino