La vita frenetica, gli ostacoli, i successi, l’ironico racconto di Renato Palma sulla crescita dei bambini dal loro punto di vista
Non c’è un momento di pace. C’è sempre qualcosa da fare. Un posto da cui venire via. Un posto dove bisogna andare. Vestito e spogliato. Spogliato e vestito. E fai un sorriso alla nonna, e vai in braccio all’amica del babbo. Sei sempre su un palcoscenico.
Una vita frenetica. E io non ne faccio una giusta, a sentire loro. Hanno cominciato col tenermi lontano dalla mamma, dicevano che dovevo imparare a stare anche da solo. Poi a dire quando dovevo mangiare e quando dovevo dormire. Lo giuro: facevo del mio meglio per non creare problemi, volevo rendermi amabile. E così, con un grande sforzo, un po’ alla volta hanno vinto la loro battaglia.
Ora mangio da solo con il cucchiaino, sto seduto sul seggiolone, dormo più o meno quanto devo. Ho pensato: Ma che fatica. Ma per lo meno sono riuscito a fare quello che mi chiedevano. Saranno finalmente contenti, mi sono detto. E mi preparavo a godermi una pausa.
Va bene, la mamma deve andare a lavorare. E anche il babbo. La tata non è il massimo: prima di tutto non ha un odore familiare, poi mi sembra che abbia idee un po’ troppo professionali su come si crea una relazione. La mamma le dice cosa deve fare e lei lo fa. Senza tanti discorsi. Vi crea qualche problema se vi dico che qualche volta mi sento solo? Ma loro hanno la loro vita ed è meglio non interferire.
Con i nonni sto meglio, certo quando loro appaiono quasi immediatamente scompare la mamma. Ma non gliene voglio. Penso che non lo facciano apposta. Dunque stavo vivendo proprio un gran bel periodo.
Oddio, c’erano sempre delle discussioni. Piccole. Immagino per il nervosismo o la stanchezza dei miei genitori. Il mondo oltre la porta non deve essere piacevole. Qualche volta la mamma rimprovera al babbo di non aiutarla abbastanza e il babbo si lamenta che la mamma fa solo la mamma, ma le cose vanno decisamente meglio.
Non sono al cento per cento come mi vorrebbero. Non faccio la cacca quando dovrei. Mangio poco. Dormo troppo. Sono sempre lì a osservare che non oltrepassi la linea della normalità. Dentizione regolare. Deambulazione regolare. Lallazione regolare. Pare che se qualcosa non va a posto nei tempi che loro hanno deciso, non ci sia altra alternativa che farsi curare.
Magari il più delle volte basterebbe lasciare passare un po’ di tempo, ma ho capito che il babbo e la mamma consumano il loro tempo tutto fuori da casa; e a casa si aspettano che ogni cosa vada come un orologio. Oppure dovrebbero avere fiducia nelle mie possibilità di imparare, magari con calma.
Le cose vanno comunque meglio. Sembrano finite le grandi battaglie per la sopravvivenza. Certo, anche grazie al fatto che ho incominciato a capire il loro linguaggio e in qualche modo riesco a farmi capire. Sorridono spesso dei miei sforzi e delle mie conquiste: penso sia un modo di mostrarmi il loro affetto e la loro gratitudine.
Il tempo resta il terreno del grande scontro. Loro ne hanno sempre poco e io tantissimo. Su quello si discute spesso e spesso li faccio innervosire. A proposito, devo ricordarmi, quando sarò grande, che anche i bambini hanno le loro preferenze e non lo fanno solo per opporsi ai genitori. Ma questa è un’altra storia.
Dicevo calma quasi piatta, equilibrio raggiunto. Quando, del tutto inaspettatamente, si apre un nuovo fronte: l’asilo nido.
Mannaggia.