Partendo dalla serie tv “Bing” una riflessione di Carlo Ridolfi sull’azione di cura educativa: un processo lento, faticoso, che può riservare agli educatori amarezze, disillusioni, senso di inadeguatezza, fino agli estremi del burn-out . Non esistono però scorciatoie o facili soluzioni buone per tutti
C’è una piccola e deliziosa serie tv, che si può vedere (la programmazione televisiva attuale è fatta in modo tale che è praticamente impossibile perdere qualcosa, visto l’altissimo numero di repliche) su Rai YoYo. La serie si intitola Bing. L’ha creata Ted Dewan, autore americano. E’ andata in onda per la prima volta nel 2014 in Gran Bretagna.
Sono settantotto episodi che durano ciascuno sette minuti. Raccontano di un coniglietto, Bing, che potrebbe avere, se fosse un bambino, quattro-cinque anni. Bing vive in una bella casetta, ha amici molto cari, come l’elefantina Sula, il panda Pando, i cugini Coco e Charlie. Le avventure che attraversano sono proprie di una vita quotidiana molto credibile e famigliare. Ogni puntata viene conclusa con un piccolo e didascalico riassunto che lo stesso Bing presenta a beneficio dei piccoli spettatori.
La serie, adatta anche a bambini e bambine della scuola dell’infanzia, ha molti meriti sia di tipo narrativo che linguistico. Trasmette serenità e tende a tranquillizzare anche quando descrive qualche minima ansia che coinvolge i protagonisti.
In particolare, e vorrei soffermarmi un momento proprio su questo particolare, Bing vive con una specie di tutore/mentore, che sembra un pupazzetto di stoffa dalle sembianze zoomorfe. E’ una sorta di riassunto di tutte le virtù pedagogiche: è calmo, paziente, saggio. Affronta ogni situazione, anche quelle apparentemente difficili, attento prima di tutto a sdrammatizzare, a infondere fiducia in Bing e nei suoi amici, a cogliere i lati positivi e mettere in secondo piano quelli negativi.
Certamente non a caso, vista la lingua di origine della produzione televisiva (che proviene da una serie di libri che vanno sotto il nome di Bing Bunny) , è il nome che Ted Dewan ha assegnato a questo personaggio. Lo ha chiamato Flop, che in traduzione dall’inglese suonerebbe come “insuccesso”, “fiasco”.
E’ forse il destino di qualsiasi educatore, quello di essere più probabilmente vicino ad un flop, ad un fiasco, che non a un successo misurabile in concreto e nel tempo?
E’ forse il destino di qualsiasi educatore, quello di essere più probabilmente vicino ad un flop, ad un fiasco, che non a un successo misurabile in concreto e nel tempo?
Chissà se esiste da qualche parte un oggetto transizionale come Hoppity Voosh, il coniglietto pupazzo supereroe senza il quale Bing non riesce ad andare a letto tranquillo, adatto per genitori, insegnanti, educatori che spesso si fanno (ci facciamo) cogliere dall’ansia di vedere i risultati della propria azione pedagogica. (Se esistesse, e qualcuno lo commercializzasse, avrebbe probabilmente ottimi risultati di vendita).
Sarebbe forse il caso di prendere atto che possono essere più frequenti i flop che non i successi. L’azione di cura educativa, come sembra saper bene Ted Dewan, è un processo lento, faticoso, che può riservare amarezze, disillusioni, senso di inadeguatezza, fino agli estremi del burn-out. Non esistono però scorciatoie o facili soluzioni buone per tutti.
La calma olimpica con la quale il piccolo ma deciso Flop affronta le situazioni che coinvolgono Bing è da insegnamento non solo per i bambini e le bambine, ma anche per gli educatori che insieme a loro possono vedere le (comunque realizzate egregiamente e molto divertenti) puntate della serie. Un elogio particolare in questo senso va fatto al doppiatore italiano di Flop, Fabrizio Russotto, che dona al personaggio un incedere vocale che ha il giusto equilibrio, per tono, profondità e lentezza, di autorevolezza e rassicurazione.
Non sono in grado di dire se l’autore statunitense abbia avuto presenti modelli come il “barattolo della calma” ideato da Maria Montessori. Certo è che Flop dovrebbe servire da insegnamento a tutti noi quando ci facciamo prendere dall’ansia della prestazione educativa, cercando conferme in improbabilissime misurazioni quantitative just in time.
Meglio un flop consapevole, verrebbe da dire, che tanti falsi successi che hanno la consistenza di una bolla di sapone. Sapendo che nella vita, come e più ancora che nelle serie tv, è necessario coltivare la fiducia nella prossima puntata, che sarà domani.