Alternanza Scuola Lavoro, cosa va e cosa non va?

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Valerio Camporesi in un’analisi lucida su un tema caldo come l’alternanza scuola lavoro. Può essere una buona idea o si rivelerà un flop? 

Con il nuovo anno scolastico è entrata a regime l’alternanza scuola lavoro, uno degli aspetti più discussi e innovativi della Legge 107 (La buona scuola). Esperienza sin qui controversa, non rifiutata con pregiudizio neanche dai ragazzi (come si legge sul sito della Rete degli studenti) ma contestata per vari aspetti, fino ad arrivare a denunce sulle quali è stato chiamato a pronunciarsi il Parlamento stesso.

Vale la pena anzitutto ricordare gli estremi della legge: 400 ore per gli studenti degli istituti tecnici e professionali e 200 per quelli dei licei da svolgere in alternanza presso imprese, aziende, associazioni, enti e ordini professionali, anche nel periodo di interruzione delle lezioni; si tratta di un percorso formativo obbligatorio e non remunerato, diverso in questo dall’apprendistato che prevede un vero e proprio contratto.

Alternanza scuola lavoro

Già da questi dati emergono gli aspetti più problematici, oggetto di polemiche e di contestazioni in primo luogo da parte degli studenti stessi (vasta eco ha ricevuto lo sciopero del 13 ottobre, molto partecipato in tutte le città): anzitutto il numero di ore, ritenuto eccessivo e tale da pregiudicare il normale percorso scolastico di studio; di questo si lamentano anche i docenti, che si vedono “sparire” intere classi o gruppi di alunni per periodi consistenti dell’anno vedendo così seriamente ostacolata la propria attività didattica.

Va osservato che appare quanto meno discutibile l’aver esteso tale esperienza ai licei, a differenza anche di paesi che – come la Germania – risultano all’avanguardia nell’ambito dell’alternanza. Tale estensione risulta infatti contraddittoria con tutte le indagini, nazionali e internazionali, che certificano un deficit di competenze negli studi superiori specie nelle materie tecniche e scientifiche: l’obbiettivo dell’Italia dovrebbe essere il produrre più laureati in queste materie, non avviare gli studenti liceali a percorsi pre-lavorativi forzati ed è quindi nell’università e nella ricerca che andrebbero indirizzati gli investimenti (per i quali il nostro paese è stabilmente agli ultimi posti).

Un aspetto fortemente discusso è anche la gratuità di quella che appare in molti casi una prestazione lavorativa appena mascherata: vale la pena citare ancora il caso della Germania, laddove il percorso di alternanza (riservato però, come detto, alle scuole professionali), prevede un vero e proprio contratto con tanto di retribuzione.

Alternanza scuola lavoro

Ancora di più hanno fatto e fanno discutere i numerosi casi di mala gestione e sfruttamento, con tanto di denunce giunte recentemente anche in Parlamento: studenti obbligati a spillare la birra a Capodanno, alcuni mandati a spalare il letame e altri episodi del genere richiamano alla – sin qui – mancata realizzazione di un albo certificato (seriamente) di aziende alle quali le scuole possano rivolgersi.

Si tocca qui un ultimo e non meno importante punto: il lavoro dei docenti tutor, chiamati a svolgere un’attività faticosa (spesso risulta difficile individuare e contattare le imprese o gli enti), di grande responsabilità, inserita al di fuori del contratto di lavoro nazionale e priva di una corrispondente remunerazione.

E, infine, le decisioni in merito al mondo della scuola devono essere prese dall’alto (come purtroppo è stato il caso della presente Legge) o è auspicabile un maggior coinvolgimento degli studenti e degli insegnanti? Tale legge sembra infatti inserirsi in un solco decisionista, che sulla base di una non convincente idea di autorità, negli ultimi tempi ha preso campo anche nel mondo della scuola, sostituendosi ad una fase, forse confusa per certi aspetti, ma anche foriera di risultati innovativi che avevano posto il sistema scolastico italiano all’avanguardia, caratterizzata da una parola forse un po’ troppo dimenticata: partecipazione. 

Voto finale: 6.

Nato a Firenze il 25 febbraio del 1970, si è laureato in Lettere con indirizzo storico all'università di Firenze nel 1998. Dal 2001 insegna Lettere alla Scuola Secondaria di primo grado. Nel dicembre del 2014 ha pubblicato il suo romanzo d'esordio, "L'amore al tempo della rete" (Carmignani Ed.). Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati all'interno di raccolte antologiche; un suo articolo è apparso sulla "Antologia" del Lab. Vieusseux nel 2016.

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