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Storia contemporanea, la grande assente (in)giustificata?

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Una riflessione sull’insegnamento della Storia contemporanea, a scuola, di Valerio Camporesi, insegnante: le tecniche, i metodi, gli strumenti, ma soprattutto la passione. Perché se un insegnante è appassionato alla Storia, molto probabilmente, lo saranno anche i suoi alunni; la tecnica, come sempre, viene dopo, molto dopo.


L’argomento attorno al quale ruota la mia riflessione riguarda l’insegnamento della storia contemporanea. O meglio, la sua assenza all’interno delle aule scolastiche. La questione in realtà è complessa e tocca più di un nodo irrisolto.

Il primo problema che affligge gli insegnanti, in particolare nella Secondaria Inferiore, riguarda il tempo a disposizione per spiegare e quindi, di conseguenza, la difficoltà a finire i  “programmi” (che non esistono più da anni ma vengono ancora chiamati in causa). Difficoltà non da poco, visto che sarebbe quanto meno auspicabile che un alunno uscisse dalla scuola media, oggi secondaria inferiore, almeno con una vaga idea di cosa siano l’Italia del dopoguerra, la Guerra fredda, il Boom economico, l’attuale scenario dominato dal modello unico del neoliberismo e così via. Ovvero che, appunto, conoscesse, seppur a grandi linee, il passato più recente. Invece, quando va bene, l’ultimo argomento ad essere accennato riguarda la Seconda Guerra Mondiale. Normalmente ci si ferma prima, ai primi decenni del Novecento.

Fanfani Kennedy
Si potrebbe aggiungere che forse non è un caso:  far conoscere e approfondire temi contemporanei ‘scottanti’ (si pensi alle Stragi di Stato o all’intreccio mafia-istituzioni) potrebbe forse risultare scomodo.  Ma, dietrologie a parte, la domanda resta: perché non si arriva mai ai nostri giorni?

Da insegnante, mi verrebbe da confermare almeno in parte la questione “tempo”: due ore settimanali sono davvero poche e parte del monte ore viene usato per interrogare. La conseguenza, evidente, è che i tempi destinati alle spiegazioni subiscano una forte contrazione.

i tempi dedicati alle spiegazioni subiscono una forte contrazione

In parte le problematiche legate all’insegnamento della storia contemporanea hanno anche una radice metodologica: adottando una prospettiva diacronica incentrata sulla focalizzazione dei grandi temi invece che cronologica, ad esempio, si metterebbero in primo piano  i processi di cambiamento e di trasformazione.

La proposta potrebbe risultare interessante, ma fa subito nascere altri interrogativi: è possibile adottarla in presenza di libri di testo che usano, praticamente tutti, la classica prospettiva cronologica? Inoltre: non c’è forse il rischio, sottolineato da molti, che usando tale prospettiva si perda la capacità di saper collocare fatti e personaggi nel loro tempo specifico? Perché in fondo anche questo è – o dovrebbe essere – uno degli obiettivi dell’insegnare Storia a scuola: imparare la specificità e l’individualità di un luogo, di un evento, di un personaggio.

un obiettivo dello studio della storia è imparare la specificità e l’individualità di un luogo, di un evento, di un personaggio.

Un tema centrale appare anche quello della prospettiva eurocentrica, adottata dai libri di testo: siamo sicuri che sia più importante conoscere le varie fasi della Guerra dei Trent’anni invece della storia della Cina o dell’India? Se pensiamo ai tempi attuali, al nostro mondo globalizzato, verrebbe da dire di no.

Altra difficoltà relativa allo studio della storia contemporanea, è legata poi alla perdita di alcuni parametri culturali validi fino a qualche decennio fa e non più condivisi e conosciuti dalle generazioni di oggi. Basti pensare alla difficoltà di spiegare termini come “Destra” e “Sinistra”, “Comunismo” o “Socialismo”, categorie ormai fuori dagli orizzonti mentali dei nostri studenti.

Va poi aggiunta un’ultima considerazione: la storia viene spesso considerata una materia noiosa, che allontana, non coinvolge e non incuriosisce. Cosa conta, allora? Forse soprattutto la capacità di far immedesimare lo studente, di fargli capire e sentire che quelle cose sono accadute davvero, che anche lui avrebbe potuto essere lì, in quel luogo, che la Storia con la s maiuscola non è poi così diversa dalla storia del singolo individuo, anche della propria: sempre storie sono. Per esperienza posso dire di aver visto gli studenti mostrare un entusiasmo inaspettato al solo mettere in scena, con piccole rappresentazioni in classe, le situazioni storiche che stavano studiando, come il Congresso di Vienna.

Ma parlare di tecniche, di metodi, come sempre non basta, o può risultare fuorviante: alla base ci deve essere, come sempre, la passione. Se un insegnante è appassionato alla Storia, molto probabilmente lo saranno anche i suoi alunni; la tecnica, come sempre, viene dopo, molto dopo.

Se un insegnante è appassionato alla Storia, molto probabilmente lo saranno anche i suoi alunni; la tecnica, come sempre, viene dopo, molto dopo.

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Nato a Firenze il 25 febbraio del 1970, si è laureato in Lettere con indirizzo storico all'università di Firenze nel 1998. Dal 2001 insegna Lettere alla Scuola Secondaria di primo grado. Nel dicembre del 2014 ha pubblicato il suo romanzo d'esordio, "L'amore al tempo della rete" (Carmignani Ed.). Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati all'interno di raccolte antologiche; un suo articolo è apparso sulla "Antologia" del Lab. Vieusseux nel 2016.

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