Dunque anche la scuola era un’idea dei Sissipole. Come poteva essere diversamente? La conclusione del racconto metafora della scuola di Renato Palma
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Ma torniamo alla nostra storia. Cosa successe in quell’incontro al palazzo del governo?
Le trattative andarono nel modo che potete immaginare.
No davvero, disse il governatore e ottenne come risposta: Certo, mi pare che tu non abbia tutti i torti. E lui fermo: E allora facciamola finita di perdere tempo: il governo ha cose più importanti da fare che occuparsi della scuola.
Qui occorre riconoscere agli Unsipole una capacità di prevedere il futuro veramente impressionante, anche oggi è così. I Sissipole però non mollavano, con una loro dialettica circolare facevano un giro largo intorno alle argomentazioni del governatore e poi tornavano al punto. Così alla fine ottennero un “va bene, provate, ma vi accorgerete che unsipole (non si può) essere così stupidi e visionari da immaginare di creare una scuola”.
Gli Unsipole erano certi che il progetto non sarebbe andato in porto, e sapevano anche quali erano i motivi. Il primo, sarebbero riusciti a trasformare un’invenzione intelligente in un’arma per continuare a esercitare il loro potere.
Era già successo con il denaro, ma questa è un’altra storia, e con tutte le proposte buoniste di quegli ingenui dei Sissipole. Il secondo: pensarono che in questo progetto i Sissipole avrebbero bruciato tutte le loro energie innovative. Considerare i bambini come un potenziale innovativo per la società era frutto solo della follia di quegli irrequieti scriteriati.
Che si facessero la loro scuola, così avrebbero smesso di creare problemi con tutte le loro provocazioni. Così la scuola cominciò a funzionare e divenne in poco tempo la fucina di cittadini indipendenti, che pensavano con la loro testa, e di innovatori sociali che mettevano in crisi l’uso della forza.
Gli Unsipole dissero di sé stessi una cosa che purtroppo dimenticarono troppo presto. Siamo stati degli stupidi.
Ci sembrava un gioco da lasciargli fare, ma i Sissipole hanno creato un luogo nel quale possibilità e affettività si amplificano a vicenda. I bambini e i ragazzi vanno volentieri a scuola. Gli insegnanti sono contenti di stare con loro. Nessun conflitto. Nessun allenamento al conflitto. La scuola è diventata una incubatrice per i Sissipole che crescono di numero.
Bisogna intervenire, dissero. Ma chiudere la scuola non era più possibile. Allora che fare? Molto semplice, disse un Unsipole cattivo, ma talmente cattivo che non parlava quasi mai.
Cosa?
Dobbiamo ristabilire il potere anche nella scuola. Come dicevano quegli Unsipole che avevano un impero? Divide et impera. E così si inventarono un ministero e i programmi ministeriali, che mettessero finalmente i bisogni dei bambini in conflitto con il potere degli insegnanti.
Gli Unsipole gongolarono per la loro infinita astuzia. In questo modo erano certi di far fallire l’idea della scuola come luogo per migliorare, insieme ai ragazzi, la società.
Gli Unsipole trasformarono la scuola nel modo che già conoscete. Anche loro sapevano che la vita era un luogo dove ancora si soffriva, ma invece di allearsi con la parte più fresca e possibilista della società, i bambini appunto, che erano curiosi e non ancora condizionati, avevano deciso di fare della scuola un luogo in tutto e per tutto simile alla vita.
Fine dell’innovazione sociale, si promuoveva solo l’innovazione scientifica. Rimasero sorpresi quando un giorno videro sul muro della scuola una scritta a caratteri cubitali: se siete convinti che la vita sia soprattutto sofferenza, non vediamo perché cominciare fin dalle elementari.
E questo era solo il primo segnale, perché vedete, dove ci sono i bambini si respira, inevitabilmente, un’atmosfera di affetto. Così, poco alla volta, molti insegnanti si ricordarono di essere stati anche loro bambini e strinsero con loro una nuova alleanza, basata appunto sull’affetto.
Certo il governo poteva lasciare le scuole fatiscenti, renderle luoghi volutamente infrequentabili, mettere in difficoltà gli insegnanti con carichi burocratici enormi, istigarli a misurare i ragazzi con test di tutti i tipi.
Ma la scuola è un luogo fatto di persone. La grande riforma la fanno le persone. Così, poco alla volta, i Sissipole cominciarono, con il loro entusiasmo e la loro passione, spesso anche a spese loro, a tornare alle origini. Certo quando parlano con gli Unsipole, che come sapete occupano quasi tutti i posti di potere, della scuola come spazio affettivo, democratico, si sentono ancora accusare di essere dei sognatori.
Ma i Sissipole imparano e non si lasciano abbattere. E continuano a lavorare sostenuti dalla gratitudine dei bambini e dei loro genitori. Per quello che mi riguarda, se oggi penso quello che penso lo devo in grandissima parte al mio maestro delle elementari, un vero grande geniale Sissipole.