Difendere il nostro bambino interiore

in Affettività e Psicologia by
La vita degli Unsipole, specialmente quella degli insegnanti, è stressante. Molto stressante. Renato Palma sul condizionamento della scuola

Vivono sempre al confine tra il mondo del si può, in cui vorrebbero restare degli instancabili bambini, e quello del non si può, dove devono convincerli a entrare.

Per questo devono stare sempre all’erta e segnalare ogni piccola deviazione dal comportamento “normale” e dal previsto raggiungimento dell’adattamento.

Sono stati formati a stare attenti e quindi sanno benissimo che anche i più piccoli segnali di protesta possono anticipare un futuro pieno di problemi. Dunque meglio aver paura e essere prudenti.

Lavoro impegnativo, scarsamente retribuito.

Sono anche al centro di un fuoco incrociato: da una parte i loro dirigenti pretendono che valutino i progressi, o le difficoltà, del programma di condizionamento dei bambini, dall’altra ci sono i genitori, che si sentono sempre criticati, e li riempiono di proteste.

Quando qualcosa non va nel bambino, loro colpevolizzano i genitori, che corrono a consultare gli psicologi: i più ingenui tra di loro pensano di andare per farsi rassicurare.

Ma anche tra gli psicologi la percentuale tra sissipole e unsipole è rispettata, per cui molti tornano a casa con la certezza di essere inadeguati e responsabili di troppo permissivismo (il termine sissipolismo non è ancora stato inserito nei trattati di psichiatria).

bambini crisi permissivismo

Ultimamente, però, molti unsipole, travolti dalla fatica, hanno cominciato a porsi qualche domanda. E sono entrati in crisi.

Unsipole dubbiosi non se ne erano mai visti, per questo i loro colleghi li guardano con sospetto; spesso li criticano e li accusano di essere troppo teneri e quindi incapaci di produrre i risultati che tutti si aspettano da loro.

La cosa paradossale è che molti di loro hanno cominciato a comportarsi come bambini (il massimo dell’offesa per un adulto). Si danno malati, addirittura cercano scuse per non andare a scuola. I casi sono molti, anche se al ministero preferiscono non parlare di epidemia, per evitare l’effetto contagio.

Sta di fatto che il lavoro di adattamento dei bambini al mondo degli Unsipole ha costi elevatissimi per i ragazzi, ma soprattutto per questi Unsipole fragili, come vengono definiti dai loro dirigenti.  Il consiglio che si sentono dare è lo stesso che molti di loro davano ai genitori.

“Suo figlio si contraria per ogni cosa; se non riesce, copia e chiede suggerimenti. Se non lo considero, si impermalisce. Si dispera se le patatine sono finite. Comincia a dire che vuole tornare a casa. È un bambino fragile.”

“DOBBIAMO AIUTARLO A FORTIFICARSI.”

bambino fortificare forte

Ed eccoci alla dannata nemesi. Anche loro si sentono dire che devono fortificarsi e irrobustirsi. Ricorrano pure ai farmaci, provino l’orario ridotto, o magari si facciano aiutare. L’importante è che tutto torni come prima.

Molti Unsipole hanno pensato di farsi curare. Ma qualcuno ha ragionato e ha concluso che non voleva tornare efficiente com’era prima. Voleva fare una ricerca che lo facesse tornare bambino, felice di stare insieme ai bambini.

Alcuni hanno addirittura pensato che tutti quei non si può avevano cominciato a circolare nel loro sangue. E li avevano come avvelenati. Resi dipendenti. Una coazione a dire sempre e comunque non si può e a pensare che solo questo avrebbe reso il futuro migliore.

Dunque non erano i bambini a essere sbagliati, neanche i loro genitori sissipole: una intuizione così liberatoria non poteva che avere buone conseguenze.

Potevano cambiare loro, liberarsi dalla fatica di fare gli eterni unsipole e di lottare contro se stessi, i bambini, il tempo e i genitori.

Basta con la lotta e la fretta.

Così, si sono detti, unsipole più vivere.

Per questo, abbandonata l’idea di doversi fare riadattare, hanno fondato un’associazione: gli Unsipolisti anonimi, alla ricerca di un modo per liberarsi dalla dipendenza dal Non si può.

Una strada lunga, ma tappa dopo tappa è migliorato il loro umore, si è addirittura riaffacciato il piacere di stare insieme.

Hanno messo a punto anche la scatola del possibile, una specie di cassetta del pronto soccorso dove si possono trovare molti rimedi alla fatica di vivere. E questa idea li fa sorridere. Perché sanno che se quello che hanno messo nella scatola del possibile non basta è sempre possibile inventarsi qualche altra soluzione.

Intanto ci hanno messo dentro l’attenzione a sé stessi, l’ascolto dei propri segnali, la gentilezza nei propri confronti, la libertà di scegliere come affrontare i propri impegni, la fiducia in sé stessi, nei bambini, la curiosità di vedere come potrebbe funzionare un mondo meno spaventato dai si può, un libretto di assegni emessi dalla banca dei sì, le caramelle del tempo, e uno strumento che gli permette di fare meno fatica. E molto altro ancora.

Medico e psicoterapeuta, partendo dalla ricerca di un modello non conflittuale e non autoritario nella relazione affettiva, considera fondamentale un cambiamento del rapporto tra adulti e giovani, riflette sulle dinamiche di potere all’interno del momento educativo e sul loro travaso nella terapia.

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